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QS Edizioni - venerdì 27 dicembre 2024

Governo e Parlamento

40 anni Ssn. La parola agli ex ministri della Sanità/7. Rosy Bindi: “Sottofinanziamento sta producendo disuguaglianze. E con regionalismo differenziato rischiamo gravi conseguenze”

di L.F.
immagine 25 gennaio - L’ex ministro durante una lectio magistralis al Congresso della Cgil ha analizzato i principi e il percorso della Legge 833 soffermandosi sulle criticità del presente. “È una delle opere pubbliche più importanti mai realizzate in Italia a partire dalla fine degli anni Settanta, e occorre averne consapevolezza per rilanciarla, ma soprattutto per combattere l’indifferenza e il disimpegno di coloro che pensano di poter provvedere da soli alla propria salute”.
“Il diritto alla salute è un diritto alla persona che non può essere condizionato al lavoro o allle disponibilità economiche.  La legge 833 che ha istituito il Ssn nel 1978 dice una cosa molto semplice: si tutela la salute in maniera universale, perché ciascuno la finanzia secondo le proprie possibilità e ciascuno ne usufruisce secondo il proprio bisogno, non in base a ciò che ha pagato, ai contributi che ha versato, men che meno alle assicurazioni. È un principio scontato e banale? Non so se possiamo permetterci di affermarlo oggi, se chi ha vinto le elezioni lo ha fatto proponendo non un sistema fiscale universale, ma la flat tax. Eppure, solo un fisco progressivo può assicurare sistemi universalistici di welfare non altri sistemi fiscali. Tutto si tiene nel disegno della nostra Costituzione che abbiamo ripetutamente voluto difendere”. Queste le parole dell’ex Ministro della Sanità (dal 1996 al 2000) Rosy Bindi durante una lectio magistralis sui 40 anni del Ssn tenuta al Congresso nazionale della Cgil.
 
Bindi ha ripercorso in primis la nascita e i principi della Legge 833: “È una delle opere pubbliche più importanti mai realizzate in Italia a partire dalla fine degli anni Settanta, e occorre averne consapevolezza per rilanciarla, ma soprattutto per combattere l’indifferenza e il disimpegno di coloro che pensano di poter provvedere da soli alla propria salute” e per contrastare “la rassegnazione di troppi utenti che di fronte a perduranti difficoltà, alla limitazione di accesso ai servizi, percepiscono il servizio sanitario nazionale non più come un bene comune da preservare”.
 
Secondo Bindi occorre “essere innovatori, che significa ritornare alle fondamenta della nostra vita democratica, alla nostra Costituzione, perché da lì è partito quarant’anni fa il servizio sanitario nazionale in un periodo storico ben preciso di grandi riforme”. 
 
In questo senso l’ex Ministro ha ricordato la stagione riformista del decennio 68-78: “Sono state istituite le Regioni, la legge sul referendum, sul divorzio, la nuova legge sulla casa e il riconoscimento dell'obiezione di coscienza, l'istituzione degli organi collegiali nella scuola, la riforma fiscale, il nuovo diritto di famiglia, il voto ai diciottenni, l'istituzione dei consultori familiari, la legge sulle tossicodipendenze, l'istituzione delle circoscrizioni, la depenalizzazione dell’aborto, la tutela della maternità, il superamento dei manicomi con la legge 180 e, infine, a dicembre del 1978, la legge 833” che è il “frutto di una stagione sociale di grande partecipazione, quando la politica sapeva ascoltare la voce dei cittadini. Era una politica che dialogava, perché quella legge porta due nomi, Tina Anselmi e Giovanni Berlinguer”.
 
E poi la riflessione: “Senza una volontà popolare organizzata e una politica capace di interpretare e dare risposta non ci sarà un’altra stagione autenticamente riformatrice in questo Paese”.
 
Bindi ha poi enunciato i principi della 833 come l’uniformità e l’integrazione: “La salute è un bene che non può essere solo posto a carico solo del Ssn, perché esiste un impatto sulla salute di tutte le politiche del paese ed è per questo la 833 assegna a chi ha la responsabilità amministrativa di vigilare su alcune politiche come ambiente, sicurezza nei luoghi di lavoro e alimentazione”.
 
 
Nel suo intervento Bindi ha parlato anche dei rapporti tra politica e sanità. “La salute è un costo e questo è un settore che va governato. E la politica deve assumersi la responsabilità della programmazione, dell’individuazione dei bisogni e delle risposte adeguate per assicurarli. Altro che buttare fuori la politica dalla sanità. Senza la politica non si dà un sistema sanitario con le caratteristiche della 833. Fuori la spartizione politica, la lottizzazione, ma non fuori la politica e la responsabilità della politica”.
 
Altro tema caldo toccato quello della regionalizzazione. “Ha dato vita ad una maggiore responsabilizzazione soprattutto sui conti ma ci ha fatto assistere a modelli organizzativi molto differenti che spesso hanno rotto la coerenza tra i principi e i modelli, rompendo la continuità e l’integrazione. In questi anni lo stato centrale non ha mai imparato. Nei sistemi federali lo stato centrale è molto forte. Persino il Parlamento non ha imparato a legiferare in un sistema regionalizzato. È umiliante vedere le commissioni sanità che approvano leggi sui defibrillatori o che individuano alcune patologie da finanziare dimenticando che dovrebbero presidiare i Lea e lasciare questi aspetti alla programmazione regionale”. Per questo “in un sistema regionalizzato ciascuno deve fare il proprio mestiere. E in Italia i vari livelli istituzionali non hanno ancora imparato. Una cosa è certa le disuguaglianze sono aumentate e il diritto alla salute è uno di quelli su cui si sta misurando una delle disuguaglianze più odiose e più insopportabili per i cittadini”.
 
E in questo senso Bindi ha fortemente criticato il progetto autonomista.  “A me sembrava che il paese dovesse porsi il problema di abolire le autonomie speciali, non di crearne delle altre. La strada che si sta intraprendendo è quella di allargare il numero delle regioni a statuto speciale. Se la riforma andrà avanti creerà problemi gravi. Rischiano di esserci conseguenze negative sul sistema sanitario”.
 
Un’altra delle questioni toccate è quella del sottofinanziamento e delle sue conseguenze. “Oggi – ha detto – si introducono forme che rischiano di far aumentare le disuguaglianze, soprattutto in un tempo di crisi, perché se c’è un settore che non dovrebbe mai essere sottofinanziato è proprio quello che prede in carico la salute della persona”.
 
“Il sottofinanziamento sta producendo un finanziamento a sistema binario. Negli ultimi anni sono cresciute a dismisura le forme assicurative, le forme di welfare aziendale, i fondi integrativi che spesso hanno il sapore sostitutivo. Non demonizzo, non a caso nella mia riforma erano stati previsti fondi integrativi precisi. Questo è un settore che va governato perché se no ci troveremo ad una mutazione genetica del Ssn senza averlo scelto”.
 
E poi sul Welfare aziendale: “Reintroduce un principio superato di welfare perché riconduce il bene salute al bene lavoro, mentre la 833 lo aveva affrancato. I Fondi integrativi sono un modo in cui si crea disuguaglianza, perché non sono a costo zero perché hanno un favore fiscale che può arrivare a 3500 euro che fatti i conti diventa una spesa a testa di 1500 euro a cittadino a carico della fiscalità generale. Credo che questo aspetto vada governato, si deve esigere trasparenza, e analizzare quante disuguaglianze sta creando e quante risorse sottrae al finanziamento del Ssn. Il paese deve scegliere ma non può subire”.
 
Infine Bindi ha toccato il problema del personale: “Il precariato è sempre odioso ma anche pericoloso. Il tema in sanità va affrontato, perché da troppi anni non si assume e nel giro di qualche anno rischiano di lasciare ssn sguarnito.
 
 
L.F.
 
25 gennaio 2019
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