Il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) compie 40 anni e complessivamente si può affermare che la sua performance è stata buona, almeno fino ad un recente passato
a; oggi però va migliorato perché presenta difetti che derivano da due ordini di cause:
1. quelli generati nel tempo da rimaneggiamenti
2. quelli generati da cambiamenti intervenuti negli utenti e nelle conoscenze.
1. Tra i primi, i più gravi, in quanto lesivi dei principi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale, sono:
a) le differenze tra varie aree del Paese in termini di quantità, qualità e costo dei servizi erogati attribuibili soprattutto alle differenti organizzazioni e gestioni regionali, che configurano diversità nel diritto alla salute tra i cittadini di varie aree del Paese;
b) la libera professione intramoenia in favore di pazienti paganti in proprio che, consentendo a questi di abbreviare l’attesa per le prestazioni, discrimina tra chi può pagare e chi non lo può fare;
c) i ticket che rendono alcuni servizi non più gratuiti al punto di erogazione.
2. Tra i secondi figurano:
a) la debolezza delle cure primarie e di un chronic care model ben studiato e applicato in tutte le aree del Paese;
b) la mancanza di continuità di cura e integrazione socio – sanitaria e territorio – ospedale;
c) la difficile sostenibilità del Sistema se non si attiva una prevenzione efficace a basso costo (intervento dominante)1 e non si tiene conto dei determinanti socio-economici di salute;
d) la scarsa valorizzazione del personale, che oggi presenta preoccupanti livelli di demotivazione e burn-out, provocati da impostazioni organizzative e gestionali che si sono dimostrate errate.
Quest’ultimo punto riveste per me particolare importanza. Penso che un ottimo strumento da utilizzare per la motivazione del personale sia una carriera molto articolata costruita sul merito (produttività, attività di ricerca, qualità del lavoro, capacità di relazione con pazienti, colleghi e sistema con valorizzazione del binomio potere – responsabilità). Alcuni strumenti del passato possono essere ripresi: libera docenza, lavoro volontario riconosciuto, ecc. Per l’aggiornamento si potrebbe ricorrere a una forma di CPD autogestito e inizialmente volontario con gestione di un portfolio della conoscenza e sua valutazione quinquennale per la rivalidazione professionale a cura in un Ente terzo indipendente e a spese dell’interessato. E’ ben noto da tempo che assistenza, ricerca e didattica sono fondamentali per la soddisfazione del medico e la qualità dell’assistenza sanitaria.
Oggi non basta investire più risorse; anzi Se il sistema non viene corretto, si buttano i soldi. Basti pensare agli sprechi, alle inappropriatezze, alle duplicazioni, al ricorso a cure di non provata efficacia, alle inefficienze e alle frodi che pesano per almeno € 20 miliardi all’anno della sola spesa sanitaria!
Bisogna anche che lo Stato si riappropri del suo compito esclusivo di fissare i principi del sistema, includendo però anche il monitoraggio della loro applicazione e l’eventuale azione correttiva: il Ministero della Salute continua infatti a rappresentare il primo responsabile istituzionale della salute.
Bisogna riportare l’organizzazione e gestione della sanità e la salute pubblica nelle mani dei sanitari e sottrarle al potere assoluto degli economisti e degli amministratori, i quali sono un necessario supporto, ma tendono a curare più i bilanci che i pazienti e non hanno la preparazione per capire e vivere appieno la medicina, la sanità, la salute.
Bisogna offrire al Sistema pubblico più opportunità e meno vincoli. Oggi l’Ospedale pubblico è svantaggiato rispetto al privato accreditato; i rapporti tra i due comparti vanno meglio bilanciati. Se ne parla fin dal 1985! (cfr Manifesto Bianco).
Inoltre, e molto importante, dobbiamo renderci conto che le conoscenze acquisite ci indicano nuove vie da seguire4. In particolare:
1. Dobbiamo investire sul mantenimento della salute più che sulle cure della malattia conclamata. Per mantenere la salute bisogna evitare gli stili di vita non salutari (eccesso alimentare, sedentarietà, fumo, ecc.); l’adozione di questi stili di vita deve essere non un consiglio, ma una prescrizione del medico e deve essere gestita e certificata da esperti così da responsabilizzare almeno in parte l’interessato. Pensiamo alla salute più che alla sanità!
2. La Health in all policy è fondamentale. Solo evitando che i provvedimenti presi impattino negativamente sulla salute pubblica possiamo evitare danni e sprechi. Sarà allora difficile ad esempio che mentre il Ministero della Salute si adopera per approvare provvedimenti di contrasto al fumo, il Ministro delle Politiche Agricole stipuli con una Multinazionale del tabacco accordi commerciali tesi a favorire la produzione di tabacco in Italia.
3. La sanità è un determinante di salute che pesa ai fini della salute per il 10-30% del totale. I determinanti sociali ed economici (lavoro, abitazione, istruzione, possibilità economiche sufficienti), l’organizzazione delle città e l’ambiente non inquinato pesano per il 50%.
4. La prevenzione e la promozione della salute devono diventare priorità per impedire che le spese per curare le patologie continuino a crescere e rendano insostenibile il Servizio Sanitario Nazionale. Esse sono cost-saving o cost-effective perchè offrono un grande ritorno sull’investimento.
La prevenzione deve essere proattiva, efficace e a basso costo
b e deve prevedere un investimento assai superiore dell’attuale 3% della spesa sanitaria.
Una volta avviato un organico programma di promozione della salute e di prevenzione all’interno di un ridisegno e un potenziamento delle cure primarie (come ribadito ancora recentemente dalla dichiarazione di Astana 20185, sulle orme di quello di Alma-Ata del 19786 ) si potranno affrontare le altre priorità: organizzazione e gestione dei servizi per la cronicità, motivazione e aggiornamento del personale (liberandolo anche dalla gabbia di inutili regole e adempimenti burocratici che ci penalizzano pesantemente)7, informazione continua della popolazione, ma anche definizione più chiara dei ruoli statali e regionali nella sanità e soprattutto maggior attenzione della politica per la salute. Oggi questa attenzione è limitata anche perché la sanità come la scuola, la ricerca scientifica e tecnologica, l’ambiente sono ancora visti come costi da limitare anzichè come motore di sviluppo sociale ed economico della Nazione8.
In conclusione, il Servizio Sanitario Nazionale merita di essere conservato, perché più vantaggioso rispetto ai sistemi assicurativi, ma sono necessari alcuni adeguamenti, e questi vanno studiati con cura e realizzati con i dovuti modi e i dovuti tempi dopo essere stati ben spiegati al pubblico e agli operatori, sperimentati e condivisi. I tempi sono molto cambiati dal 1978, e il progresso delle conoscenze ci prospetta ora un nuovo modo di intendere la salute, solo in parte legato alla sanità.
Dobbiamo aprire la nostra visione a includere nuove discipline, nuovi concetti, nuove realizzazioni. Per fare questo è necessaria la collaborazione di specialisti ed esperti di varia estrazione, ma soprattutto serve la capacità di superare interessi particolari esasperati e resistenza al cambiamento. Diceva
Winston Churchill che “anche se non tutti i cambiamenti si traducono in miglioramento, non esiste miglioramento se non vi è cambiamento”. La speranza del popolo italiano, e non solo del mondo sanitario, è che finalmente finisca il tempo della crisi economica e morale del Paese e che persone nuove, avvedute e capaci si affaccino all’orizzonte per consentire all’Italia di guardare con più fiducia al futuro.
Girolamo Sirchia
Ex Ministro della Salute (2001-2005)
Note:
a Mi asterrei dal definire in quale posizione si colloca in una graduatoria internazionale, giacchè il risultato varia in rapporto ai parametri considerati. Se si considerano infatti costo e universalità il nostro Servizio Sanitario Nazionale si colloca ai primi posti, ma è meno brillante se si misura in base ad esempio alle misure di accesso e qualità dei servizi erogati nelle varie Regioni (Service Coverage Index e Healthcare Access and Quality Index)2,3
b Cito in particolare l’identificazione tra i soggetti che si presumono sani di quelli ad alto rischio di prediabete o diabete con il questionario Findrisc e quelli ad elevato rischio cardiovascolare tramite la determinazione del rapporto pressorio tra gambe e braccia (Ankle/Brachial Index) al fine di prescrivere l’inserimento di queste persone in programmi strutturati e gestiti di modificazione degli stili di vita e/o trattamento farmacologico. Questi programmi cosiddetti di “Screen and Treat” con gli eventuali successivi piani di trattamento si sono dimostrati efficaci e costo-efficaci, anche se sono necessarie ulteriori convalide su grandi numeri nel mondo reale.
Bibliografia
1.Pryor K. and Volpp K. Deployment of Preventive Interventions – Time for a Paradigm Shift
New Engl J Med 378, 1761 – 63, 2018
2.Doubova SV, Pérez-Cuevas R. Going further to measure improvements in health-care access and quality.
Lancet 391, 2190-92, 2018)
3.GBD 2016 Healthcare Access and Quality Collaborators. Measuring performance on the Healthcare Access and Quality Index for 195 countries and territories and selected subnational locations: a systematic analysis from the Global Burden of Disease Study 2016
Lancet, 391, 2236-71, 2018
4.Webber L. et al. What are the best societal investments for improving people’s health?
BMJ 2018;362;k3377
5.Kluge H et al. After Astana: building the economic case for increased investment
in primary health care.
Lancet 392, 2147-52, 2018
6.Allen LN. et al. Unfilled potential of primary care in Europe
BMJ 2018;363:k4469.
7.Ashton M. Getting rid of stupid stuff.
New Engl J Med 379;19, 1789-91, 2018
8.Kim JY: Eliminating Poverty in the 21st century. The role of health and human capital.
JAMA 320, 1427-28, 2018.
Leggi gli articoli precedenti di Francesco De Lorenzo, Mariapia Garavaglia, Maurizio Sacconi, Beatrice Lorenzin e Livia Turco.