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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Governo e Parlamento

Intervista a Binetti (Udc). Ticket. “Attenzione alla discriminazione tra ricchi e poveri”

immagine 9 gennaio - “La rimodulazione dei ticket è necessaria. Ma pone nuove sfide sul piano dell’equità e della retta amministrazione per evitare la più odiosa delle discriminazioni, quella tra ricchi e poveri proprio sul piano della salute”. E per Balduzzi tre priorità: governo clinico, sprechi e medicina territoriale.
Un governo clinico più onesto e competente, lotta agli sprechi e potenziamento della medicina territoriale. Questi gli interventi più urgenti in sanità secondo l’onorevole Paola Binetti dell’Udc. Convinta che il sistema terrà perchè, nonostante la crisi e nonostante il fatto che la “sanità non possa tollerare ulteriori tagli”, il Ssn è formato da “gente eccellente che ci lavora con passione e dedizione”. E sulle liberalizzazioni del settore farmaceutico la Binetti aggiunge: “personalmente ritengo che vadano salvate almeno due condizioni essenziali, da un lato una selezione attentissima dei farmaci, che pur essendo di fascia C, possono essere venduti fuori dalle farmacie e dall’altro la qualità tradizionale del rapporto tra cliente-paziente e farmacista” che vede messo a rischio nella grande distribuzione.  
 
Onorevole Binetti, l’Udc è forse il più convinto “alleato” del nuovo governo. Cosa pensa dei contenuti della manovra dell’esecutivo che secondo alcuni è troppo sbilanciata verso il rigore a danno dell’equità?
L’UdC è stata all’opposizione nelle ultime due legislature e si è sempre dichiarata contraria a quel bipolarismo aspro e conflittuale che ha certamente contribuito a rallentare il processo di modernizzazione del Paese, creando divieti incrociati per tutte le proposte di riforma, sia quelle proposte dal Governo di centrosinistra che quelle proposte dal governo di centrodestra. Non a caso davanti all’aggravamento della crisi, che si annunciava pesante e minacciosa fin dagli inizi di questa legislatura, aveva proposto da oltre un anno un governo di larghe intese affidato a persone di ampia e comprovata esperienza, cercando di salvare la dimensione intrinsecamente politica del Parlamento. Ancora una volta i divieti incrociati hanno spinto la crisi fino ad un punto di non ritorno, per cui si è reso necessario, urgente e improcrastinabile un governo tecnico, affidato ad un uomo le cui credenziali non possono essere messe in discussioni da nessuno. Il Governo Monti sta ora cercando di risolvere due problemi fondamentali, le cui soluzioni in parte si intrecciano e si rafforzano mutuamente, ma in parte sembrano configgere e creare disorientamento nel Paese. La politica di rigore economico lascia gli italiani certamente più poveri di come non fossero qualche mese fa, senza che si intravedano all’orizzonte i frutti di una politica di investimenti concreti. Questi ultimi finora sono stati promessi, mentre le tasse sono reali e i loro effetti sono oggetto di esperienza quotidiana.
L’Equità che ci attendiamo a livello politico è quella che rimette in movimento l’economia del Paese, quella che crea posti di lavoro per i giovani e mantiene a livelli di buona occupazione le fasce comprese tra i 50 e i 60 anni, troppo spesso oggetto di licenziamento o nel migliore dei casi messi in cassa integrazione. E’ questo il paradosso che la gente vive con maggiore disagio: nella nuova normativa per le pensioni si dovrebbe poter lavorare fino a 67-70 anni, mentre invece i posti di lavoro diminuiscono in modo sensibile. Equità vorrebbe che mentre si allontana l’età pensionistica, si riempisse l’età lavorativa di contenuti e di opportunità. Per questo i nostri occhi e le nostre aspettative sono tutte concentrate sul ministro Passera: aspettiamo le sue promesse alla prova dei fatti…
 
Qual è la sua valutazione del ministro Balduzzi?
Credo che ad oggi nessuno possa dare ancora un giudizio del suo lavoro facendo riferimento a iniziative concrete portate avanti da lui come Ministro. Il tempo è troppo breve per dare giudizi, anche se l’aver tutelato la sanità, evitando i tagli che si sono abbattuti su altri ministeri, è già un buon risultato. Ma la Sanità, come altri Ministeri, ha bisogno di tempi lunghi per mostrare la qualità del lavoro che svolge. La tutela della Salute è un obiettivo delicato, con una infinità di sfaccettature e bisogna stare attenti a salvaguardarla con un approccio di tipo globale, evitando squilibri che potrebbero compromettere alcuni settori a vantaggio di altri.
Speriamo che il Ministro individui alcune priorità su cui concentrare la sua attenzione nel tempo di governo a sua disposizione: poco più di un anno, per cui è necessario che individui bene gli obiettivi su cui vuole intervenire con coraggio e con la necessaria determinazione. A me piacerebbe segnalargliene tre, non sono ovviamente gli unici!, ma possono avere un forte impatto sul piano del cambiamento di sistema:
un segnale forte di lotta agli sprechi, tenendo conto che in sanità gli sprechi si identificano con quelle spese non-necessarie, che sembrano urgenti solo quando si vuole accontentare qualcuno, per soddisfare interessi personali o di area, certamente non quelli dei pazienti! Lo spreco diventa evidente quando si leggono con modalità comparativa i bilanci regionali della sanità e si confrontano i costi sostenuti a tutti i livelli: dal personale, alle ristrutturazioni di natura edilizia, dall’aggiornamento tecnologico all’acquisto di farmaci e di presidi vari. Sembra davvero che ci siano non una ma venti Italie… ognuna con i suoi privilegi e le sue storture, e non è accettabile;
un segnale altrettanto forte sul piano del governo clinico, soprattutto per quanto attiene alle nomine di direttori e primari, e poi al giro di assunzioni del personale tutto. La competenza in sanità dovrebbe costituire uno dei quei valori non negoziabili che servono a tutelare la vita dei pazienti e in generale dei cittadini. Il vero scandalo in sanità non sono solo le nomine di natura politica – che andrebbero abolite –, quanto la complicità gravissima di una politica che, potendo scegliere i migliori, si accontenta di soddisfare le proprie piccole lobby elettorali, mettendo a repentaglio la vita della gente;
un terzo segnale, infine, vorrei che venisse nei confronti dello spostamento del baricentro dalla assistenza ospedaliera ad alta tecnologia all’assistenza territoriale, includendo la medicina di famiglia e l’assistenza domiciliare; oggi gli anziani, le patologie croniche e degenerative, la disabilità e la medicina palliativa richiedono nuovi standard di attenzione e di cura; servono nuovi modelli di cura e di assistenza, che aiutino anche a rivitalizzare le iniziative di prevenzione, permettendo diagnosi precoci e interventi tempestivi.

La sanità per il momento è stata tenuta fuori da ulteriori tagli. Qualora il governo decidesse di intervenire in questa materia secondo lei, quali sarebbero gli interventi più urgenti?
Fermo restando quanto detto sopra: un governo clinico più onesto e competente, lotta agli sprechi,  e potenziamento della medicina territoriale, credo che la sanità non possa tollerare ulteriori tagli. C’è piuttosto bisogno di maggiore risorse che potrebbero essere reclutate da altri settori del bilancio dello Stato, tenendo conto che la salute dei cittadini è un diritto previsto dalla nostra Costituzione, all’articolo 32.

Crede che il Ssn, così come altri importanti settori della PA, penso alla scuola, considerate le difficoltà economico-finanziare sia a rischio tenuta?
Credo che quando il Presidente della Repubblica e il Capo del Governo si appellano ai cittadini chiedendo loro di fare la loro parte in un momento come questo, indubbiamente grave e difficile, in uno scenario del tutto nuovo del nostro quadro politico, non pensino solo alle maggiori tasse che tutti abbiamo già cominciato a pagare, ma anche ad un diverso modo di affrontare il lavoro e le sue responsabilità. Il Ssn, la Scuola, la PA per citare tre aspetti tra i più importanti del Paese, richiedono ai rispettivi operatori di fare ancora una volta uno sforzo di creatività, mettendo in gioco la propria disponibilità per farsi carico concretamente del Bene comune del Paese. Non si tratta di slogan facili, ma di impegni ben precisi, che definiscono il profilo di professionalità di ognuno di noi. Molta gente sta perdendo il proprio posto di lavoro, altrettanta gente non riesce a trovare un lavoro, chi invece ha un lavoro, un lavoro importante, concreto e prestigioso come è quello di chiunque lavori in sanità, o nella scuola e nei diversi ambiti della PA, dovrà provare a lavorare con rinnovato senso di responsabilità, risolvendo i problemi che si trova davanti con spirito di iniziativa, con senso di collaborazione e con una indubbia fantasia adattativa. Non sarà facile, ma anche da questi aspetti si deve notare la ripresa morale di un Paese, capace di aiutarsi da sé senza attendersi soluzioni miracolistiche. L’Italia in momenti drammatici ha già compiuto altre volte un vero e proprio miracolo proprio sul piano economico, e lo ha compiuto perché tutti si sono sentiti protagonisti di un progetto in cui nessuno diceva agli altri cosa occorresse fare, ma ognuno si sentiva chiamato in causa a dare il massimo di sé, pensando al proprio futuro, ai propri figli, ecc..
La scuola terrà, come terranno i nostri ospedali, e tanti altri settori, perché c’è gente eccellente che ci lavora con passione e dedizione, gente  che ha sempre dato molto più di quanto non abbia ricevuto dallo Stato, anche quando era in condizioni migliore di queste…
 
Quali pensa che saranno i nodi più critici del confronto tra governo e regioni per il nuovo Patto per la Salute?
I punti critici del nuovo Patto per la salute tra Governo e Regioni penso che possano attestarsi sui tre classici aspetti che caratterizzano la dialettica Stato-Regioni. Il rispetto delle reciproche autonomie, in un contesto in cui le Regioni rivendicano la propria autonomia, senza essere in grado di assumersene sempre la rispettiva responsabilità; nonostante l’ampio dibattito sul federalismo fiscale ci si dimentica spesso con quanta facilità le regioni siano andate in rosso sul piano della sanità, venendo meno a dei precisi impegni presi con i cittadini della propria regione… E poi la complessiva riduzione delle risorse nel trasferimento dei fondi dallo Stato alle regioni, con tutte le difficoltà che questo ha creato soprattutto nel vasto campo delle politiche sociali, che hanno drasticamente ridotto i servizi o ne hanno abbassato il livello di qualità, scaricando sulle famiglie gli oneri di cura che non possono assolutamente essere differiti; c’è un bisogno ormai urgente di definire i nuovi LEA, per i quali per esempio il governo precedente non ha fatto nulla di concreto, salvo annunciarli di volta in volta…E infine l’azione di freno sui processi di modernizzazione indispensabili alle regioni per non essere tagliate fuori sia dalle politiche di sviluppo economico indispensabili per reggere la concorrenza con contesti produttivi analoghi più sviluppati in altri Paesi, sia dalla qualità dei servizi da offrire ai cittadini, privati di beni che appaiono spesso essenziali per la loro sopravvivenza, in particolare per le fasce più deboli.

Il ministro Balduzzi nelle audizioni parlamentari ha parlato di compartecipazione alla spesa ipotizzando una rimodulazione dei ticket. Qual è la sua opinione in merito?
L’articolo 32 della nostra Costituzione mentre riconosce che la salute è un diritto di cui lo stato deve farsi carico, precisa con molta chiarezza che ciò implica “cure gratuite agli indigenti”. E’ evidente che oggi il bilancio dello Stato non è in grado di assicurare tutto gratis a tutti e quindi diventa necessario chiedere ai cittadini una certa compartecipazione alla spesa, anche attraverso la rimodulazione dei ticket. Ma questo pone nuove domande e nuove sfide sul piano dell’equità e della retta amministrazione, per evitare che si crei la più odiosa delle discriminazioni, quella tra ricchi e poveri proprio sul piano della salute. Già in queste prime settimane, ad esempio, abbiamo visto fiorire una babele di ticket nelle diverse regioni per le stesse prestazioni, a prescindere dalla qualità e dalla tempestività con cui vengono offerte. Evidentemente i ticket regionali dovrebbero essere in qualche modo uniformati sia per standard di qualità che per costo reale, ma poi dovrebbero fare riferimento a fasce di reddito diverse e su queste fasce di reddito andrebbe fatto un controllo scrupoloso. Basta pensare a quanto è accaduto in questi giorni davanti all’inasprirsi dei controlli fiscali, in cui abbiamo visto finti poveri godere di privilegi insopportabili.
La sanità costituisce un costo molto pesante per i bilanci regionali, dove oscilla tra l’80 e il 90% , ma è un costo altrettanto pesante per le famiglie che messe davanti alla malattia di qualcuno dei familiari sono disposti a caricarsi qualsiasi costo pur di assicurargli le migliori cure possibili. Il Ssn dovrebbe continuare a garantire una assistenza di eccellenza, gratuita, a tutti gli indigenti, proprio come recita la Costituzione, impegnandosi a identificare le nuove classi di indigenti sulla base del reddito, come è ovvio, ma anche sulla base delle patologie di cui soffrono i cittadini. Un reddito al di sotto dei 1400 euro, come quello appena fissato dal recente decreto sulle pensioni, può risultare ridicolmente basso quando si debbono affrontare le cure di disabili gravi, di anziano non autosufficienti, o di malati cronici. Il livello di indigenza non può essere definito solo dall’entità del reddito ma anche dalle condizioni concrete in cui versa una persona o meglio ancora una famiglia. Una famiglia numerosa e un persona sola possono avere situazioni economiche moto diverse, ma non è detto che in certe occasione la solitudine non costi più della numerosità familiare, mentre in altre situazioni il sommarsi dei bisogni di cura delle persone può rappresentare un livello insostenibile anche per una famiglia comunemente ritenuta benestante.
 
Qual è la sua valutazione della norma per la liberalizzazione dei farmaci di fascia C modificata nel corso dell’esame alla Camera?
Il Ministro Balduzzi più che di liberalizzazione dei farmaci di fascia C preferisce parlare di apertura del sistema, intendendo in questo modo ridurre la rigidità del sistema delle farmacie, senza però abbassare il livello di qualità del servizio, perché i farmaci non sono certamente un prodotto commerciale come tutti gli altri. Bisogna riconoscere che in precedenza il sistema delle liberalizzazioni aveva enormemente giovato alle farmacie, molte delle quali hanno un’offerta commerciale delle più differenziate. Oggi si va in farmacia per comprare prodotti di profumeria, magari perché li si considera migliori e più sicuri; oppure si va in farmacia a comprare giocattoli per bambini, ovviamente giocattoli selezionati che stimolino le capacità cognitive del bambino in modo più efficace; altre volte si va in farmacia per comprare scarpe, ortopediche ovviamente; o calze e canottiere, sempre rigorosamente elastiche o anallergiche; in farmacia si comprano prodotti dietetici selezionati, e così via… le farmacie, almeno alcune di loro, sono dei supermarket in miniatura, anche se sempre e strettamente al servizio diretto della salute.
Non stupisce che in questo clima le parafarmacie vogliano vendere i famosi prodotti di fascia C, tenendo conto che all’estero è abbastanza facile trovare questo tipo di farmaci anche nei grandi centri commerciali. Personalmente ritengo che vadano salvate almeno due condizioni essenziali, da un lato una selezione attentissima dei farmaci, che pur essendo di fascia C, possono essere venduti fuori dalle farmacie e dall’altro la qualità tradizionale del rapporto tra cliente-paziente e farmacista. Da sempre una parte significativa dell’educazione alla salute è fatta dal farmacista che risponde alle domande del paziente-cliente, che illustra gli effetti del farmaco, ne spiega le eventuali controindicazioni, magari avendo presente tutta la lista dei farmaci che il paziente assume. Verifica alcune condizioni della prescrizione, pone delle domande ben precise sapendo che il suo non è un ruolo puramente commerciale: per questo non sarebbe necessaria una laurea in farmacia, che resta comunque una laurea tutt’altro che semplice da conseguire. Si sente a tutti gli effetti responsabile della salute del paziente e non solo un mero operatore commerciale. Per questo serve anche un clima, un’atmosfera di serietà tutt’intorno che non sempre è ipotizzabile in un centro commerciale, dove potrebbe prevalere la fretta del compro e fuggo o del vendo e chiudo. Ci sono dei dati che evidenziano come la distribuzione di certi farmaci nei centri commerciali ne ha fatto aumentare il consumo, o per lo meno l’acquisto, in assenza di dati oggettivi sul piano della prescrizione o del quadro epidemiologico. Ci sono tipologie di pazienti che per le più svariate ragioni esigono un rispetto particolare in fatto di discrezione e di riservatezza e anche questo: sono anziani, oppure hanno malattie di cui si vergognano un po’, o più semplicemente sono particolarmente riservati e non vogliono intrusioni nella loro vita personale. Sono tutte condizioni che vanno tenute presenti proprio per rispetto alla dignità di ognuno, soprattutto quando è malato. 
9 gennaio 2012
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