La Salute 2020 (il modello di politica europea per la salute adottato dalla regione europea dell’Oms nel 2012)indica l’inquinamento delle matrici ambientalitra i principali determinanti dello stato di salute della popolazione. Secondo le ultime stime, circa il 24% di tutte le malattie e il 23 % di tutte le morti premature nel mondo sono dovute all’esposizione a fattori ambientali.
Più di un terzo delle malattie nei bambini al di sotto dei 5 anni è legato a fattori ambientali evitabili. Solo in
Europa, l’esposizione a inquinanti ambientali causa ogni anno
la morte prematura di 1,4 milioni di persone[1]. Sostanze tossiche e dannose come metalli pesanti, solventi, coloranti, diossine PCB, IPA etc. possono penetrare e accumularsi nell’organismo umano attraverso le matrici ambientali e alterare le funzioni di organi e tessuti. Recenti studi nel campo dell’epigenetica attestano l’influenza determinante dell’ambiente sul genoma. Dimostrano come l’ambiente sia in grado di modificare la corretta espressione del nostro DNA, inducendo cambiamenti potenzialmente trasmissibili alle generazioni successive.
L’inquinamento atmosferico rappresenta il fattore di rischio ambientale più rilevante per la salute della popolazione mondiale[2]. Anche nella Regione europea, l’inquinamento dell’aria rappresenta ancora un importante fattore di rischio al quale è attribuibile una quota rilevate di effetti sanitari dovuti principalmente all’esposizione alla frazione respirabile PM
2,5, agli ossidi di azoto (NO
2) ed ozono (O
3). La principale preoccupazione, in termini di effetti sulla salute, è comunque rivolta nei confronti del materiale particellare sospeso, in particolare le frazioni più fini (PM
10 e PM
2,5), classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come un cancerogeno in Classe 1 per l’uomo. Il cambiamento climatico sta esacerbando l’intensità dei rischi per la salute legati all’inquinamento e rappresenta la più grande minaccia globale del 21° secolo nei confronti della salute
[3].
Dall’ultima indagine statistica della Commissione Europea
[4] sulle percezioni dei cittadini europei riguardo all’ambiente emerge una convinta tendenza da parte sia degli europei (94%) che degli Italiani (95%) a considerare la protezione dell’ambiente un problema importante. I cambiamenti climatici (51%), l’inquinamento dell’aria (46%) e la crescita della produzione di rifiuti (40%) sono considerati dagli europei tra le tematiche ambientali più rilevanti, ovvero che destano più preoccupazione per la sicurezza e la salute.
Più dei tre quarti degli europei (81%) e quasi la totalità degli Italiani (90%) ritiene che le questioni ambientali abbiano un effetto diretto sulla vita quotidiana. L’87% degli europei e l’89% degli italiani ritengono di poter svolgere un ruolo nella protezione dell’ambiente. Quanto alle responsabilità, la maggior parte dei cittadini europei ritiene che non si stia facendo abbastanza. Emerge un atteggiamento di sfiducia e di biasimo soprattutto nei confronti delle istituzioni e degli enti preposti alle decisioni in materia di ambiente e salute pubblica.
La strategia europea “Salute 2020” sostiene e incoraggia i ministri della Salute affinché stimolino i responsabili istituzionali e i portatori di interesse di tutti i settori che influenzano la salute, anche indirettamente, ad uno sforzo congiunto, condiviso e multidisciplinare, finalizzato alla creazione di un‘Europa più sana. Sostiene che il panorama degli attori e degli stakeholder che possono contribuire al cambiamento necessario per promuovere “ambienti sani per una popolazione sana” sia ampio e debba comprendere anche icittadini.
L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile,sottoscritta nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, dando seguito ai risultati degli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals), affronta un insieme di questioni determinanti per portare il mondo sulla strada della sostenibilità. I 17 obietti (S
ustainable Development Goals – SDGs) includono i pilastri economico, ambientale e sociale dello sviluppo sostenibile. Sottolineano che la salute è indissolubilmente legata a fattori quali povertà, disuguaglianza, cambiamenti climatici e inquinamento e pongono una forte attenzione all'equità, “s
enza lasciare indietro nessuno”. L’Italia si è impegnata a declinare gli obiettivi dell’Agenda 2030 nell’ambito della programmazione economica, sociale e ambientale.
La sesta Conferenza Ambiente e Salute di Ostrava(2017), rappresenta un altro tassello importante nelle politiche per l’integrazione ambiente e salute; i 53 paesi dell’OMS/Euro hanno riconfermato l’impegno a rafforzare le collaborazioni interistituzionali in direzione della sostenibilità per proteggere l’ambiente, la salute umana e l’intero ecosistema. La Dichiarazione finale indica quali priorità:
- la necessità di integrare gli obiettivi ambiente e salute con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima;
- la necessità di contrastare e ridurre il peso del degrado ambientale e in particolare: l’inquinamento dell’aria, il cambiamento climatico, l'esposizione a prodotti chimici pericolosi, le problematiche dei siti contaminati, il peggioramento della qualità della vita nei centri urbani e la destabilizzazione degli ecosistemi che minacciano la salute e aggravano le diseguaglianze sociali;
- la necessità di condividere la responsabilità delle politiche con tutti i livelli di governo attraverso azioni di sistema, intersettoriali, mettendo al centro la prevenzione e riservando maggiore attenzione ai settori più svantaggiati.
Ambiente e salute in Italia
Negli ultimi anni il problema dell’inquinamento dell’ambiente ha provocato grande preoccupazione soprattutto in relazione ad alcune aree del Paese.Si ricordano ad esempio le problematiche della terra dei fuochi in Campania, dell’Ilva di Taranto, della Valle del Sacco (Frosinone) e in generale di tutti i siti di interesse nazionale per le bonifiche; la contaminazione delle falde acquifere da composti perfluoroalchilici (es. PFAS nel Veneto),la presenza di arsenico nelle acque del centro Italia o di solventi, tetracloroetilene e composti alogenati nella piana fiorentina.
Per quanto attiene all’inquinamento atmosferico i dati di monitoraggio e gli scenari emissivi a disposizione evidenziano superamenti dei limiti imposti dall’Europa in molte aree del nostro paese e ciò nonostante i considerevoli sforzi fatti negli ultimi anni per ridurre le emissioni e le concentrazioni degli inquinanti. L’Agenzia Europea dell’Ambiente
[5] ha stimato in Italia nel 2013, 66.630 morti premature attribuibili all’esposizione a lungo termine a PM
2.5, No
2 e O
3. A incidere in maniera decisiva sui superamenti dei limiti sono state le condizioni climatiche peggiorate negli ultimi anni, specie in aree chiuse come la pianura padana.
A fronte di tale scenario, il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è chiamato a dare risposte efficaci, interventi tempestivi, coordinati e di sistema. Per quanto attiene agli assetti istituzionali, il D.Lgs. 502/1992 attribuisce ai Dipartimenti di prevenzione le funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica anche a supporto dell’Autorità sanitaria locale, compresa la tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita. Nella realtà la situazione è piuttosto diversificata tra le regioni. Sono poche le regioni che hanno un’organizzazione più avanzata, orientata a svolgere in modo integrato le attività di sorvelianza e prevenzione.Il referendum popolare del 18 aprile del 1993, che di fatto ha tolto al SSN le competenze di controllo sull'ambiente trasferendole alle Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA), ha creato un ostacolo importante all’integrazione delle competenze ambientali e sanitarie e messo in secondo piano la prevenzione sanitaria in campo ambientale.
A distanza di quasi 20 anni non sono stati ancora realizzati su scala nazionale scenari di governance orientati alla collaborazione tra le strutture delle agenzie ambientali e strutture del SSN, previsti dal Decreto legislativo n° 229 del 19 giugno 1999, di riordino del SSN. In particolare l’articolo 7-quinquies prevede la stipula di un accordo di programma tra il ministro della sanità ed il ministro dell’ambiente e accordi di programma stipulati dalle regioni al fine di individuare i livelli di integrazione tra settore salute e ambiente. Attualmente si registrino numerose criticità soprattutto nell’attribuzione delle competenze, nella formazione del personale e importanti differenze inter-regionali che non consentono un raccordo organico e sistematico tra funzioni e attività in campo ambientale e sanitario.
Sebbene negli ultimi decenni si sia assistito a una rapida espansione delle metodologie di studio e di ricerca circa le relazioni tra esposizioni ambientali ed esiti sanitari, la valutazione degli impatti sanitari delle modificazioni ambientali indotte dalle politiche settoriali soffre ancora di scarse integrazione e sistematicità e di una visione interdisciplinare.
Fino ad oggi le valutazioni ambientali e gli interventi di carattere politico si sono concentrati su singoli inquinantipresenti nei singoli comparti ambientali(aria, acqua, suolo, ecc.), mentre nella realtà la situazione è più complessa perché gli inquinanti passano da un comparto ambientale all'altro (dall'aria al suolo, alle acque ecc) e la popolazione può essere esposta ad una combinazionedi inquinanti in grado di interagire sia nell'ambiente e sia nel corpo umano.
Esistono numerosi documenti e direttive europee sul tema della
Valutazione di impatto sanitario (VIS), ormai considerata strumento di elezione per la valutazione preventiva degli effetti sulla salute di progetti, piani, programmi e politiche. La Commissione Europea ha incluso aspetti della salute umana nelle proprie direttive sulla valutazione d’impatto ambientale, oltre a prevedere la graduale introduzione, a partire dal 2003, di procedure di valutazione di impatto integrate per tutte le principali iniziative presentate nella strategia politica annuale. Dando seguito alle indicazioni internazionali, vari governi europei hanno assunto la VIS: alcuni l’hanno normata e altri ancora hanno finanziato progetti pilota.
Secondo la definizione dell’OMS
[6] “la VIS è una combinazione di procedure, metodi e strumenti con i quali si possono stimare gli effetti potenziali sulla salute di una popolazione di una politica, piano o progetto e la distribuzione di tali effetti all’interno della popolazione”.La finalità della VIS, quindi, è fornire a tutti i decisori valutazioni, basate sull’evidenza e condivise, che consentano di scegliere, fra diverse alternative che s’intende mettere in opera, quelle che tengano conto delle conseguenze future sulla salute di una popolazione, al fine di mitigare gli effetti negativi e massimizzare quelli positivi. Intesa in questo senso, la VIS si inserisce a pieno titolo nell’insieme degli interventi della sanità pubblica, in cui la prevenzione sanitaria svolge un ruolo centrale.
A fronte di ciò in Italia esistono ancora numerose carenze normative e applicative rispetto alle raccomandazioni internazionali sull’applicazione della VIS con la conseguenza che spesso la valutazione della componente salute è trattata in maniera non completa o del tutto carente.
L’obbligo della VIS nell’ambito della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è stato introdotto recentemente in seguito al recepimento della Direttiva 2014/52/UE,concernente la VIA di determinati progetti pubblici e privati. La stessa prevede che gli Stati membri possano avere la facoltà di stabilire misure di protezione più rigorose.
Il D.Lgs. 16 giugno 2017, n 104 ha recepito la Direttiva 2014/52/UE e apportato le conseguenti modifiche al Codice ambientale (D.Lgs. n. 152/2006) nell’ambito VIS in materia di VIA, introducendo alcune norme aggiuntive che se da una parte rendono obbligatoria la VIS, dall’altra prevedono tale obbligo solo per alcune specifiche tipologie di impianti sottoposti a VIA di competenza statale, contemplati dall’art. 12. La VIS dovrà essere predisposta in conformità alle linee guida adottate con decreto del Ministro della salute, che si avvale dell'Istituto Superiore di Sanità.
Le attuali linee guida sulla VIS elaborate dall’ISS (Rapporto ISTISAN 17/4), non ancora recepite con decreto ministeriale, risultano non sufficientemente esplicative e poco aderenti alle nuove esigenze normative, soprattutto non specificano nel dettaglio le informazioni obbligatorie che i proponenti sono tenuti a fornire per consentire alle istituzioni di effettuare la VIS, tenuto conto anche dell’abrogazione del DPCM 27/12/1988, unico atto normativo in cui venivano esplicitate tali informazioni.
In relazione alla
Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario - VIIAS, recenti atti di indirizzo emanati sulla gestione del caso dell’ILVA di Taranto hanno chiarito che la VIIAS non trova riscontro nella normativa vigente, in quanto tale strumento non ha cogenza e viene citato unicamente dalle Linee guida per la VIIAS nelle procedure di valutazione ambientale (VAS, VIA, AIA) predisposte da un GdL del Sistema Nazionale a rete per la protezione dell'ambiente (SNPA) e inoltre non risultano allo stato applicate da nessuna autorità competente in materia AIA.
Infine,
la Valutazione del Danno Sanitario (VDS) a differenza della VIS, si configura come uno strumento che interviene ad AIA già rilasciata proprio per valutare l’effetto sanitario dell’esercizio dell’istallazione, a seguito dell’implementazione delle prescrizioni ambientali impartite dall’AIA sulla base delle migliori tecniche disponibili (cd. “BAT”, dall’acronimo
Best Available Techniques and Best Environmental Practices) e quindi non ha alcun effetto preventivo.Il caso dell'Ilva di Taranto dimostra come sia possibile determinare un danno alla salute dei cittadini pur in assenza di violazione delle leggi ambientali.
Da quando finora evidenziato appare forte l’esigenza di riqualificare le valutazioni preventive a supporto delle Amministrazioni e la necessità di fornire indicazioni più puntuali e complete per sviluppare adeguatamente la componente salute nell’ambito delle procedure di valutazione di impatto ambientale. A tal fine è importante rafforzare il contributo della epidemiologia sul tema ambiente e salute e fornire supporto alle regioni nell’attuazione degli obiettivi e delle linee operative del Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2014-2018, in particolare del Macro Obiettivo 2.8 di riduzione delle esposizione ambientali dannose per la salute.
Per dare attuazione all’esigenza di adottare una strategia nazionale per il coordinamento e l’integrazione tra le politiche e le azioni nazionali e regionali in campo ambientale e sanitario, a guida centrale,
è stata istituita presso la Direzione Generale della prevenzione sanitaria del ministero della salute un’apposita Task Force Ambiente e Salute (TFAS).
Principali obiettivi operativi: supporto alle politiche di miglioramento della qualità dell’aria, dell’acqua, suolo secondo il modello della “salute in tutte le politiche”; potenziamento della sorveglianza epidemiologica; disponibilità di strumenti e percorsi interdisciplinari validi per la valutazione preventiva degli impatti sulla salute dei fattori inquinanti; formazione degli operatori del settore sanitario e ambientale e comunicazione del rischio in modo strutturato e sistematico. Il mandato interistituzionale è quello di arrivare alla definizione di linee guida nei diversi ambiti, concordate tra istituzioni scientifiche ambientali e sanitarie, in linea con il PNP 2014-2018 e i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)
[7].
Nella prima riunione di insediamento della TFAS, 11 gennaio 2018, è stato concordato un Programma di lavoro coerente con il mandato della TFAS e con le esigenze delle Regioni di attuare gli obiettivi centrali del PNP 2014-2018.
Vista la numerosità, la complessità e l’intersettorialità delle tematiche da trattare, èstato previsto un primo ciclo di attività, suddiviso per aree di lavoro, ciascuna area affidata a uno specifico Gruppo di Lavoro, che in una prima fase affronteranno le seguenti tematiche:
- Linee Guida sulla VIS e gestione dei rischi sanitari nel contesto delle diverse tematiche e matrici ambientali, partendo da documenti di indirizzo ed esperienze già realizzate o in corso d’opera.
- Linee Guida sulla Comunicazione del rischio.
- Linee Guida sulla Formazione e Ricerca.
- Linee Guida per lo sviluppo di sinergie tra strutture sanitarie di prevenzione e strutture del sistema nazionale a rete per la protezione ambientale, che forniranno indirizzi finalizzati a facilitare l’integrazione e il coordinamento e rafforzare la governance, ai vari livelli, tra strutture/istituzioni deputate alla tutela ambientale ed alla tutela sanitaria.
L’auspicio è che attraverso il contributo qualificato di questo tavolo tecnico si possa finalmente costruire la tanto attesa integrazione tra le strutture organizzative sanitarie e ambientali, valorizzando esperienze e buone pratiche già avviate e consolidate in diverse regioni italiane e stimolare l’attività normativa, ove possibile, per superare ostacoli, criticità e inadempienze.
Annamaria de Martino
Direzione Generale della Prevenzione sanitaria, Ministero della Salute
[1]Report “Healty environment, Healty People”, 2016 UNEP
[2]Ambient air pollution: A global assessment of exposure and burden of disease, WHO, 2016
[3]Editorial. A Commission on Climate change. Lancet 2009;373:1659
[4]Commissione Europea (2017) – Special Eurobarometer 468 “Attitudes of European citizens towards the environment”.
[5]Air quality in Europe-2016 Report
[6]WHO - European Centre for Health Policy - Regional Office for Europe (1999). Health Impact Assessment: main concepts and suggested approach. W.H.O. Bruxelles, – The Gotheborg Consensus Paper.