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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Governo e Parlamento

Elezioni e sanità. Al di là degli slogan, nessuno vuole veramente stravolgere il sistema (per fortuna)

di Cesare Fassari
immagine 3 marzo - Più privato e più federalismo con il Centro Destra? Più centralismo e più sanità pubblica con il Centro sinistra o il M5S? Così potrebbe sembrare, ma il nostro Ssn, che ha 40 anni sulle spalle è ormai un asset fondante del nostro sistema politico, economico e sociale. Attorno al quale ruotano interessi ed equilibri che nessuno ha intenzione di cambiare più di tanto
Chi vincerà le elezioni? Non lo so e non la sa nessuno. La prova dell’incertezza imperante e della paura di prendere una cantonata la troviamo leggendo le analisi pre voto (compresi gli informatissimi retroscena) che quest’anno hanno un taglio comune, indipendentemente dal colore e dalla simpatia della testata che li ospita (a parte qualche pasdaran dichiarato): quello dei “possibili scenari”.
 
In sostanza in un unico articolo ci vengono sciorinate da giorni tutte le ipotesi possibili, differenziate, l’una dall’altra, da prudentissimi aggettivi (“leggermente avvantaggiato”) e tantissimi condizionali (“potrebbe forse prevalere”).
 
Pertanto figuriamoci se mi cimenterò anch’io in questa difficilissima opera divinatoria. Quello che vorrei invece provare a immaginare (ecco, cado anch’io subito nella prudenza interpretativa) è che cosa potrebbe cambiare per la sanità in relazione a chi vincerà (ma qualcuno le vincerà?) le elezioni.
 
Intanto una premessa. Stavolta non si può dire che la sanità non sia entrata in campagna elettorale. A conti fatti è presente con rilievo in tutti i programmi e delle cose che non vanno e di quelle che invece vanno preservate e curate, ne hanno parlato tutti i leader: da Gentiloni a Berlusconi, passando per Di Maio e Salvini.
 
Ma veniamo al punto: dobbiamo aspettarci grandi cambiamenti per il nostro sistema sanitario dall'esito di queste elezioni? Una prima facile e sommaria risposta sulla base dei programmi elettorali potrebbe essere questa: se vince il Centro Destra avremo più privato e più autonomia delle regioni; se vince il Centro Sinistra o il Movimento Cinque Stelle, avremo più pubblico e più controllo centrale sui servizi sanitari.
 
Ma è veramente così? Ne dubito. Intendiamoci, il fatto che Forza Italia e ancor di più Stefano Parisi in corsa per il Lazio, abbiano più simpatia per la sanità privata è innegabile, ma siamo sicuri che la stessa idea ce l’abbiano Salvini e Meloni? A me sembra di no. Quindi su questo fronte e su uno scenario all’americana per la sanità italiana in caso di affermazione della coalizione di Centro Destra ci andrei molto cauto.
 
D’altra parte anche dalle parti del Centro Sinistra la spinta a immettere nel Ssn qualche gene del privato a partire dai fondi integrativi e da una maggiore collaborazione c’è ora e c’è sempre stata, al di là delle dichiarazioni pro pubblico che nei convegni e nei tagli di nastro non si negano a nessuno.
 
E i Cinque Stelle? Lo confesso, per me, in questa cosa, come in molte altre, restano un’incognita soprattutto dopo la svolta “governista” di Di Maio che mischia brillantemente slogan storici del Movimento con una palese ammirazione per la competenza tecnica dei saperi che, fino a poco tempo fa, era pressoché ignorata se non accusata di essere sempre al servizio di qualcuno.
 
Detto questo, a pelle, li vedo convinti sostenitori del pubblico, ma allo stesso tempo neanche “nemici” del privato. Con i Pentastellati new style al Governo penso che gli assetti del sistema non cambierebbero nella sostanza e negli equilibri esistenti tra pubblico e privato, al di là di qualche maggiore attenzione alla trasparenza e al conflitto di interessi.
 
Passiamo alla seconda grande “distinzione”, quella autonomia/centralismo. Con il Centro Destra avremo più autonomia alle Regioni e con gli altri più centralismo. Anche qui non mi farei trasportare troppo dalle dichiarazioni di intenti.
 
Mi sembra infatti che, senza dover aspettare il 5 marzo, si possa convenire su un dato: con la vittoria del NO al referendum del 4 dicembre 2016 (compreso il no alla riforma del titolo V), le speranze (per chi la vede come una cosa positiva) di vedere cancellata la legislazione concorrente e di riportare la sanità tra le materie di competenza statale si sono ridotte al lumicino. L’unica a parlarne apertamente è la ministra Lorenzin che ne ha fatto anzi un cavallo di battaglia della sua lista ma senza trovare grande sponda nel PD.
 
Del resto proprio pochi giorni fa a Palazzo Chigi, il Governo e tre regioni (due di centro destra e una di centro sinistra: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto) hanno firmato la pre-intesa in base all’art.116 della Costituzione che prevede la possibilità ai aumentare la competenza regionale nelle materie a legislazione concorrente, tra cui la sanità. E abbiamo visto che ci sono andati giù pesanti, con la previsione dell’ampliamento dei margini di autonomia regionale su aspetti nodali del sistema, dal personale ai farmaci, fino ai fondi integrativi.
 
E i Cinque Stelle? Al di là della proposta di rafforzare il sistema dei controlli centrali con maggiori poteri sanzionatori verso le Regioni inadempienti, nel programma non c’è alcun riferimento a un neo centralismo.
 
Penso quindi che, chiunque vinca, la nuova rincorsa al federalismo sanitario non si arresterà, anche perché su quel carro hanno già annunciato di volerci salire molte altre regioni di Centro Destra e di Centro Sinistra.
 
Queste le due principali questioni. E sugli altri aspetti di dettaglio? Le differenze sui programmi elettorali ci sono, come ovvio, ma a leggerli bene non sono poi così dirimenti e già oggi (vedi i ticket o la governance del sistema) il nostro Ssn è caratterizzato da un’ampia differenza gestionale e organizzativa che non sembra però essere la causa delle difformità qualitative che sono invece attribuibili a ritardi e carenze storiche, queste sì apparentemente immutabili.
 
Insomma, cosa voglio dire con quest’articolo? Che a mio avviso non dobbiamo attenderci rivoluzioni in sanità, chiunque vinca le elezioni. Né verso un neo statalismo esasperato né verso un’americanizzazione a go go.
 
Il nostro Ssn, che ha 40 anni sulle spalle, è ormai una realtà fondante del nostro sistema politico, economico e sociale. Attorno al quale ruotano interessi ed equilibri che nessuno ha intenzione di cambiare più di tanto. Nel bene e nel male.
 
Cesare Fassari
3 marzo 2018
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