Da tempo è in corso, a livello internazionale, un dibattito sul superamento del PIL come unico indicatore del benessere: è infatti cresciuta la consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possono essere esclusivamente di carattere economico, ma dovrebbero tener conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità che sfuggono alla contabilità del PIL.
Infatti l’Italia, come dimostrano le classifiche del PIL pro capite elaborate dalla Banca Mondiale,
rientra ancora tra le nazioni più ricche al mondo ma è solo al 48° posto in termini di capacità produttiva di benessere. A parità di PIL, insomma, rispetto ad altri paesi all'Italia mancano alcuni "fattori di felicità".
Per questo motivo con l’approvazione della legge n. 163 di riforma del bilancio dello Stato, è stato operato il primo riconoscimento normativo degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), prevedendone l’inserimento nei documenti di programmazione economica del Governo. Tale innovazione si basa sulla convinzione che, per valutare la sostenibilità e la solidità complessiva di una società, si debba tener conto di altre dimensioni di natura qualitativa come, ad esempio, quelle relative alla salute umana.
Per questo motivo sono stati istituiti 12 indicatori di misurazione e la loro introduzione avverrà gradualmente a partire dal prossimo Documento di economia e Finanza (DEF) che dovrebbe essere trasmesso al Consiglio dei Ministri entro aprile.
Però, come anticipato ieri dal Ministro dell’Economia durante la presentazione al Parlamento della sua relazione sugli indicatori di benessere, il Governo aveva scelto di anticipare in via sperimentale l’inserimento di un primo gruppo di parametri nel processo di bilancio:
il tasso di mancata partecipazione al lavoro; il reddito medio disponibile delle famiglie; un indice che descriva il livello diseguaglianza sociale ed , infine, il calcolo sulla quantità di emissioni di CO2 e di altri gas che alterano il clima e l’ambiente.
Per tali indicatori, secondo
Pier Carlo Padoan, le previsioni a legislazione vigente contenute nella relazione restituiscono un quadro incoraggiante: infatti grazie non solo alla ripresa economica, ma anche a misure specifiche introdotte negli ultimi anni, i dati indicano un aumento del reddito disponibile per famiglia e una graduale riduzione delle diseguaglianze.
In ogni caso il futuro esecutivo avrà il compito di attuare la seconda parte della riforma con l’inserimento di ulteriori 8 indicatori alcuni dei quali riguardanti prettamente la salute umana:
Indice sulla speranza di vita in buona salute alla nascita. L’indicatore consente di valutare la qualità della sopravvivenza di un soggetto poiché fa riferimento al numero di anni che un bambino potrebbe vivere in buona salute in base ai rischi che corre nei suoi primi anni di vita. Tale aspetto è particolarmente rilevante nell'attuale fase della transizione demografica e sanitaria del nostro Paese in quanto caratterizzata dall'invecchiamento della popolazione e dalla diffusione di patologie cronico-degenerative.
Indice sull’obesità media. Questo riguarda le persone con più di 18 anni e fa riferimento alla classificazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che consente di identificare le persone in sovrappeso. Infatti l'eccesso di peso rappresenta un importante fattore di rischio per la salute e per tal motivo, il Comitato di indirizzo per la BES e la Commissione scientifica che avevano il compito di elaborare gli indicatori, hanno deciso di inserire questo tema tra quelli che influenzano il benessere medio di una società . All’eccesso di peso risultano associate malattie cerebro e cardiovascolari e dell'apparato muscolo-scheletrico, il diabete, l’ipertensione, il cancro, e le malattie del fegato o colecisti.
Indice di povertà assoluta. Questo riguarda la percentuale di persone appartenenti a famiglie con una spesa complessiva per consumi inferiore alla soglia di povertà assoluta. L'indice rappresenta la percentuale di persone che non riescono ad acquisire un certo numero di beni o servizi essenziali tra cui quelli che mirano a tutelare la salute dei cittadini.
A questi vanno aggiunti altri indicatori come quello sull’abusivismo edilizio, l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, l’efficienza della giustizia civile, il tasso di criminalità e il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli. In conclusione l’Italia è il primo Paese europeo che, collegando gli indicatori di benessere equo e sostenibile alla programmazione economica e di bilancio, attribuisce a essi un ruolo importante nell’attuazione e nel monitoraggio delle politiche pubbliche che saranno soggette in futuro, almeno si spera, ad un dibattito politico non più solo basato su criteri economici ma anche su stimoli di natura umanistica.
Pasquale Quaranta