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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Governo e Parlamento

Verso le elezioni. I Forum di Quotidiano Sanità. “Una sanità a misura di cittadino incentrata su un’integrazione sinergica tra pubblico e privato e sulla valorizzazione del personale”. Intervista ad Alberto Zangrillo (FI)

di C.F. e G.R.
immagine 18 febbraio - Il responsabile del Dipartimento Sanità di Forza Italia evidenzia tutte le attuali 'debolezze' del Ssn e traccia le linee d'intervento del Centro Destra. "L’asse portante della sanità deve prevedere un piano progressivo di riqualificazione professionale ed economica delle figure coinvolte con particolare attenzione agli infermieri. Inoltre, è necessario abolire il pregiudizio nei confronti della Sanità privata, che spesso costituisce il driver primario per lo sviluppo della sanità pubblica". E sui ticket: "Nella prospettiva di abolirli/ridurli e trasferire parte delle cure al domicilio, è ipotizzabile il coinvolgimento di un secondo pilastro (fondi-case-assicurazioni)".
Alberto Zangrillo, classe 1958, è il Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale e dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Cardio-Toraco-Vascolare presso l’Irccs San Raffaele di Milano, Direttore della Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione, Prorettore per le attività cliniche e Professore Ordinario di Anestesiologia e Rianimazione presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
 
Zangrillo è anche il responsabile del Dipartimento Sanità di Forza Italia. Possiamo dire, a tutti gli effetti, non un professionista della politica quanto, piuttosto, un professionista prestato alla politica. È lui, da circa 15 anni, a curare personalmente la salute del presidente Silvio Berlusconi. Un legame stretto, quello tra il medico ed il leader di FI. Un rapporto di fiducia che ha portato negli ultimi anni alla decisione, da parte dell'ex cavaliere, di affidare proprio a Zangrillo la responsabilità di coordinare la politica sanitaria del suo partito. 
 
Ma qual è la visione del Ssn che ha in mente Zangrillo? In realtà nel programma di 10 punti condiviso dalla diverse 'anime' del Centro Destra c'è ben poco su questo argomento. E così è lo stesso Zangrillo a spiegare, in quest'intervista a tutto campo, limiti, criticità e priorità sulle quali intervenire per rilanciare il Servizio sanitario nazionale. Una sanità a misura di cittadino che deve uscire dalla dicotomia pubblico-privato per valorizzare le sue eccellenze, aprendosi anche ad un secondo pilastro per poter garantire quell'assistenza socio sanitaria che ad oggi ricade tutta sulle spalle dei cittadini.
 
Professor Zangrillo, quale bilancio di fine legislatura per le politiche sanitarie dei tre governi che si sono succeduti in questi cinque anni?
Gli ultimi tre governi hanno avuto un unico Ministro che, di fatto, non ha svolto un’azione utile alla promozione di una politica sanitaria. Quest’ultima avrebbe infatti richiesto una programmazione lucida e coerente di azioni volte alla soluzione delle inefficienze ed alla creazione di nuovi modelli di gestione e sviluppo. Gli ultimi 5 anni sono stati invece impiegati a litigare sui media con interlocutori privi di dignità di ruolo, vedi Vannoni per Stamina o a dimostrare scarsa autorevolezza e capacità comunicative, vedi questione Vaccini, laddove, una legge opportuna è stata comunicata male e gestita peggio nella sua fase attuativa. L’Italia è sempre di più divisa in due ed i cittadini devono sapere che, attualmente, non vi è alcuna omogeneità nella qualità dei Servizi erogati che dipende con correlazione lineare dal PIL regionale e dalle conseguenti inefficienze strutturali, infrastrutturali, tecnologiche ed ovviamente gestionali. 
 
Quali le emergenze maggiori tutt’ora evidenti e sulle quali, a suo avviso, non si è riusciti a far fronte con iniziative cogenti?
Limitandosi appunto alle emergenze maggiori, queste sono:
- disomogeneità di qualità di prestazione erogata sul territorio nazionale;
- inadeguatezza del parco tecnologico degli ospedali pubblici;
- insufficiente Interazione tra ospedali e territorio con conseguente difficoltà di accesso alle cure;
- disomogeneo accesso ai programmi di prevenzione primaria delle malattie;
- dequalificazione professionale ed economica degli operatori del settore, laddove, il mio pensiero va primariamente alla categoria degli infermieri che, seppur dotati di specifica preparazione culturale, elevata competenza e professionalità sono riconosciuti in modo inadeguato professionalmente ed economicamente. 
 
Guardiamo al futuro. Nel programma del Centro destra per le prossime elezioni politiche del 4 marzo, la sanità è presente in diversi punti. Vuole riassumerceli?
La Salute è il bene primario e deve essere garantito a tutti i cittadini senza sperequazioni dovute alla residenza geografica. Una sanità a misura dei cittadini e vicina ai cittadini deve essere dotata dei necessari requisiti di adeguatezza delle strutture ospedaliere.
Una sanità partecipata e condivisa dai cittadini deve avere i seguenti presupposti:
- una cabina di regia autorevole e competente nel Ministro;
- una gestione regionale all’altezza per valori di competenza, responsabilità e trasparenza;
- un progetto continuo ed autorevole di comunicazione ai cittadini relativo ai programmi di prevenzione, profilassi e cura.

L’asse portante della sanità ospedaliera e territoriale deve prevedere un piano progressivo di riqualificazione professionale ed economica delle figure coinvolte con particolare attenzione alla categoria degli infermieri. Inoltre, è necessario abolire il pretestuoso pregiudizio nei confronti della Sanità privata, che spesso costituisce, in un sistema virtuoso ed integrato, il driver primario per lo sviluppo della sanità pubblica. Bisogna affrontare con coraggio ed approccio interministeriale lo sviluppo di un progetto organizzativo efficace, efficiente ed economicamente sostenibile.

 
Tra le proposte quella di garantire la libertà di scelta e quella di una maggiore competizione pubblico privato sembrano sposare il modello storico della Lombardia per esportarlo in tutta Italia. E così? E, se sì, come pensate di riuscirci?

Come già sottolineato, è necessario uscire dal pregiudizio, fondato su evidenze distorte, che il sistema sanitario privato sia uno strumento utile a chi lo governa. Vissuto sino ad ora in maniera conflittuale in molte aree del Paese, va ricondotto ad una integrazione sinergica tra i due sistemi. È quindi scorretto immaginare una competizione ed è fondamentale operare per favorire dei sinergismi.

Certamente il modello lombardo costituisce una realtà caratterizzata da elementi fondamentali e positivi ma può e deve essere migliorato. Voglio fare un esempio pratico di azione sinergica tra soggetti pubblici e privati che non riesce a raggiungere un riconoscimento formale proprio per la presenza di un innegabile pregiudizio: Il sistema regionale lombardo dell’emergenza ed urgenza (AREU) è un’eccellenza riconosciuta. L’UO di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele di Milano, da me diretta, riceve dal territorio e tratta, con tecnologie avanzate, la quota maggiore di Arresti Cardiaci dell’Area Metropolitana. Il nostro ruolo ci viene riconosciuto dall’AREU e dalla comunità scientifica ma il nostro formale inserimento nel sistema non è stato, finora, possibile; siamo un grande Istituto Clinico convenzionato ma siamo privati, quindi "figli di un Dio minore".

Per il bene della comunità, il criterio del “budget” ai privati, ormai obsoleto per un servizio sanitario che vuole, e deve, essere universalistico e di qualità, deve fare il salto da un rapporto fondato sulla “limitazione della spesa” ad un rapporto fondato sulla “qualificazione della spesa”. La sanità pubblica nazionale è un inestimabile patrimonio di valori fondamentali e competenze di livello internazionale da salvaguardare ma, è innegabile che alcuni processi gestionali e decisionali, prima ancora che gli innegabili problemi di copertura economica, hanno reso una parte di questo sistema poco competitivo.
Il riallineamento, a livello nazionale, dei soggetti che erogano la prestazione sanitaria, non può non passare attraverso una profonda autocritica ed una conseguente azione correttiva da parte della politica nazionale ed inter regionale.
 
Un altro slogan del programma dice di volere “estendere le prestazioni sanitarie”. Cosa si intende? Si pensa a un aumento generale delle risorse per la sanità o a qualche intervento più settoriale?

Per riformare un sistema malato, avendo a disposizione risorse limitate, è necessaria un’azione strutturale per:
- riaccentrare su un governo centrale, orientato la programmazione e l’offerta dei servizi;
- aumentare i volumi di offerta : posti letto, prestazioni, servizi territoriali;
- vincolare l’accesso alle prestazioni al rispetto di linee guida centrali che attualmente o non esistono o non funzionano o non vengono applicate.
 
Il punto chiave è che il cittadino è spesso lasciato solo rispetto al suo problema di salute con due prospettive: affidarsi ad un sistema sanitario pubblico, talvolta poco governato o affidarsi al passaparola che conduce alla cura “fai da te”. Serve un soggetto aggregatore della domanda, prossimo al cittadino sufficientemente articolato per attrarre nuovamente l’utenza verso una realtà più efficiente. È quindi necessario ripensare il sistema della convenzione SSN, oggi centrato sul MMG/PLS e relative aggregazioni, estendendolo ad altre figure professionali: infermieri, fisioterapisti, psicomotricisti, assistenti sociali.

Il soggetto multiprofessionale sarebbe complessivamente responsabile dei risultati della cura, accompagnando il cittadino nel rapporto con i servizi ambulatoriali, domiciliari ed ospedalieri. Tutto ciò è evidentemente da articolare e studiare in termini di impatto economico. È innegabile che tale sistema favorirebbe un uso meno improprio del servizio ospedaliero e garantirebbe risposte più puntuali e personalizzate all’utenza. Una riforma basata su un approccio di questo tipo andrebbe sicuramente ad incrociare favorevolmente un altro grande problema socio sanitario: l’accesso alle cure.
 
Nulla si dice, invece, per quanto riguarda due temi molto discussi in questi ultimi anni. La questione ticket e i fondi integrativi. Puoi dirci lei qualcosa in proposito e se e come, essi siano comunque oggetto di attenzione da parte del vostro schieramento, al di là del programma elettorale?
L’argomento è molto sentito, di non facile soluzione e comunque prioritario. Uscendo dalle logiche del programma elettorale, proprio con lo spirito corretto e responsabile di coloro che vogliono farsi carico del problema, va detto che:
- il bisogno di assistenza sanitaria è in continua crescita, in particolare per soggetti cronici, anziani e fragili;
- non esistendo un sistema di assicurazione sociale che preveda una capitalizzazione di contributi personalizzati, la spesa a carico delle famiglie aumenta con l’età dell’assistito,spesso gravando sulle generazioni successive.

Si enfatizza di solito la compartecipazione in forma di ticket, che, circoscritta all’assistenza farmaceutica ed ambulatoriale, vale complessivamente 3 miliardi ed in genere non riguarda anziani, fragili ed incipienti (tutti già esenti).  Molto più rilevante è la spesa delle famiglie per l’assistenza socio sanitaria (long term care) che è stimata essere di 12 mld/anno con un contributo comunale non superiore al 30%. A ciò vanno aggiunte le spese per i caregiver informali (badanti), stimata in circa 30 mld/anno.
 
Nella prospettiva di abolire/ridurre i ticket sanitari e trasferire parte delle cure al domicilio, è ipotizzabile il coinvolgimento di un secondo pilastro (fondi-case-assicurazioni). Il fondo FCA intermedia oggi solo 4,2 mld/anno (13% della spesa sanitaria privata, 3% della spesa totale). Una proposta potrebbe essere quella di convenzioni bancarie per la creazione di veri e propri Health Account: conti correnti bancari intestati al cittadino ed utilizzabili esclusivamente per spese socio sanitarie.

Il sistema potrebbe essere alimentato attraverso:
- programmi di welfare aziendale;
- versamenti volontari deducibili;
- bonus salute (quando i consumi sanitari del cittadino, nel corso dell’anno, siano inferiori al valore atteso per età e sesso).

In tal modo si otterrebbe il duplice risultato di:
- creare un fondo disponibile per le cure lungo termine senza ulteriore esborso da parte del cittadino;
- disincentivare il consumo di prestazioni sanitarie ed ambulatoriali (soggette a ticket) non indispensabili, per beneficiare del bonus salute.

È chiaro che questo capitolo merita un attento approfondimento.

In questi giorni si stanno finalmente avviando le trattative per il rinnovo del contratto del personale del Ssn. Se foste voi al Governo cosa offrireste ai medici e a tutti gli altri professionisti della sanità?
L’inefficienza che rileviamo in alcune Regioni, e che genera disuguaglianze, è in larga misura imputabile al depauperamento degli organici dei servizi assistenziali, soprattutto nelle Regioni in piano di rientro, che determina una diminuzione della produttività ed un aumento dei costi unitari, quindi inefficienza. Occorre garantire ai servizi assistenziali, a valle dell’applicazione della normativa vigente (DM 70/2015), una adeguata consistenza di personale (secondo standard previsti, tra l’altro, dall’art. 22 del Patto per la Salute 2014-2016), procedendo alle necessarie assunzioni. Il blocco del turn-over o altri vincoli devono essere solo un triste ricordo del passato.

Altro capitolo cardine nella ristrutturazione di un Servizio Sanitario malato è pensare ad una riforma dei criteri di valutazione per l’accesso controllato alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. Oggigiórno non esiste una programmazione del fabbisogno di medici e di specialisti delle varie discipline. Dobbiamo restituire ai giovani laureati reali prospettive di accesso ai diversi settori del Servizio Sanitario. Ciò si impone, non solo per garantire il rinnovamento generazionale, ma soprattutto per costruire quelle professionalità che, attraverso l’affiancamento degli “anziani”, abbiano, acquisita sul campo, l’esperienza indispensabile per garantire prestazioni di qualità.

La farmacia italiana resta uno dei punti sanitari di maggiore articolazione sul territorio. Può mancare il medico o l’ospedale ma una farmacia c’è sempre. Pensa che le politiche fin qui adottate nei confronti di questo settore siano valide oppure fa bene chi teme l’arrivo dei grossi capitali?
La farmacia è un punto di assistenza prossimale fondamentale nel riordino che che stiamo pensando. Implementeremo le competenze dei farmacisti partendo proprio dalla legge sulla farmacia dei servizi approvata dal governo Berlusconi. In più il farmacista, in rete con gli altri operatori sanitari, avrà un ruolo importante nel accompagnare il paziente verso una adesione corretta alle terapie prescritte.

Rimane indispensabile una corretta pianificazione sul territorio, siamo contrari alla distribuzione diretta dei farmaci e convinti che molti farmaci innovativi devono tornare ad essere prescritti dal MMG e dispensati dalle farmacie di comunità. Grande sarà l'attenzione al ruolo delle farmacie rurali. Per quanto riguarda l'ingresso dei capitali, la legge così come scritta dal governo di centro sinistra, favorisce la creazioni di oligopoli. Una visione sbagliata che penalizzerà i cittadini pazienti: per questo bisognerà capire come intervenire per modificarla.
 
C.F. e G.R.
 
18 febbraio 2018
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