Vaccini: madre e padre di un minore sono in disaccordo sui richiami dei vaccini? Il Tribunale dei Minori di Napoli dopo gli accertamenti peritali, si pronuncia in favore dell’opportunità di procedere con le vaccinazioni. Il genitore contrario impugna il provvedimento e la Corte d’Appello di Napoli, Sez. Persona, Famiglia e Minori, con la pronuncia pubblicata il 30 agosto scorso, conferma la decisione impugnata, dispone l'affievolimento temporaneo (e limitato alla specifica occasione) della responsabilità genitoriale del genitore che non vuole far vaccinare il figlio, e lascia procedere in autonomia l’altro, in accordo con il pediatra di base su tempi e modalità.
Secondo i giudici la decisione se sottoporre o meno un figlio alla vaccinazione non può essere considerata semplice disaccordo tra genitori, da affidare al Giudice Tutelare del Tribunale ordinario (art. 337 c.c.), né rientra tra le "condotte" così gravi da giustificare le misure dell'art. 330 c.c..
Poiché però non va sottovalutata l'importanza dei riflessi potenziali sulla salute del soggetto e "la somministrazione (o non somministrazione) dei vaccini configura il rischio di un pregiudizio grave al minore, come del resto prospettato nel merito – con evidente contraddizione con l'eccezione di incompetenza – dalle stessa reclamante" la tutela richiesta dal genitore "pro vaccinazione" va inquadrata nell'art 333 c.c..
E l’elemento fondamentale per la decisione dei giudici è stato l'apporto del CTU.
Riporta la decisione: "… ogni indagine che il CTU abbia ritenuto di disporre in funzione della risposta ai quesiti è da un lato riconducibile ai poteri istruttori officiosi del giudice minorile, dall'altro rappresenta un approfondimento tecnico delle questioni sollevate proprio dalla madre… La Corte, senza nulla togliere a teorie minoritarie e a lavori scientifici sperimentali, è chiamata – come già il Tribunale – semplicemente a valutare tra due opzioni, sostenute rispettiva- mente dal padre e dalla madre, in merito alla opportunità di sottoporre il bambino a dosi di richiamo di vaccini già somministrati, sicché ritiene più corretta la scelta conforme all'opinione scientifica largamente dominante."
In sintesi, per scardinare una CTU in ambito medico legale, occorre opporre non valutazioni (anche se di altro medico) ma riscontri oggettivi precisi. E il CTU afferma che “È assolutamente acclarato il ruolo sociale e il valore etico ed economico delle vaccinazioni. Le vaccinazioni devono essere considerate come un “intervento collettivo”, in quanto oltre a proteggere il singolo permettono anche la protezione in collettività dei soggetti vulnerabili (ad es., immunodeficienti congeniti o immunodepressi, ecc.), permettendo in buona sostanza il controllo della trasmissione delle malattie oggetto del programma vaccinale. Il beneficio è dunque diretto, derivante dalla vaccinazione stessa che immunizza totalmente o parzialmente la persona vaccinata rispetto alle conseguenze di una patologia, e indiretto, in virtù della creazione di una rete di sicurezza a favore dei soggetti non vaccinati”.
Secondo la Corte d’Appello la medicina è una scienza e in quanto tale non è opinabile ma, eventualmente, confutabile da nuove scoperte ed evidenze sempre però basate sul rigore dell'evidenza scientifica, riconosciute e validate anche se ancora considerabili come teorie minoritarie e se gli accertamenti, eseguiti in maniera rigorosa escludono che il bambino possa subire un danno dalla somministrazione di vaccini o che abbia già subito un pregiudizio dalle prime dosi ricevute, “nel contemperamento degli opposti interessi dovrà darsi prevalenza a quello del minore a essere protetto da malattie gravi e potenzialmente, foriere di gravi ripercussioni sulla sua salute, mediante una pratica la cui efficacia è validata dalla scienza medica. Con l'ulteriore conseguenza che non potrà attribuirsi stessa dignità e pregnanza probatoria a tesi che allo stato, come documentato dal CTU, vanno rispettate quali opinioni ma non sono suffragate "da alcuna evidenza scientifica".
La Corte conclude la decisione affermando che “la stragrande maggioranza della giurisprudenza di merito che si è occupata del disaccordo tra i genitori sulla somministrazione di vaccini ha risolto la questione rimettendo la decisione al pediatra di base. Nel nostro caso, la pediatra di XXXXXXXX ha preso netta posizione sulla opportunità delle vaccinazioni e sulla inesistenza di alcun rischio rispetto ai paventati disturbi neurologici. E il Tribunale, al contrario di quanto possa apparire ad una lettura superficiale del decreto, non ha imposto le vaccinazioni, ma ha semplicemente lasciato al padre la decisione finale. È vero che nel dispositivo si legge che il padre “preleverà ed accompagnerà il minore ad effettuare le vaccinazioni”, ma tale locuzione, com’è reso pale- se dal complessivo impianto della motivazione (in cui non si fa mai questione di un obbligo di legge, ossia di vaccinazioni obbligatorie, salvo eventuali sopravvenienze legislative), va inteso nel senso che, spettando l’ultima decisione al padre (sotto la sua responsabilità), questi ha facoltà di sottoporre il bambino alle vaccinazioni anche senza il consenso della madre; così come, alla stregua del decreto in oggetto, ha facoltà di rimandarle, ovvero di cambiare idea. Il decreto si limita ad affievolire la responsabilità genitoriale della madre, lasciando quella del padre integra e, limitatamente alla questione vaccini, esclusiva”.