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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Governo e Parlamento

Ogm. Corte Giustizia Ue bacchetta l’Italia: “Divieti legittimi solo quando sono evidenti rischi per la salute o per l’ambiente”

immagine 13 settembre - La Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul decreto adottato dal nostro Governo nel 2013 per vietare la coltivazione di mais MON 810 nel territorio italiano contro il parere della Commissione Ue. Ora la Corte Ue ribadisce: “Gli Stati membri non possono adottare misure di emergenza concernenti alimenti e mangimi geneticamente modificati senza che sia evidente l’esistenza di un grave rischio per la salute o per l’ambiente”. LA SENTENZA.
“Tanto la legislazione alimentare dell’Unione1 quanto la legislazione dell’Unione concernente gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati2 sono volte ad assicurare un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato interno, del quale la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani costituisce un aspetto essenziale”. In tale contesto, “qualora non sia accertato che un prodotto geneticamente modificato possa manifestamente comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente, né la Commissione né gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure di emergenza quali il divieto della coltivazione di mais MON 810”.
 
È questo, in sintesi, quanto stabilito oggi dalla Corte di Giustizia Europea chiamata a pronunciarsi su un caso italiano, dopo che, nel 2013 il nostro Governo ha adottato un decreto che vietava la coltivazione del MON 810 nel territorio italiano nonostante la Commissione Ue avesse escluso l’esistenza di prove scientifiche che rendessero necessarie misure di emergenza.

“Nel 19983 – ricorda la Corte Ue in una nota che illustra i contenuti della sentenza - la Commissione ha autorizzato l’immissione in commercio di mais geneticamente modificato MON 810. Nella sua decisione, la Commissione ha richiamato il parere del comitato scientifico, secondo cui non vi era motivo di ritenere che il suddetto prodotto avrebbe avuto effetti pregiudizievoli per la salute umana o per l’ambiente”.

“Nel 2013 – prosegue la Corte Ue ricostruendo i fatti - il governo italiano ha chiesto alla Commissione di adottare misure di emergenza per vietare la coltivazione di mais MON 810 alla luce di alcuni nuovi studi scientifici realizzati da due istituti di ricerca italiani. Sulla base di un parere scientifico emesso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), la Commissione ha concluso che non vi erano nuove prove scientifiche a supporto delle misure di emergenza richieste che fossero capaci di invalidare le proprie precedenti conclusioni sulla sicurezza del mais MON 810. Nonostante ciò, nel 2013 il governo italiano ha adottato un decreto che vietava la coltivazione del MON 810 nel territorio italiano”.

Nel 2014 il sig. Giorgio Fidenato e altri hanno coltivato mais MON 810 in violazione del citato decreto, ragion per cui sono stati perseguiti penalmente.

Nell’ambito del procedimento penale avviato a carico di queste persone, il Tribunale di Udine ha quindi chiesto, in particolare, alla Corte di giustizia se sia possibile adottare, in materia alimentare, misure di emergenza sul fondamento del principio di precauzione. Secondo tale principio, gli Stati membri possono adottare misure di emergenza al fine di scongiurare rischi per la salute umana che non siano stati ancora pienamente identificati o compresi in ragione di una situazione di incertezza sul piano scientifico.

Con l’odierna sentenza, la Corte esclude questa facoltà e sottolinea che “il principio di precauzione, che presuppone un’incertezza sul piano scientifico in merito all’esistenza di un certo rischio, non è sufficiente per adottare tali misure”.

“Sebbene tale principio possa giustificare l’adozione di misure provvisorie di gestione del rischio nel settore degli alimenti in generale – si precisa nella nota di sintesi sulla sentenza -, esso non permette di eludere o di modificare, in particolare rendendole meno stringenti, le disposizioni previste per gli alimenti geneticamente modificati, poiché essi sono già stati oggetto di una valutazione scientifica completa prima di essere immessi in commercio”.
 
La Corte rileva, peraltro, che uno Stato membro, quando ha informato ufficialmente la Commissione circa la necessità di ricorrere a misure di emergenza e la Commissione non ha adottato nessuna misura, può adottare tali misure a livello nazionale. Esso può inoltre mantenere in vigore o rinnovare tali misure, finché la Commissione non abbia adottato una decisione che ne imponga la proroga, la modificazione o l’abrogazione. In tali circostanze, i giudici nazionali sono competenti a valutare la legittimità delle misure di cui trattasi.


 
1 Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1). L’articolo 7 di tale regolamento, intitolato «Principio di precauzione», autorizza gli Stati membri ad adottare misure provvisorie di gestione del rischio «in circostanze specifiche a seguito (…) [della] possibilità di effetti dannosi per la salute ma [qualora] permanga una situazione d’incertezza sul piano scientifico».

2 Regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (GU 2003, L 268, pag. 1). L'articolo 34 autorizza gli Stati membri ad adottare misure di emergenza «quando sia manifesto che prodotti [geneticamente modificati autorizzati] possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l’ambiente».

 
3 Decisione della Commissione del 22 aprile 1998 concernente l'immissione in commercio di granturco geneticamente modificato (Zea mays L. Linea MON 810) a norma della direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 1998, L 131, pag. 32).
13 settembre 2017
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