Aborti farmacologici nei consultori regionali del Lazio. Ne scrive, annunciandoli, la stampa ed
Eugenia Roccella (Misto) chiede al ministro della Salute
Beatrice Lorenzin durante il question time di oggi alla Camera se il Governo sia a conoscenza della documentazione scientifica e amministrativa alla base della sperimentazione suddetta e come l'aborto farmacologico si concili con la normativa nazionale, sottolineando che la legge 194/1978 prevede esplicitamente che l'aborto avvenga in strutture ospedaliere o in «poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione», e non in consultori, che il Consiglio superiore di Sanità non si è mai espresso a favore di questa soluzione e, anzi, nella relazione al Parlamento sull'applicazione della 194sono inoltre riportati due decessi di donne a seguito di aborto farmacologico che, secondo la letteratura scientifica, presenta una mortalità dieci volte maggiore di quella per aborto chirurgico.
Ecco la risposta del ministro della Salute Beatrice Lorenzin:
"Rispondo all’On.le interrogante, riferendo, innanzitutto, quanto comunicato dalla Regione Lazio.
Quest’ultima ha chiarito che, per ciò che riguarda la sperimentazione della somministrazione di farmaci per IVG nei consultori, i tecnici partecipanti al Gruppo di lavoro regionale, appositamente costituito, procederanno ad elaborare un’ipotesi progettuale per la sperimentazione, della durata di 18 mesi, di un protocollo operativo sulla IVG farmacologica presso un Consultorio Familiare, in collegamento funzionale con il Reparto di Ostetricia e Ginecologia di una struttura ospedaliera di primo livello, dotata di strumentazione idonea all’assistenza delle utenti.
Quindi, secondo quanto comunicato dalla Regione Lazio, la sperimentazione della somministrazione di farmaci per IVG nei consultori, di cui hanno dato notizia, nelle scorse settimane, gli organi di stampa, costituisce oggetto di una decisione esclusiva dell’amministrazione regionale, la quale, allo stato attuale, non sembra essere fondata su di alcuno studio sperimentale approvato, né su novità scientifiche sopravvenute né su pareri di comitati etici.
Ricordo, infatti, che le condizioni per effettuare l’aborto farmacologico in coerenza con la legge 194 sono innanzitutto quelle indicate dalla legge stessa, che ha previsto che esso debba avvenire presso gli ospedali, le case di cura autorizzate dalla Regione e presso i poliambulatori pubblici, adeguatamente attrezzati e funzionalmente collegati agli ospedali, parimenti autorizzati dalla Regione.
La legge 194 non sembra prevedere, quindi, che i consultori possano essere considerati fra le sedi in cui effettuare interventi di IVG.
E’, dunque, evidente che la legge ha voluto garantire, prima di ogni cosa, le massime condizioni di sicurezza per la salute della donna con riferimento a tutte le possibili modalità di IVG, ivi compresa, ovviamente, anche quella farmacologica.
Nello specifico dell’aborto farmacologico, devo, altresì, ricordare che sono ancora in vigore le linee di indirizzo elaborate, sulla base di ben tre pareri del Consiglio Superiore di Sanità (del 2004, del 2005 e del 2010), da una commissione interna al Ministero stesso ed approvate in data 14 giugno 2010, e tuttora disponibili sul sito istituzionale del Ministero.
Tali linee di indirizzo risultano ancora valide perché, come ricordato dall’Onorevole interrogante, non sono cambiati, in questi anni, i farmaci utilizzati per la IVG".