La legge anti-dolore (38/2010) funziona e le cure palliative sono efficaci secondo il giudizio di chi ne ha usufruito. Ma pochi sanno che esistono: 2 italiani su 3 la ignorano. E l’informazione non arriva in modo fluido dai medici di famiglia (a cui si è rivolto il 64% dei pazienti) che difronte al dolore prescrivono farmaci, ma non consigliano quasi mai (solo il 35% lo fa) il ricorso ai Centri di terapia.
L’Osservatorio per il monitoraggio della terapia del dolore e Cure palliative, realizzato sette anni fa dalla Fondazione nazionale Gigi Ghirotti Onlus in collaborazione con la Fondazione Isal accanto all’Osservatorio ministeriale per il monitoraggio delle cure palliative e la terapia del dolore, previsto appunto dalla legge 38/2010, ha tirato le sue prime somme sull’attuazione e la conoscenza della legge. E lo ha fatto in collaborazione con le Regioni, grazie a un questionario che attraverso queste è stato somministrato a 13.374 pazienti nel periodo maggio-dicembre 2016. Obiettivo: contribuire al miglioramento dell’accessibilità, erogazione, conoscenza e diffusione dei servizi di Terapia del dolore e delle Cure palliative e della soddisfazione di chi ne usufruisce.
I risultati dell’analisi sono stati presentati a Roma, alla presenza del ministro per gli Affari regionali
Enrico Costa, del ministro della Salute
Beatrice Lorenzin e del coordinatore degli assessori alla Sanità
Antonio Saitta. La presentazione è stata introdotta da
Emilio Carelli (presidente della Fondazione Ghirotti) e
Livia Turco (coordinatrice dell’osservatorio volontario per il monitoraggio della terapia del dolore e delle cure palliative) e i risultati sono stati illustrati da
Vito Ferri (responsabile scientifico della Fondazione Ghirotti) e
William Raffaeli (fondatore e presidente di Fondazione Isal).
“Ritengo inaccettabile – ha detto
Livia Turco, madrina della legge del 2010 - che chi è solo o povero non possa ricevere ii sollievo delle cure palliative e della terapia del dolore perché non sa che cosa siano o perché non gli sono accessibili. Compito primario della legge 38/2010 - ha proseguito Turco - è quello di costruirel'eguaglianza nella dignità del fine vita, con l'aiuto dei medici, degli infermieri, dei farmacisti e del volontariato. Non dimentichiamo che proprio grazie alla legge 38 cure e terapie antidolore diventano un diritto esigibile da garantire in modo uniforme su tutto ii territorio nazionale attraverso apposite reti che integrano gli hospice e i reparti ospedalieri con le struttureterritoriali e quelle domiciliari, puntandosoprattuttosull'assistenzadomiciliare.Colpisce, invece, constatare che troppe persone e famiglie vivono nella solitudine della 'in guaribilità'. La lotta al dolore deve continuare ad essere una priorità nell'agenda politica di chi, a ogni livello, governa ii nostro Paese. Occorre cioè impegnarsi affinché nessuno resti solo di fronte alla malattia".
Antonio Saitta,assessore alla salute della regione Piemonte, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, ha sintetizzato ii percorso intrapreso per l'applicazione della Legge 38/2010 nelle diverse regioni. "II monito che arriva dai dati dell'osservatorio volontario della Fondazione Ghirotti e piuttosto chiaro. Solo un paziente su tre conosce la legge sulle cure palliative, il 45% non conosce l'utilità dei farmaci oppiacei per le situazioni di dolore cronico o di fasi terminali. Credo che tra gli aspetti centrali ci sia ii ruolo del medico di medicina generale, anello fondamentale fra l'ospedale, la medicina del territorio e !'hospice. Credo che Regioni e ministero della Salute - ha concluso - abbiano un compito comune da affrontare soprattutto in materia di informazione e comunicazione. Ritengo che, d'intesacon i ministeri della Salute e degli Affari regionali, si possa lavorare su linee di indirizzo da destinare alle aziende sanitarie ed ospedaliere che agevolino i comportamenti virtuosi nella lotta al dolore e una diffusione delle cure palliative sul territorio, agenda anche su standard prestazionali che ne facilitino l'erogazione in modo omogeneo in tutto ii Paese. E mi auguro che per ii prossimo anno ci si possa incontrare avendo di fronte un dato più incoraggiante, almeno con più del 50% degli italiani ad avere consapevolezza delle opportunità della legge 38".
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il
ministro degli Affari Regionali Enrico Costa, che ha sottolineato la necessità dell’uniformità nell’ambito del rapporto tra Regioni: “I cittadini hanno diritto – ha detto – di avere le stesse opportunità di cura e assistenza ed è nostro dovere mettere tutti nelle stesse condizioni per avere accesso alle cure. E’ nostro compito armonizzare l’azione di Governo ed Enti locali: il servizio deve ‘bussare’ alla porta delle persone, non deve essere lontano e sconosciuto da queste”.
“Abbiamo inserito la terapia del dolore nei Lea – ha ricordato il
ministro della Salute Beatrice Lorenzin - sia a livello domiciliare, sia come specializzazione. Abbiamo reso obbligatoria la terapia in ricovero. Abbiamo migliorato in modo tangibile l’accesso agli oppiacei. Ma la sanità è ancora a macchia di leopardo: in alcuni luoghi si assiste a un servizio avanzato ed efficiente, in altri si fa un grande sforzo, ma le strutture non sono ancora adeguate a pazienti che si trovano ad affrontare il dolore, soprattutto nell’ultima parte della loro vita”.
Lorenzin ha definito “indescrivibile” il lavoro del personale, “medici e infermieri che hanno dimostrato e dimostrano ogni giorno – ha detto – una fortissima componente oltre che professionale, umana e psicologica, soprattutto negli hospice e per quanto riguarda la capacità della loro formazione”.
Ma ci sono due lacune secondo il ministro. La prima è ancora una volta la disomogeneità dell’applicazione delle line guida e delle best practice: “Serve omogeneità”, ha detto con forza Lorenzin. La seconda sono le reti oncologiche. “La loro realizzazione ha come presupposto la necessità di seguire il paziente in tutte le fasi della malattia, senza lasciarlo mai solo: questo avviene però solo in 6-7 Regioni e non basta. Manca l’attuazione reale della rete – ha aggiunto- e così non va affatto bene.”
Lorenzin ha concluso sottolineando che si sta lavorando “molto bene sulle nuove terapie, ma mancano ancora quegli aspetti di umanizzazione che dovranno fare I conti anche con una società che invecchia con più patologie degenerative e maggiore necessità di terapia del dolore. Dove tutto questo c’è – ha concluso – è un’esperienza bellissima vedere ad esempio hospice che sono ‘vere case’ per tante tipologie diverse di malati e scoprire la tenerezza di ci lavora”.
Per quanto riguarda le terapie, secondo i risultati dell’indagine il 45% dei pazienti non conosce gli oppiacei (derivati dalla morfina), il 43% li ritiene utili per curare dolori acuti o cronici, ma molti sono convinti servano solo per i pazienti in fin di vita (8%). Ma tornando al versante dell’informazione, se c’è chi ha commentato ribadendo in vari modi l’utilità di questi farmaci nella terapia del dolore (solo per “grossi” dolori, per i dolori cronici, ottimi ma creano nausee e rendono il paziente in stato confusionario ecc.), c’è anche chi ha dichiarato di averne paura, chi li considera a uso “dei drogati”, chi crede creino dipendenza o facciano morire e chi rispetto alla domanda ha preferito cambiare del tutto argomento.
L’età media degli intervistati è di 66 anni, ma si va da uno a 102 anni e il loro titolo di studio è nel 61% dei casi di scuola primaria o al massimo secondaria di primo grado. Il luogo dove è stata consegnata la scheda dell’indagine e, quindi, data l’informazione è nell’87% dei casi l’ospedale, mentre solo il 3% è stato interpellato a domicilio.
Chi ha usufruito di un centro o ambulatorio per la terapia del dolore (in realtà solo il 18% degli intervistati) giudica l’assistenza nell’80% dei casi soddisfacente (abbastanza o molto) e il 74% dei pazienti che li hanno utilizzati consiglierebbe ad altri il centro.
Stessa domanda è contenuta nella scheda per la rete delle
Cure palliative. Ne ha avuto necessità il 14% degli intervistati: il 69% di questi si è dichiarato soddisfatto dell’assistenza domiciliare ricevuta; il 78% di quella avuta negli hospice.
Note dolenti però arrivano sulla conoscenza della legge 38. Il 63% di chi ha risposto alla scheda non la conosce e il 70% non sa che la legge obbliga le strutture sanitarie a misurare il dolore e ad annotarlo su una cartella clinica insieme alla terapia prescritta e ai risultati ottenuti. Risposte diverse, ma non troppo, anche in questo caso a seconda dell’età e del titolo di studio. Chi conosce “meglio” l’esistenza della legge sono il 49% dei laureati, chi la conosce peggio il 68% di chi si è fermato alla scuola primaria. E rispetto all’età, conoscono la legge “solo” il 42% dei soggetti tra 60 e 74 anni, la ignorano il 77% di quelli tra 18 e 29 anni.
Circa la condizione degli intervistati,
al momento della somministrazione delle schede il 58% di chi ha risposto era affetto da una patologia che provoca dolore e di questi nel momento della compilazione il 36% percepiva un dolore moderato o intenso, il 28% lieve e il 36% non sentiva dolore. Per quanto riguarda la durata del dolore, il 24% ha dichiarato di sentirlo da una settimana, ma il 45% da oltre sei mesi e di questi il 17% da più di cinque anni.