La Banca dati nazionale del Dna è operativa in Italia dal novembre scorso. A garanzia dell’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del Laboratorio centrale e degli altri laboratori che raccolgono i campioni è posto il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, presieduto dal professor
Andrea Lenzi, Ordinario di Endocrinologia e Direttore della Sezione di Fisiopatologia medica ed Endocrinologia del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza Università di Roma.
Presidente Lenzi cos’è e come funziona il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, il cosiddetto CNBBSV?
Il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, è nato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1992 ed è un organismo di supporto del Presidente del Consiglio dei Ministri, per l’elaborazione di linee di indirizzo scientifico, produttivo, di sicurezza sociale e di consulenza in ambito nazionale e comunitario. Il Comitato svolge anche un ruolo di coordinamento ed armonizzazione di iniziative ed attività ministeriali e collabora alla definizione della posizione italiana in campo comunitario ed in campo internazionale, in quegli organismi in cui si dibattano problemi di biosicurezza, biotecnologie e scienze della vita.
Da quali figure è composto il Comitato e quali sono le sue competenze?
Il CNBBSV elabora i criteri per definire norme di sicurezza relative ai campi delle biotecnologie, della biosicurezza e delle scienze della vita, con particolare riguardo all’impiego confinato all’emissione deliberata nell’ambiente di microrganismi geneticamente modificati; valuta i rischi da agenti biologici; collabora all’elaborazione di norme di recepimento delle direttive europee. Tra le sue fila, oggi, vi sono biologi, microbiologi, genetisti, ingegneri chimici, medici del lavoro, agronomi, farmacologi, ecc. Il CNBBSV svolge la propria attività prevalentemente attraverso dei gruppi di lavoro, costituiti per approfondire tematiche particolarmente rilevanti e, talvolta, urgenti. E’ previsto, inoltre, dalla Legge 78/2006 che l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi del Ministero dello Sviluppo Economico, dovendo valutare la brevettabilità di invenzioni biotecnologiche, possa chiedere il parere del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita. Il parere del Comitato è previsto per garantire che siano escluse dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale sia contrario alla dignità umana, all’ordine pubblico e al buon costume, alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni ambientali.
Presidente, il Comitato è anche l’organismo di garanzia per l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del Laboratorio centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA e per i laboratori che lo alimentano. Quali sono i presupposti giuridico-normativi per il corretto utilizzo di questi dati?
L’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulle caratteristiche genetiche. Se l’Europa unita ha avvertito la necessità di vietare espressamente una discriminazione basata sui dati genetici si intuisce quale particolare delicatezza caratterizzi questa specifica categoria di dati personali e quali rischi per la dignità della persona deriverebbero da un uso improprio di essi. Rischi che aumentano in maniera esponenziale in presenza delle cosiddette bio-banche (fra cui anche quelle del DNA), pubbliche e private che siano, le quali concentrano e conservano una enorme quantità di informazioni. La Legge 30 giugno 2009, n. 85 ha sancito l'adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 (Trattato di Prüm) tra diversi Paesi europei che prevedeva anche l'istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA.
A che punto siamo?
L'Italia ha attivato questi organi solo nell'ultimo anno, con sensibile ritardo, rispetto agli altri paesi europei. Pur se era già stabilito nella legge del 2009 che la Banca Dati Nazionale si riferisse al Ministero dell'Interno, attraverso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza (e infatti la Banca Dati Nazionale del DNA è in capo alla Div. 4^ del Servizio Sistema Informativo Interforze della Polizia di Stato) e il Laboratorio Centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA facesse capo al Ministero della Giustizia, attraverso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria. I primi prelievi di campioni biologici sono dunque iniziati negli Istituti Penitenziari soltanto nel giugno scorso, per effetto del D.P.R. 7 aprile 2016, n. 87 che ha fissato i regolamenti attuativi e il ruolo del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della vita e del Garante per la protezione dei dati personali. Mentre la Banca Dati Nazionale del DNA è attiva ufficialmente dall'8 novembre 2016.
E a cosa serve questa la banca dati del DNA?
La banca del DNA è un organismo che svolge attività di raccolta dei dati relativi ai profili del DNA (ad esempio di soggetti che hanno commesso particolari fattispecie di reato, di persone scomparse o di cadaveri non identificati) e compie il raffronto dei profili di DNA raccolti ai fini dell’identificazione dell’autore di un reato. Il suddetto raffronto è utile a contrastare anche il fenomeno della migrazione illegale, che si sostanzia nell'esigenza di identificare in maniera certa gli stranieri che clandestinamente si introducano o cerchino di introdursi in Italia e che siano privi di documenti di identità o in possesso di documenti di dubbia o nessuna affidabilità.
Come funziona?
La Banca Dati Nazionale del DNA riceve i profili del DNA dal Laboratorio Centrale.
Il Laboratorio Centrale, a sua volta, estrae il DNA da campioni biologici prelevati dagli Uffici territoriali delle Forze di Polizia (per i soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto o applicazione di ordinanza che dispone arresti domiciliari o permanenza in comunità) o dal Corpo di Polizia Penitenziaria (per i soggetti detenuti).
Ma la Banca può ricevere profili del DNA ottenuti dai reperti biologici acquisiti sulla scena del crimine e delle persone scomparse, consanguinei, cadaveri o resti cadaverici non identificati anche dai Laboratori della Polizia scientifica e dei RIS dei Carabinieri.
Come dal nucleo scientifico della Polizia penitenziaria di Roma che può inviare alla banca dati il DNA dei soggetti ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari, dei soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto, dei soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo, dei soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo, dei soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva.
In definitiva, la Banca Dati Nazionale del DNA avrà al suo interno tre distinti e indipendenti database: uno per il DNA proveniente da scene del crimine, uno per le persone scomparse e i resti cadaverici, uno per tutti gli altri casi previsti dalla legge.
Di quali informazioni entrano in possesso le forze di polizia attraverso il DNA? Come viene tutelata la riservatezza?
Dal momento che la Banca Dati Nazionale ha finalità esclusive di identificazione personale per la polizia giudiziaria e per l’attività giudiziaria, nonché per la collaborazione tra le forze di polizia, l’analisi svolta dagli esperti potrò riguardare solo segmenti non codificati del genoma umano, vale a dire quelli dai quali non siano desumibili informazioni sulle caratteristiche del soggetto analizzato, quali ad esempio le malattie. Quella del DNA sarà la prima Banca Dati ‘anonima’ incardinata nelle Forze di Polizia. Infatti non vi figureranno nomi e cognomi dei soggetti ma solo dei codici. I nomi e cognomi risiederanno unicamente nella banca dati delle impronte digitali.
Per identificare la persona cui appartiene un determinato profilo del DNA sarà dunque necessario uno speciale ‘token’ (dispositivo per l’autenticazione) che oggi è in dotazione solo a 10 operatori, in tutta Italia.
Qual è il ruolo del Comitato e quale, invece, il Garante della Privacy?
Il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita ha un ruolo chiave, in quanto è deputato a rilasciare il nulla osta ai Laboratori delle Forze di Polizia, incluso il Laboratorio centrale per la Banca Dati del DNA. Inoltre, garantisce l’osservanza dei criteri e delle norme tecniche per il funzionamento del Laboratorio centrale per la Banca Dati Nazionale del DNA, ed esegue, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, verifiche ed ispezioni (anche insieme ad incaricati del Ministero della Salute) presso il medesimo Laboratorio centrale ed i laboratori che lo alimentano, formulando suggerimenti circa i compiti svolti, le procedure adottate, i criteri di sicurezza e le garanzie previste, nonché ogni altro aspetto ritenuto utile per il miglioramento del servizio. Il Garante per la protezione dei dati personali esercita il controllo normativo di competenza sulla Banca Dati Nazionale del DNA.
A quanti soggetti sono stati prelevati campioni biologici fino ad oggi? Come avviene il prelievo?
Il dato più aggiornato parla di 38.000 soggetti. Tutti fermati e arrestati dopo convalida da parte del giudice. 25.000 prelievi sono stati effettuati dalla Polizia penitenziaria da soggetti che stavano uscendo dal carcere, mentre gli altri 13.000 sono stati effettuati da soggetti che si trovano tutt’ora in carcere.
Si pratica al soggetto un tampone salivare e poi si trasferisce il campione su una card. Il campione viene successivamente chiuso in una busta antieffrazione su cui c’è un codice a barre. La busta verrà aperta solo al momento di effettuare la tipizzazione del DNA.