Il 22 febbraio, alla Camera vi sarà la presentazione del mio libro “
La quarta riforma” edito da Quotidiano sanità (vedi locandina). L’idea è venuta ai deputati della “
Commissione Affari Sociali e Sanità” del M5S che l’hanno concepita come un dibattito aperto alle forze politiche, agli operatori dei servizi, agli amministratori diversi, ai cittadini, che vorranno partecipare.
Una iniziativa che in sé, lo confesso, mi ripaga, di tanta troppa indifferenza della politica, delle istituzioni, dei partiti rispetto al pensiero riformatore critico e indipendente che rappresento, e verso la quale trovo di grande significato tre cose: il
luogo,
l’ambito, il
soggetto.
Il
luogo è il Parlamento che ha varato dal 1978 ad oggi ben tre riforme sanitarie e che 40 anni fa era l’istituzione che con legge approvava niente meno che il “
Piano sanitario nazionale” ma che nel tempo (a causa di tanti fattori sui quali sorvolo), proprio sulla sanità, è stato sempre più emarginato, ridotto il più delle volte a ratificare pessime politiche governative, le stesse che piano piano hanno logorato il suo storico lavoro riformatore.
L’ambitoè la “
Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera” cioè la mente che pensa la norma per la sanità, che la concepisce, che la discute, quindi la stanza delle competenze, del merito, che con le audizioni si pone come l’interfaccia tra sanità e parlamento.
Il
soggetto è un gruppo di deputati attenti, studiosi, seri, giovani disponibili a confrontarsi con il pensiero critico e creativo e che appartiene ad un movimento che niente meno vuole cambiare il paese e che taluni definiscono “
post ideologico” ad indicare quasi una libertà in più quella di leggere la realtà per quella che è e per quella che è affrontarla senza i filtri ingannevoli degli a priori.
Il mio libro, come è noto ai lettori di questo giornale, propone di risolvere i problemi della sanità rimuovendone soprattutto le grandi contraddizioni storiche con una “
quarta riforma” per cui non poteva trovare “
luogo” migliore in cui essere discusso, “
ambito” più adatto per esaminare le complessità di cui si occupa, ma anche un “
soggetto” tanto congegnale alla sua strategia di cambiamento.
Sul merito della “
quarta riforma” le idee politiche portanti non sono molte.
La prima riguarda la
sostenibilità. Tutte le politiche fatte in suo nome hanno tradito troppi effetti collaterali troppe contraddizioni nel tentativo ossessivo di adattare la sanità, le sue etiche, le sue professioni, i suoi servizi, i diritti delle persone, ad un limite economico sempre più limitante. Si deve quindi riformare questa idea non negarla (facendo finta che i problemi economici non esistano) e quindi cambiare i modi attraverso i quali i diritti e le risorse possano essere compossibili.
La seconda riguarda
l’invarianza. Il servizio sanitario nazionale è nato come soluzione ai problemi di insostenibilità delle mutue ma nonostante si siano fatte tre riforme (1978/1992/1999) i modelli delle funzioni sanitarie più importanti (assistenza di base, specialistica, spedalità, prevenzione, ecc.) sono rimasti sostanzialmente mutualisti, cioè invarianti.
Oggi il servizio sanitario nazionale è una super mutua frammentata in tante mutue regionali, con vecchie e nuove diseguaglianze, i cui problemi di insostenibilità sono cresciuti e rispetto ai quali i governi non hanno saputo fare altro che de-finanziare il sistema in tutti i modi fino allo stremo. L’invarianza dei principali modelli di tutela genera inadeguatezza, regressività e costi sensibilmente più alti. Per cui i modelli portanti del sistema sono da ripensare.
La terza riguarda il
lavoro da intendersi non nel senso sindacale tradizionale come attività organizzata che non cambia mai e della quale ogni tanto si adeguano le retribuzioni. Nessun servizio sanitario sarà adeguato ad una domanda o ad una necessità se le prassi professionali per prime non saranno a loro volta adeguate nella formazione, nei modi operativi, nelle organizzazioni, nei ruoli.
E’ inutile riorganizzare i servizi se le prassi degli operatori sono invarianti. I modelli di base della medicina generale della specialistica, della ospedaliera, della prevenzione sono fondamentalmente invarianti da decenni perché le loro prassi professionali non cambiano mai. Ma le professioni che non co-evolvono in un regime di de-finanziamento, scadono cambiando in peggio, si impoveriscono, sono abusate, sfruttate, de-capitalizzate, inadeguate. La nuova sostenibilità passa senza dubbio per una riforma delle prassi e delle professioni
La quarta riguarda la
medicina intesa come modo di usare le conoscenze. Abbiamo sempre riformato la sanità ma non abbiamo mai pensato di riformare i modi attraverso i quali la conoscenza viene usata. Le conoscenze scientifiche sono indubbiamente cresciute ma i modi di usarle sono fermi a vecchie idee di organo, di paziente, di malattia, di società, di evidenza, di metodo, di nozione, di medico, di infermiere, di università, di natura.
Oltre ad essere condizionate dalle tante forme di economicismo. Ciò è alla base di fenomeni costosi in tutti i sensi (contenzioso legale, medicina difensiva, inadeguatezza, sfiducia crescente, ecc.). In sintesi anche la medicina nelle università va riformata.
La quinta riguarda la
salute primaria. Siccome la spesa per curare le malattie ha una natura inevitabilmente incrementale nessuna idea di sostenibilità può funzionare se non calano le malattie cioè se la salute non diventa ricchezza quindi una priorità.
Il fine del mio libro è pratico: serve una riforma per rendere sostenibile la sanità nel modo giusto adeguandola ad una nuova domanda sociale di salute e governando i suoi costi ma senza negare mai i diritti delle persone.
“La quarta riforma” è un
e-book scaricabile gratuitamente su Quotidiano Sanità.
Ivan Cavicchi