"Un testo superficiale e controproducente che porterà alla spaccatura del fronte dell'attuale maggioranza". Così
Raffaele Calabrà (Ncd), componente della commissione Affari sociali della Camera, commenta il disegno di legge sul testamento biologico in quest'intervista a
Quotidiano Sanità.
On. Calabrò, che idea si è fatto in generale del testo unificato sul testamento biologico all'esame della Commissione Affari sociali?
Trovo che il testo attuale sia abbastanza superficiale e non entri nel dettaglio su diversi punti di cruciale importanza, che anzi vengono trattati in maniera vaga e controproducente.
Può farci qualche esempio?
Pensiamo alle DAT (disposizioni anticipate di trattamento), non si capisce bene, ad esempio, quando queste possano effettivamente entrare in vigore. Non è sufficiente dire quando una persona è incapace di intendere e di volere. Basta riflettere su qualche possibile caso concreto: un paziente che arriva in ospedale con una invalidità transitoria dovuta, ad esempio, ad un'emorragia cerebrale. Questo paziente rischierebbe di non essere trattato e quindi di morire nonostante possa considerarsi clinicamente pienamente recuperabile.
In commissione, nelle ultime settimane, sembra inoltre non placarsi la polemica sulla possibilità riconosciuta ai pazienti di poter sospendere la nutrizione e idratazione artificiale. Anche lei ha più volte espresso un parere negativo su questo punto.
Sì perché ritengo che in questo modo si apra la strada a forme di suicidio assistito. In pratica si riconosce ai pazienti la facoltà di poter richiedere al Servizio sanitario nazionale di aiutarli a morire. Tutto questo non è accettabile. Diverso è invece decidere di interrompere una terapia, in quanto la conseguenza di tale decisione sarebbe esclusivamente l'evoluzione naturale della patologia sofferta. Trovo inoltre non condivisibile quella parte del testo nella quale si esprime un principio di autodeterminazione del paziente sulle indagini diagnostiche da fare o da non fare.
Si spieghi meglio.
Chiariamo un concetto di base: l'autodeterminazione del paziente è un principio corretto, ma si deve anche riconoscere il fatto che il medico ha una sua deontologia e non può diventare unicamente il venditoree di un prodotto richiesto dal paziente. Deve cioè essere riconosciuta al sanitario la facoltà di poter rifiutare certi desideri dei pazienti giudicati non condivisibili.
Condivide quindi la denuncia dei medici cattolici secondo i quali con questa legge diventerebbero dei meri esecutori della volontà dei pazienti?
Sì, ma tengo a precisare che questo non è unicamente espressione di un principio cattolico. Quella che voglio porre in primo piano è proprio la realtà laica della professionalità medica, il diritto di poter rifiutare di assecondare certi desideri dei pazienti.
In un'intervista a Quotidiano Sanità il medico di Welby ha denunciato il fatto che l'approvazione dell'emendamento a prima firma Roccella con il quale si sottolinea che la legge tutela la vita e la salute dell'individuo, di fatto possa chiudere alla possibilità di una libera scelta del paziente di sospendere trattamenti quali ad esempio nutrizione e idratazione artificiale. Lei che ne pensa?
Non è così e non basta certo il richiamo ad un principio generale per indirizzare una legge. Possiamo anzi tranquillamente dire che nelle declinazioni successive questo principio viene ampiamente superato dalla concretezza del testo.
Tra poco più di una settimana il testo dovrebbe approdare in Aula, cosa pensa che accadrà a quel punto?
Penso che la decisione da parte di Pd e M5S di portare avanti con forza questo provvedimento possa far segnare una rottura del fronte dell'attuale maggioranza. Non è di certo questo il provvedimento atteso con più urgenza dal Paese.
Giovanni Rodriquez