Il 25 novembre scorso la Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Trieste, federata con Udine, assieme alla Accademia Medico Giuridica delle Venezie, ha organizzato un incontro seminariale sulle linee guida e responsabilità (
vedi dossier in allegato).
L’incontro ha visto la partecipazione del Professor
Ivan Cavicchi, dell’ Università Tor Vergata di Roma,
sul tema “L’autonomia degli operatori sanitari e le linee guida”, dell’avvocato
Gian Marco Caletti, dottorando in ricerca in Diritto penale presso l’Università di Bologna, sul ruolo delle linee guida nell’accertamento della responsabilità penale degli operatori sanitari, e della Professoressa
Patrizia Ziviz, docente di Diritto privato
presso l’Università degli Studi di Trieste.
Dal seminario è emersa la problematicità dell’uso e della formulazione delle linee guida dovuta, inevitabilmente, al loro rivolgersi a problematiche quanto mai varie quali l’appropriatezza, la responsabilità professionale, la complessità clinica strettamente legata soprattutto ai singoli casi, per non parlare ai problemi propri alla sicurezza del malato.
Infatti, ormai le linee guida sono invocate per risolvere i problemi più diversi: da quelli riconducibili alle buone pratiche, a quelli relativi al contenimento dei consumi clinici, a quelli che riguardano fenomeni rilevanti come il contenzioso legale, al punto da far temere che il loro uso esteso e indifferenziato non sia né semplice e né scontato o, quanto meno, non privo di effetti negativi soprattutto per i malati e la qualità delle cure.
D’altra parte il rapporto tra linee guida e responsabilità professionale del medico ha radici storiche antiche, infatti, sin dalle prime civiltà viene testimoniata una speciale attenzione su questo problema, anche con la creazione di apposite
norme.
In particolare l’adozione delle linee guida quale parametro di valutazione della responsabilità professionale medica evoca quanto scriveva Diodoro Siculo circa il modo in cui nell’antico Egitto veniva valutato l’operato del medico se non conseguiva il risultato sperato: se egli aveva seguito i trattamenti terapeutici indicati nei “libri sacri” era esente da colpa, altrimenti era messo a morte.
Nel nostro Paese l’aderenza alle linee guida in ambito sanitario è divenuta un parametro esplicito di valutazione in ambito giuridico dell’operato dei sanitari già conla legge Balduzzi e più recentemente viene soprattutto ripreso nel ddl Gelli.
L’impiego delle linee guida rappresenta, oggi, un aspetto centrale nell’evoluzione attuale della medicina basata sull’evidenza scientifiche ed altresì nel modo di valutare la responsabilità professionale degli operatori sanitari.
Nel Nord America e in genere nel mondo anglosassone, ben abituato alla logica di stretta aderenza, anche giuridica, a degli "standard" definiti e condivisi da utenti e produttori, vi è stata nel corso dell'ultimo secolo una rilevante elaborazione dottrinale ed un continuo dibattito, esteso anche in ambito internazionale, in merito alle “linee guida” ed al loro impiego in ambito di contenzioso.
Nel frattempo in Italia numerose sentenze, nonostante altre innovazioni normative già emanate o in via di emanazione tendano a rendere sempre più cogente tale impostazione, ritengono ancora l'aderenza alle linee guida un indizio di comportamento virtuoso, che comunque non modifica il principio che ogni caso fa comunque storia a sé.
Il tema delle linee guida merita, a nostro avviso, una particolare attenzione da parte di tutti gli operatori sanitari, non solo per gli aspetti più strettamente medico – legali, ma anche per le ovvie implicazioni sulla definizione e sul ruolo attuale della professionalità medica.
“Linee guida”, “buona pratica medica”, costituiscono comunque nella loro applicazione un momento di criticità. Infatti se talune specializzazioni della medicina possono ben giovarsene, altre, forse quelle più strettamente cliniche, quelle che si confrontano con il paradigma non solo della gestione, ma pure della ricerca della diagnosi, le considerano null’altro che raccomandazioni più o meno indicative, comunque da adattare in modo flessibile caso per caso.
D’altro canto la rigida applicazione di “protocolli” o linee guida nasconde, a seconda dell’approccio che ha generato questi strumenti, ulteriori insidie sia per il medico, che potrebbe essere portato a utilizzarle in modo pedissequo al fine di giustificare la sua condotta per timore di conseguenze legali, sia per il malato, che, per ragioni di “adeguatezza economica” o altro, potrebbe vedersi negare determinati trattamenti ovvero indirizzare a particolari terapie.
La delicatezza, quindi, dell’uso, in generale e sotto il profilo medico legale, di questi strumenti appare richiedere particolari cautele ed attente riflessioni a chi opera in ambito sanitario e soprattutto a chi si occupa di responsabilità professionale medica.
Nel nostro seminario sono emerse molte criticità proprio legate all’uso delle linee guida al punto da suggerire l’idea di renderle pubbliche, di metterle a disposizione di un dibattito che a parer nostro non può essere evitato, anzi al contrario va stimolato e organizzato. Per questo
abbiamo confezionato un dossier con le analisi interdisciplinari fatte nel corso dell’incontro che mettiamo ora a disposizione dei lettori di
Quotidiano Sanità.
Per la sua divulgazione abbiamo voluto attendere la conclusione dell’iter parlamentare della legge sulla responsabilità professionale proprio per non dare l’impressione di volere, con le nostre valutazioni variamente problematiche, interferire con la volontà del legislatore, convinti anche noi dell’importanza, dell’utilità e dell’urgenza, di una norma che renda più sereno lo svolgimento della pratica medica soprattutto nel primario interesse del malato.
Ora che l’iter è praticamente alla fine, siamo convinti che, se la definizione della norma rispetto alla responsabilità professionale è una tappa importante, non meno importante è aprire da subito una riflessione sulla sua, a nostro avviso, non facile applicazione, e in particolare, sul ruolo e sull’uso delle linee guida.
Infatti secondo noi, fatti salvi i principi etici e deontologici alla base della nostra medicina, il ricorso alle linee guida nell’ambito della responsabilità professionale non sarà né facile, né scontato e né esente da possibili problematiche.
Professor Carlo Scorretti
Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina legale di Trieste, federata con Udine