“
La quarta riforma”, il nuovo e-book di
Ivan Cavicchi, lancia una sfida impegnativa: quella di mettere in campo un vero e proprio cantiere per una nuova riforma globale della sanità italiana
Con un’avvertenza inziale che suona come un monito dell’autore: “la “
quarta riforma” non è una riforma ordinamentale e nemmeno un nuovo testo unico della sanità e neanche la “
riforma della riforma della riforma della riforma”, ma è la riforma di ciò che, non si è mai riformato e che al contrario si sarebbe dovuto riformare. La correzione di esperienze di riforma che non sono andate bene. La ricontestualizzazione culturale di un sistema complesso. La reinvenzione della sanità pubblica per renderla “sostenibile” e salvarla dalla decadenza e dalla privatizzazione”.
“Con questo libro – scrive ancora Cavicchi - è come se la sanità pubblica avvertendo il rischio di morire o di essere seriamente ridimensionata, dicesse a tutti delle sue straordinarie possibilità e di quanto sia stupido banale criminale, perderla”.
Ma per l’autore, “la sanità pubblica solidale e universale è tutt’altro che una utopia, è tutt’altro che insostenibile, è tutt’altro che impraticabile, ma a certe condizioni. Se la sanità resterà quella che è, come una vecchia quercia caduta, sarà fatta a pezzi e quello che resterà si decomporrà piano piano diventando muffa”.
E secondo Cavicchi, “il bisogno di riforma riguarda tutti e tutti avrebbero interesse a riformare qualcosa”.
Anche perché, l’autore ne è convinto, “nessuno, da solo, è in grado di riformare un alcunché. Questa è la grande contraddizione”.
“Nessuno da solo ce la può fare – spiega - perché è impensabile che nell’invarianza generale si possa cambiare qualcosa. E allora perché tutti insieme non mettere in discussione l’invarianza generale e riformare il sistema per riformare le tante cose nel sistema? Se ripensiamo la medicina la questione medica può essere risolta. Se ripensiamo il lavoro si può superare la sua de-capitalizzazione. Se ripensiamo l’organizzazione del lavoro si possono risolvere i problemi dei ruoli professionali, stessa cosa per l’ospedale la medicina generale, la specialistica e per i problemi dell’allocazione delle risorse”.
E si perché Cavicchi affonda la sua proposta riformatrice in tutti i gangli del sistema, partendo dall’assunto che non si può pensare di riorganizzare un settore (che sia la medicina e l’assistenza, piuttosto che la metodologia della programmazione sanitaria) senza ripensare il “merito” di ciò che si vuole razionalizzare o riorganizzare.
In sostanza basta con le riforme squisitamente ordinamentali, è il momento di un vero ripensamento organico del sistema, dando un “motore” nuovo alla sanità, come dice Cavicchi.
E le risorse? Cavicchi non sfugge a quello che è il nodo attorno al quale si sono arenate in questi ultimi anni molte proposte e idee innovatrici. Il problema è la famosa “sostenibilità” del Ssn. E allora che fare?
La soluzione, anche in questo caso, è alla radice. Va ripensato e ristrutturato il significato stesso di sostenibilità, oggi arenato sull’idea del rendere quello che c’è sostenibile, rispetto a una dotazione economica data.
Per Cavicchi va preso “il toro per le corna” e va fatta una “riforma per la sostenibilità che vuol dire rimettere in equilibrio il sistema e produrre salute quale ricchezza”.
“Tutti i sistemi che si limitano a curare le malattie sono intrinsecamente insostenibili. I sistemi sostenibili – argomenta Cavicchi - sono quelli che bilanciano i costi della cura con la produzione di salute. Quindi
rimosso l’ostacolo della sostenibilità la vita sarà più facile per tutti”.
Tutto risolto, quindi? Chiaramente no. “Una “
quarta riforma” come potete immaginare non si fa dalla mattina alla sera”, ammette Cavicchi.
Perché “per farla ci vuole, una titolarità politica, una strategia una organizzazione e delle persone adatte. Le persone e le idee sono la questione più delicata. Per riformare servono dei riformatori cioè gente che sappia pensare una sanità altra. A costoro bisogna affidare il
compito di promuovere la riforma e di coordinare la discussione nella quale ovviamente vanno coinvolti tutti”.
E come? Per Cavicchi “si potrebbe cominciare mettendo su da qualche parte (il “
non luogo” non è casuale anche se sarebbe preferibile una sede istituzionale) un
board per studiare la fattibilità dell’idea. Questo
board potrebbe in un arco di tempo ragionevole redigere un rapporto che prepari le basi per redigere successivamente con i soggetti istituzionali appropriati la riforma vera e propria”.
Perché “il progetto viene prima della norma”, conclude Cavicchi.
C.F.