Garantire il diritto alla salute delle persone private della libertà personale facilitando l’operato dei medici attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Con questo obiettivo Federsanità Anci e il Ministero della Giustizia (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità, Direzione Generale Sistemi Informativi e Automatizzati) hanno siglato un Protocollo d’Intesa per sostenere la cura della salute del detenuto, dall’ingresso in carcere, durante la permanenza negli Istituti di Pena e fino alla fine del suo periodo di detenzione, fornendo concrete opportunità di riqualificazione professionale e favorendo la condivisione e la gestione dei dati sanitari dei detenuti per migliorare la comunicazione relativamente alla continuità dei processi di cura.
Con il decreto DL 230/99 e successivo D.P.C.M. 1 aprile 2008, le Regioni hanno assunto la piena competenza della sanità in tutti gli Istituti Penitenziari con il fine di garantire uniformità di assistenza sanitaria su tutto il territorio nazionale nonché standard preventivi, di pronto intervento e di assistenza e continuità di cura per i detenuti.
“Molte Aziende Sanitarie Locali – ha spiegato
Angelo Lino Del Favero, Presidente di Federsanità Anci - con il passaggio delle competenze sanitarie dalla Autorità Penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, si sono trovate a far fronte a una serie di problematiche logistiche, oltre che sanitarie, molto diverse da quelle che quotidianamente vengono gestite sul territorio o all’interno degli Ospedali. Il passaggio di competenza sta comportando un cambiamento multidimensionale sia nell’organizzazione dei servizi, che richiede competenze nuove e quindi un’opportunità di riqualificazione degli operatori, sia un cambiamento tecnologico indotto dalla dematerializzazione della documentazione e dall’utilizzo di strumenti innovativi per garantire una continuità nella comunicazione a salvaguardia della salute del Detenuto. In questa prospettiva – ha detto - si configura la necessità di promuovere un’attività di medicina 'in rete' nelle Carceri che contempla l’impiego di soluzioni innovative anche per gli Istituti di Pena”.
“Bisogna cambiare il modo di ‘fare’ sanità all’interno delle carceri – ha aggiunto
Lucio Alessio D’Ubaldo, segretario generale della Confederazione - non solo in funzione della mutata forma giuridica del servizio, ma soprattutto nel rapporto con l’uomo e la donna detenuti. Federsanità ANCI in forza dell’Accordo siglato con il Ministero della Giustizia il 3 luglio 2015, ha costituito con lo stesso un Tavolo di Lavoro finalizzato proprio alla definizione di un modello innovativo di gestione della salute all’interno degli Istituti di Pena che prevede l’adozione del Diario Clinico del Detenuto, sia per gli effetti di continuità terapeutica che tale strumento può garantire in caso di trasferimento di un detenuto, sia per gli effetti che ha sulla riservatezza medica e sulla trasparenza delle informazioni in caso di accesso a esse per indagini o approfondimenti di situazioni critiche”.
Una maggiore disponibilità di informazioni e la circolarità delle stesse fra gli Operatori dei processi sanitari contribuisce in modo evidente al miglioramento della salute e all’abbattimento dei costi. Il Protocollo d’Intesa punta al raggiungimento di questi obiettivi mediante una revisione profonda delle attuali modalità organizzative-operative, basata sulla “digitalizzazione” dei dati sanitari in ambito penitenziario.
“È un paziente diverso quello che incontriamo in carcere ed al quale – ha sottolineato
Luciano Lucania, Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria - pur nel rispetto delle norme generali e delle regole dell’istituzione, va data una risposta sanitaria del tutto peculiare, non diversa, ma specifica. Il protocollo siglato da Federsanità ANCI va nella direzione di fare dell’attività sanitaria in ambito penitenziario un altro tassello dell’offerta del Servizio Sanitario Nazionale. Ho sempre creduto in questo principio, fondante la riforma, pur in presenza di una medicina penitenziaria che è spesso medicina sociale, delle marginalità, delle problematiche di salute amplificate dalla detenzione, di quel disagio che dalle periferie esistenziali spesso si sposta alle carceri. Non è un contesto facile, né facilmente gratificante. Ma è un contesto di sanità vera, dove sì contano le capacità professionali, ma ancor di più quelle umane”.