La nuova direttiva del 2014 sui prodotti del tabacco è valida. La conferma è arrivata dalla Corte di Giustizia europea che ha respinto il ricorso della Polonia, sostenuta dalla Romania, contro la standardizzazione dei formati dei pacchetti e degli avvertimenti sulla nocività, contro il bando delle sigarette al mentolo entro il 20 maggio 2020 e sul regime specifico per le sigarette elettroniche.
Per quanto riguarda anzitutto il divieto delle sigarette al mentolo, la Corte rileva che i prodotti del tabacco contenenti un aroma caratterizzante (che si tratti del mentolo o di un altro aroma) presentano, da un lato, caratteristiche obiettive analoghe e, dall’altro, effetti simili sull’iniziazione al consumo di tabacco e sul mantenimento del tabagismo. Essa ricorda che il mentolo, per la sua gradevolezza, ha lo scopo di rendere i prodotti del tabacco più desiderabili per i consumatori e che la riduzione dell’attrattività di tali prodotti può contribuire a diminuire la diffusione del tabagismo e della dipendenza sia presso i nuovi consumatori che presso i consumatori abituali.
La Corte constata poi che, quando la direttiva è stata adottata, sussistevano significative divergenze tra le regolamentazioni degli Stati membri, in quanto alcuni di essi avevano predisposto diversi elenchi di aromi autorizzati o vietati, mentre altri non avevano adottato al riguardo alcuna regolamentazione specifica. Inoltre, la Corte ritiene che, vietando l’immissione in commercio di prodotti del tabacco contenenti un aroma caratterizzante, la direttiva prevenga un siffatto sviluppo eterogeneo delle regolamentazioni degli Stati membri. Di conseguenza, la Corte afferma che un simile divieto agevola il buon funzionamento del mercato interno dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati ed è al contempo idoneo ad assicurare un livello elevato di protezione della salute umana, soprattutto per i giovani.
Peraltro, la Corte dichiara che il legislatore dell’Unione poteva legittimamente, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, imporre un siffatto divieto, poiché le misure meno vincolanti raccomandate dalla Polonia non appaiono altrettanto idonee a realizzare l’obiettivo perseguito. Infatti, secondo la Corte, né l’innalzamento, per i soli prodotti del tabacco contenenti un aroma caratterizzante, del limite di età a partire del quale sia consentito il consumo, né il divieto della vendita transfrontaliera dei prodotti del tabacco, né infine l’apposizione sull’etichettatura di un’avvertenza relativa alla salute indicante che i prodotti del tabacco contenenti un aroma caratterizzante sono tanto nocivi per la salute quanto gli altri prodotti del tabacco sono idonei a ridurre l’attrattività di tali prodotti e, quindi, a prevenire l’iniziazione al consumo di tabacco delle persone la cui età sia superiore al limite stabilito. Da ultimo, la Corte dichiara che un simile divieto non viola il principio di sussidiarietà.
Per quanto riguarda la standardizzazione dell’etichettatura e del confezionamento dei prodotti del tabacco, la Corte precisa anzitutto che gli Stati membri possono mantenere o introdurre ulteriori disposizioni unicamente per quanto riguarda gli aspetti del confezionamento dei prodotti del tabacco non armonizzati dalla direttiva.
Quanto al divieto di apporre sull’etichettatura delle confezioni unitarie, sull’imballaggio esterno nonché sul prodotto del tabacco in sé di qualunque elemento o caratteristica che possano contribuire a promuovere tali prodotti o a incoraggiare il loro consumo, anche se detti elementi o caratteristiche sono materialmente esatti, la Corte ritiene che siffatto divieto, da un lato, sia idoneo a tutelare i consumatori contro i rischi connessi al tabagismo e, dall’altro, non ecceda i limiti di quanto è necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito. Essa dichiara inoltre proporzionate le norme concernenti, in sostanza, l’integrità delle avvertenze relative alla salute dopo l’apertura del pacchetto, la collocazione e le dimensioni minime delle avvertenze relative alla salute nonché la forma delle confezioni unitarie delle sigarette e il numero minimo di sigarette per confezione unitaria.
La Corte constata inoltre che il legislatore dell’Unione non ha ecceduto i limiti di quanto è adeguato e necessario prevedendo che ciascuna confezione unitaria o imballaggio esterno debba recare avvertenze combinate relative alla salute costituite da un messaggio e da una fotografia a colori, le quali occupino il 65% della superficie esterna tanto del fronte quanto del retro di ciascuna confezione.
Quanto al regime specifico applicabile alle sigarette elettroniche, che in particolare prevede un obbligo per i fabbricanti e gli importatori di notificare alle autorità nazionali eventuali prodotti che intendono immettere sul mercato (unitamente ad un obbligo di standstill di sei mesi), specifiche avvertenze, un tenore massimo in nicotina di 20 mg/ml, un obbligo di allegare un foglietto, un divieto particolare della pubblicità e della sponsorizzazione nonché obblighi di relazione annuale, la Corte rileva che tali sigarette presentano caratteristiche obiettive diverse da quelle dei prodotti del tabacco. Pertanto, assoggettando dette sigarette ad un regime giuridico distinto e, peraltro, meno restrittivo rispetto a quello applicabile ai prodotti del tabacco, il legislatore dell’Unione non ha violato il principio di parità di trattamento.
Inoltre, la Corte osserva che, tenuto conto dell’espansione del mercato delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica, le disposizioni nazionali che disciplinano i requisiti cui devono essere conformi tali prodotti sono per loro stessa natura idonei, in assenza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, a costituire ostacoli alla libera circolazione delle merci. La Corte rileva altresì che, autorizzando gli Stati membri a vietare la vendita a distanza transfrontaliera di sigarette elettroniche nonché dei contenitori di liquido di ricarica ed imponendo talune norme comuni agli Stati membri che non la vietano, la direttiva consente agli Stati membri di impedire che le norme di conformità siano eluse.
La Corte sottolinea che i rischi attuali e potenziali connessi all’utilizzo di sigarette elettroniche hanno indotto il legislatore dell’Unione ad agire in conformità con le condizioni imposte dal principio di precauzione. Al riguardo, non risulta che l’assoggettamento delle sigarette elettroniche ad un regime di notifica sia manifestamente inadeguato o che ecceda manifestamente quanto necessario per conseguire l’obiettivo considerato dal legislatore dell’Unione. Peraltro, la Corte respinge l’argomento secondo cui l’obbligo imposto ai fabbricanti e agli importatori di sigarette elettroniche e di contenitori di liquido di ricarica di fornire annualmente alle autorità competenti degli Stati membri determinati dati atti a consentire a tali autorità di vigilare sugli sviluppi del mercato violerebbe i principi di proporzionalità e di certezza del diritto. Allo stesso modo, fissando a 20 mg/ml il tenore massimo in nicotina che può essere contenuto nel liquido delle sigarette elettroniche, il legislatore non ha agito in modo arbitrario né ha manifestamente ecceduto i limiti di quanto fosse adeguato e necessario per conseguire l’obiettivo della direttiva.
La Corte dichiara parimenti che non è sproporzionato richiedere che le confezioni unitarie delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica rechino un foglietto separato, e che non è neppure sproporzionato vietare, in sostanza, le comunicazioni commerciali e la sponsorizzazione a favore delle sigarette elettroniche e dei contenitori di liquido di ricarica. Inoltre, il divieto posto agli operatori economici di promuovere i loro prodotti non pregiudica il contenuto essenziale della libertà d’impresa e del diritto di proprietà riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. La Corte rileva infine che il regime specifico applicabile alle sigarette elettroniche non viola il principio di sussidiarietà.