Il ddl sulla responsabilità professionale prevede l’azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti dell’esercente la professione sanitaria in caso di dolo o colpa grave. Ma siamo proprio sicuri che l’azienda possa effettuare l’azione di rivalsa e che quest'ultima sia compatibile con l'attuale assetto giurisdizionale? Questa domanda è indotta dalle perplessità che, ovviamente in ambito pubblico, scaturiscono dal rapporto tra questo istituto e l'istituto della responsabilità amministrativa (per danno erariale) presidiato, da un lato, dalla esclusività sia della legittimazione ad agire (attribuita alla Procura della Corte dei Conti e non all'ente pubblico danneggiato) che del potere giurisdizionale (appunto della Corte dei Conti e non del giudice ordinario) e, dall'altro, da uno “statuto” sostanziale peculiare rispetto a quello che connota la responsabilità civilistica.
L'istituto della responsabilità amministrativa è stato, infatti, nel tempo configurato come un genus distinto ed autonomo, definito sulla base di peculiari caratteristiche dettate dalla legge, diverse ed originali rispetto alle regole della responsabilità civile: personalità, intrasmissibilità agli eredi, limitazione al dolo e alla colpa grave, salvezza delle scelte discrezionali, determinazione del quantum con l’uso del potere riduttivo, ricorrenza anche nei confronti di amministrazioni diverse da quella d’appartenenza (con grave compromissione della pretesa natura contrattuale), tutte caratteristiche sostanziali che, appunto, ben giustificano, da un lato, l’affidamento della materia a un giudice diverso da quello ordinario e, dall'altro, l'esclusività del potere di azione da parte dell'organo terzo costituito dalla Procura presso la stessa Corte dei Conti.
In conclusione, il carattere di generalità ormai riconosciuto alla giurisdizione della Corte dei conti e la natura autonoma ed originale della responsabilità gravante per legge sul dipendente per danno arrecato alla pubblica Amministrazione (di questo si tratta infatti quando si parla di ipotesi di rivalsa dell'azienda condannata per risarcimento del danno verso il proprio dipendente, non direttamente chiamato in giudizio dal creditore-danneggiato) sembrerebbero motivi idonei a dirimere in radice la possibilità della “convivenza” (e quindi dei possibili “conflitti”) con la giurisdizione civile, data l’esclusività in materia della giurisdizione della Corte dei conti e, conseguentemente, dell’azione intestata al Procuratore contabile.
In caso contrario, si verificherebbe l’assurdo per cui, se l’Amministrazione chiama a rispondere il suo dipendente davanti al giudice ordinario, si applicherebbe un tipo di responsabilità (quella di diritto civile) e se invece è il Procuratore regionale della Corte dei conti a convenirlo davanti alla Magistratura contabile si applicherebbero regole completamente diverse, quanto alla prescrizione, al quantum ecc., le regole, appunto, della responsabilità amministrativa.
In tale prospettiva, non sembra risolutiva la previsione contenuta nel ddl sulla responsabilità professionale, in base al quale, in caso di esercizio dell'azione presso la Corte dei Conti, diverrebbe improcedibile la domanda di rivalsa della struttura sanitaria verso il professionista dipendente: l'esclusività dell'azione da parte della Procura presso la Corte dei Conti e della giurisdizione della stessa Corte dei Conti per danno all'erario - esclusività, si evidenzia, presidiata dalla Costituzione - sembrerebbe infatti radicalmente ed
ab initio impedire la stessa “possibilità” di procedere in via autonoma da parte della struttura sanitaria davanti al giudice ordinario. In realtà, tale meccanismo, che si presenta come un dispositivo di soluzione preventiva di un eventuale conflitto di giurisdizione (e di giudicato), sconta un assunto (quello dell'astratta possibilità di vita autonoma dell'azione di rivalsa davanti al giudice ordinario) che appare in contrasto con il presupposto della esclusività della giurisdizione della Corte dei Conti appena richiamato.
Del resto, quale ulteriore elemento di perplessità, si evidenzia che la struttura sanitaria (o, meglio, il rappresentante legale e/o i suoi uffici) è già obbligata per legge a denunciare presso la Procura della Corte dei Conti eventuali notizie di danno erariale come quelle che, in ipotesi, legittimerebbero l'azione di rivalsa di cui si discute. E in tal senso non si comprende come l'azione di rivalsa potrebbe essere efficacemente coltivata senza ineluttabilmente incrociare l'azione della Procura della Corte dei Conti destinataria della suddetta, obbligatoria denuncia da parte della stessa struttura sanitaria.
Tiziana Frittelli
Vicepresidente di Federsanità