16 marzo - “Gli internati vivono in condizioni disumane” ha denunciato la Commissione del Senato che ha visitato le sei strutture giudiziarie italiane. In un documentario ha raccontato l’inferno dei dimenticati: muri cadenti, malati abbandonati nella sporcizia e senza cure, tre Opg da chiudere, subito, e 360 internati da dimettere.
Pareti scrostate, pavimenti danneggiati. Macchie di urina, umidità, muffa, fili elettrici scoperti. Letti metallici con spigoli vivi, arrugginiti. Coperte e lenzuola strappate, sporche. Lerciume, ovunque. Letti di contenzione con un foro sul materasso e un altro sulla rete per lasciare gli escrementi scivolare giù, nel bagno alla turca sottostante, lurido. E poi i volti degli internati, i loro occhi. Angoscia e disperazione. È un pugno allo stomaco il documentario choc realizzato negli Ospedali psichiatrici giudiziari durante i blitz della Commissione d’inchiesta sul Ssn, proiettato stamani nella Sala Nassirya al Senato. Una sequenza di immagini , che documentano l’inferno dei dimenticati. Detenuti che dovrebbero essere dimessi da mesi, da anni perché non più pericolosi. Persone rinchiuse anche se hanno commesso un reato minore, e mai più uscite a causa di proroghe senza fine che li ha condannati a scontare una sorta di ergastolo bianco.
Qui la malattia mentale è ancora uno stigma. Una ferita da nascondere alla società sulla quale i senatori della Commissione d’inchiesta del Senato hanno puntato i riflettori.
E il quadro emerso dall’indagine condotta nei sei Opg – Castiglione delle Stiviere (Mn), Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino (Fi), Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto (Me) – è senza ombra di dubbio sconfortante: in queste strutture che avrebbero dovuto sostituire i manicomi criminali, tutto è rimasto immobile, inalterato. Fermo agli anni trenta. “Sono talebani, ma la differenza è che qui ci uccidono pian piano” racconta un internato guardando con fermezza nell’obiettivo della telecamera.
Secondo i dati raccolti dai parlamentari su 376 internati dichiarati ‘dimissibili’, per ora solo 65 sono stati effettivamente rilasciati, mentre per altri 115 è stata prevista una proroga della pena. Di questi ultimi, solo cinque sono ancora internati perché ritenuti socialmente pericolosi. Tutti gli altri non sono stati liberati perché non hanno una famiglia che li accolga e il territorio, le Asl competenti, non sono in grado di farsene carico. Eppure i fondi non mancano: sul piatto ci sarebbero 10 milioni di euro stanziati dal Governo, 5 dal ministero della Salute e 5 dalla Giustizia. Fondi che consentirebbero alle Regioni di garantire cure adeguate a questi pazienti.
“Si rimane abbandonati per anni in queste strutture – ha spiegato il presidente della Commissione d’inchiesta, Ignazio Marino – c’è chi nel 1992 ha fatto una rapina da settemila lire fingendo di avere una pistola in tasca ed è ancora rinchiuso. Non possiamo tollerare che esseri umani vengano trattati in questo modo”. (Vedi intervista pubblicata su Qs).
Ci sono, realtà come quella di Reggio Emilia dove gran parte dei dimissibili hanno già lasciato la struttura, ha aggiunto Marino: “Speravamo di poter fare molto e al più presto, ma abbiamo bisogno di collaborazione delle realtà sanitarie locali. Anche i territori devono acquistare consapevolezza riguardo ai diritti di queste persone: non dobbiamo tollerare degrado e condizioni di vita incompatibili con il più elementare rispetto della dignità e lesivi dei principi della nostra Costituzione”.
L’obiettivo è arrivare alla liberazione dei 360 internati dimissibili e alla chiusura di almeno tre Opg su sei, con l’individuazione di nuove strutture a custodia attenuata da destinare al trattamento sanitario degli internati.
“Gli ospedali psichiatrici giudiziari – ha affermato il senatore Michele Saccomanno, relatore di maggioranza dell’inchiesta sulla salute mentale – devono essere superati. Sono una vergogna. Non possiamo più ignorare, di fronte agli ultimi fatti di cronaca e alle risultanze dell’indagine effettuata dalla Commissione d’inchiesta, le condizioni disumane e di degrado in cui vivono questi cittadini. Lo sforzo economico a sostegno della riabilitazione e della presa in carico di questi cittadini da parte della sanità regionale non solo è possibile, ma rappresenta un impegno concreto preso da Governo e Parlamento per cancellare questa vergogna”.
Dello stesso parere Daniele Bosone, relatore di minoranza dell’inchiesta: “È indispensabile che l’aspetto sanitario prevalga su quello carcerario: attualmente, infatti, le condizioni in cui i pazienti sono costretti a vivere costituiscono un insulto alla dignità dell’essere umano e nulla hanno a che fare con la cura delle malattie mentali. Dobbiamo creare cultura per far capire al Paese che queste situazioni vanno superate definitivamente”.
E.M.