E’ naturale che l’intervista di oggi alla
Repubblica di
Yoram Gutgeld, che del premier
Matteo Renzi è uno strettissimo collaboratore, abbia lasciato nello sconforto chiunque si occupi di sanità.
Qs con molta tempestività ha svolto un eccellente lavoro di ermeneutica dimostrando che i 10 miliardi di risparmi sono in realtà riferiti all’insieme degli interventi di spending review (di cui la sanità è solo una piccola parte) e che le manovre di razionalizzazione sulla sanità sono in realtà già in fieri e che quindi non si dovrebbero paventare misure aggiuntive
Eppure il timore che le cose non siano così e che il recente taglio di 2.352 miliardi, da nessuno rivendicato come proprio ma da tutti accettato con l’esclusione di Maroni e Zaia, sia solo un antipasto rispetto a quanto potrebbe essere contenuto nella legge di stabilità di settembre, è più che legittimo. Anzi si potrebbe considerare come una morte annunciata, come del resto
sembra ammettere la stessa ministra Lorenzin.
La cosa che più turba nella intervista dell’attuale commissario alla spending review, che peraltro continua a citare il lavoro di Cottarelli, messo brutalmente alla porta , senza alcuna ragione plausibile, è la mancanza di ogni riferimento alla attuale, disastrosa, condizione in cui versa il nostro SSN.
E a tal riguardo basta leggere da un lato cosa scrive la Commissione Igiene e sanità del senato nella sua recentissima relazione sulla sostenibilità del SSN e dall’altro i recenti dati dell’OCSE che dimostrano a che basso livello sia giunto il finanziamento dello stesso.
Tali documenti importanti perché elaborati da due istituzioni di primissimo livello, evidentemente vengono considerati totalmente privi di importanza da parte di Gutgeld e lo stesso dicasi dell’ordine del giorno recante le firme di De Biasi e Dirindin fatto proprio dal governo in sede di approvazione del DPEF con cui è stato introdotto l’impegno a carico del governo medesimo ad assicurare il mantenimento dei livelli e della qualità del SSN anche in termini di risorse messe a disposizioni.
Nell’intervista sono contenute poi delle banalità talmente evidenti da non fare certo onore a chi riveste un ruolo così importante all’interno del governo come quello riferito agli ospedali che sprecano risorse senza garantire livelli accettabili di qualità.
Tutti sanno che questo è il problema numero uno della sanità e che a legislazione vigente i soggetti unicamente titolati alla risoluzione di tali problemi sono le regioni e non certo lo stato. Cosa propone allora Gutgeld di ridurre selettivamente i fondi alle regioni che non raggiungeranno livelli prefissati di qualità? Una soluzione sicuramente auspicabile , in parte già attuata, ma difficilmente realizzabile in maniera più consistente e che richiede comunque un rafforzamento del ruolo dello Stato e dei suoi organismi di verifica di cui non si è mai parlato in modo serio.
Resta poi il fatto che a fronte di un così basso livello di finanziamento del nostro SSN i risparmi eventualmente realizzati dovrebbero restare all’interno della sanità ed essere impiegati per potenziare prevenzione / promozione della salute e cure primarie, settori in cui siamo drammaticamente carenti, e non certo per ridurre le tasse. Cosa del resto già prevista nella bozza di Patto per la salute e totalmente disattesa dai recenti provvedimenti del governo con cui sono stati introdotti nuovi tagli lineari del fondo sanitario
Qual è dunque la motivazione che ha spinto Gutgeld ad alzare questo polverone sulla sanità? Se in effetti va attribuita alla Repubblica la responsabilità di un titolone fuori misura rispetto al contenuto dell’ intervista medesima non credo che questo sia avvenuto per caso o che a Gutgeld la lettura del giornale abbia provocato un intenso dispiacere.
Ieri Renzi ha lanciato la sua fatwa contro le tasse e oggi uno dei suoi uomini dei conti l’ha tradotta in cifre e conoscendo il modo sincrono in cui lavorano i Renzi boys (da Chiamparino a Fassino) c’è da essere sicuri che tutta la squadra si muoverà come un “sol uomo” secondo le migliori e già ampiamente sperimentate tradizioni.
Il tempo è galantuomo ma l’impressione anzi la certezza è che per la sanità e lo Stato sociale il bello debba ancora venire.
Roberto Polillo