“Verificare se la situazione del precariato pubblico scolastico e non scolastico in Italia non sia palesemente in contrasto con la citata direttiva n. 1999/70/CE e con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26/11/2014” e “ attivare ogni iniziativa possibile, tra cui il ricorso alla Corte di giustizia per inadempimento, al fine contrastare l’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego in Italia e tutelare i diritti dei lavoratori sanciti dalle direttive europee”. Queste le richieste contenute nell'interrogazione alla commissione Ue in tema di precariato nel pubblico impiego depositata al Parlamento europeo da parte dall’eurodeputato,
Eleonora Forenza (L’Altra Europa con Tsipras).
Nell’interrogazione si ricorda come “la Corte di Giustizia con la sentenza “Mascolo” del 26/11/2014, che ha effetti per tutto il pubblico impiego, ha condannato l’Italia per l’assenza di misure efficaci atte a sanzionare e prevenire l’utilizzo abusivo dei contratti a tempo determinato da parte della Pubblica amministrazione” mettendo “in evidenza che tale abuso è stato operato in contrasto con la Direttiva n. 1999/70/CE recepita nell'ordinamento italiano con D.Lgs.. 368/2001”.
Inoltre, si specifica come “la Commissione europea ha contestato allo Stato italiano la violazione delle clausola 4 e 5 della direttiva 70/1999/CE, rilevando tra l’altro che in diversi casi, risultano esserci trattamenti sfavorevoli di dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato rispetto a quelli con contratto a tempo indeterminato”.
Ma per Forenza la situazione non è mutata. Nell’allegato esplicativo l’europarlamentare evidenzia come “nel pubblico impiego non scolastico con contratto a tempo determinato, che comprende una platea di oltre 250 mila lavoratori, anche dopo la sentenza “Mascolo” della Corte di Giustizia, i tribunali italiani continuano a non applicare sia il risarcimento del danno, sia la conversione del contratto, negando ogni forma di tutela al lavoratore che, in seguito all’utilizzo abusivo dei contratti a tempo determinato da parte della Pubblica amministrazione, ha fatto ricorso alla Magistrature del lavoro”.
Inoltre, “ad oggi la riforma del contratto a termine in Italia ha escluso dalle misure preventive della clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro comunitario diverse categorie di lavoratori , tra cui il personale a tempo determinato, compreso quello con qualifica dirigenziale, alle dipendenze del Ssn, tutto il personale a tempo determinato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il personale educativo e scolastico a tempo determinato delle scuole pubbliche gestite dagli Enti locali, il personale docente e ATA supplente delle scuole statali”.
Una situazione che per Florenza finisce “per svuotare di ogni contenuto i principi, gli obiettivi e le regole minime di tutela della direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di giustizia”.