Stiamo assistendo in questi giorni all’ennesimo e improduttivo scontro tra professioni: da una parte gli infermieri che assistono in base ai loro contenuti professionali e coerentemente con il quadro giuridico del nostro Paese; dall’altra i medici che contestano con forza scelte di programmazione e organizzazione sanitaria che valorizzano le capacità, l'esperienza e l'upgrading formativo e gestionale degli infermieri stessi.
Pare proprio non esserci alcuna volontà di un confronto costruttivo.
Alzare il tono della polemica non giova a nessuno; i toni alti favoriscono unicamente le frange oltranziste delle due famiglie professionali. Frange che non vogliono confrontarsi sui problemi quotidiani, sulla necessità ineludibile del sistema di innovarsi ed evolvere e di dare risposte appropriate, rapide e razionali agli assistiti e ai cittadini che accedono ai servizi sanitari.
E di nuovo (perché alle volte ritornano...) l'oggetto del contendere è il modello organizzativo "See&Treat" che, in questo caso, è sceso in Lazio ed è stato fatto proprio dall'ASL Roma C. L'obiettivo del "See&Treat" è quello di snellire i flussi dei cittadini nei Pronto soccorso e di garantire una presa in carico rapida, perita ed adeguata a coloro a cui sono stati attribuiti dall'infermiere "triagista" codici di medio alta gravità e superare le lunghe attese per tutti gli altri.
Protocolli elaborati e condivisi da medici e da infermieri con una formazione ad hoc per questi ultimi al fine di strutturare e rafforzare ulteriormente la loro specifica esperienza, sono la base del "See&Treat" che ha garantito buoni risultati e soddisfazione a cittadini e professionisti lì dove è utilizzato
Ma il Presidente dell'
Ordine dei medici di Roma - insieme a numerose sigle sindacali di tutte le origini - contesta l'idea “di attrarre pazienti in una struttura e in un contesto operativo senza i requisiti necessari a prendere in carico quelle presunte ‘urgenze minori’ che all'atto pratico non dovessero rivelarsi tali, sia sul momento della valutazione sia dopo l’avvenuta dimissione”.
E ritornano - dai remoti tempi del profilo professionale, anno domini 1994 - le preoccupazioni che gli infermieri nuocciano ai pazienti, che siano incapaci, irresponsabili e operativi in una specie di deserto dei Tartari.
Bene ha fatto la
Presidente del Collegio Ipasvi della capitale ad invitare tutti ad abbassare i toni, a non diffondere ingiustificati allarmi e a non seminare sfiducia tra i cittadini, ma soprattutto bene ha fatto a ribadire la piena disponibilità a un confronto aperto e propositivo a cui, io, aggiungo l'invito a che il confronto sia scevro da posizioni ideologiche.
Le grida manzoniane non hanno salvato nessuno dalla peste. I professionisti della sanità si siedano a un tavolo e decidano e propongano assieme le vie migliori per garantire ai pazienti la migliore assistenza. Il disseminare sospetti e aumentare la sfiducia nelle istituzioni è pericoloso e rischia di contribuire a segare il ramo dell'albero su cui siamo seduti insieme ai cittadini e alle loro aspettative.
Deve essere impegno di tutti evitare di rendere tesi i rapporti inter professionali e i rapporti tra i cittadini e le strutture sanitarie nelle quali dovrebbero trovare serenità e le risposte migliori e più tempestive ed appropriate ai loro bisogni di salute.
Annalisa Silvestro
Senatrice Pd e membro del Comitato centrale della Federazione Ipasvi