"Intervenire con apposite iniziative di tipo legislativo per salvaguardare l'efficienza delle reti per le cure palliative in cui operano i medici che risultano privi dei requisiti richiesti dal comma 2 dell'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2015, ma che ne hanno le competenze e predisporre atti di indirizzo nei confronti delle Regioni, al fine di ammettere alla partecipazione dei concorsi pubblici per i servizi di emergenza e urgenza degli enti, i professionisti che hanno operato nelle reti delle cure palliative con contratti di lavoro diversi da quelli di tipo subordinato, ai sensi del comma 4 dell'art. 6 del Decreto che darebbe la possibilità al personale medico con almeno 5 anni di prestazione continuativa antecedenti alla scadenza del bando concorsuale, di partecipare al concorso anche se non in possesso del diploma di specializzazione". Questa, in sintesi, la rischiesta di
Luigi d'Ambrosio Lettieri, è quanto chiede, capogruppo di Fi nella 12° Commissione Sanità del Senato, in una interrogazione urgente al ministro della Salute.
“La legge n. 38 del 2010 recante 'Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore' tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore - afferma il senatore di Fi - uno degli aspetti attuativi della legge è quello previsto dall'articolo 5, che fa riferimento alle reti nazionali. In particolare, al comma 2 dell'articolo 5, la legge individua i profili professionali e di specializzazione specifici dei medici che andranno a comporre le reti nazionali”.
Alcune indagini condotte dalla Federazione cure palliative (Fcp) e della Società italiana di cure palliative (Sicp) indicano che la metà dei medici palliativisti non possiede neanche una delle specialità indicate dalla legge n. 38 del 2010 e un terzo non ha alcuna specialità. “Si tratta, comunque - spiega d’Ambrosio Lettieri - di professionisti con diversi anni di esperienza, detentori delle più elevate competenze nel nostro Paese, gli stessi che hanno contribuito a fare la storia delle cure palliative italiane, permettendone lo sviluppo in una fase pionieristica e che rappresentano una risorsa indispensabile per garantire l'attività di assistenza ai pazienti”.
Concretamente la questione ha trovato soluzione nell'art. 1, comma 425, della legge n. 147 del 2013, dove è disposto che “i medici in servizio presso le reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private accreditate, anche se non in possesso di una specializzazione, ma che alla data di entrata in vigore della legge possiedono almeno una esperienza triennale nel campo delle cure palliative, certificata dalla regione di competenza, sono idonei ad operare nelle reti dedicate alle cure palliative pubbliche o private accreditate". Tale disposizione ha trovato ulteriore riscontro nell'intesa sancita il 22 gennaio 2015 tra il Governo e la Conferenza Stato-Regioni.
“Il problema - sottolinea il senatore - è che il decreto firmato dal Ministro il 2 marzo scorso che permette la stabilizzazione di migliaia di lavoratori precari del Servizio sanitario nazionale attraverso procedure concorsuali riservate al personale del comparto sanità e a quello appartenente all'area della dirigenza medica e del ruolo sanitario, prevede l’accesso concorsuale solo ai medici con contratti di lavoro subordinato anche a tempo determinato, escludendo di fatto tutti i medici con contratti di lavoro atipici, flessibili e libero-professionali”.
L'esclusione dalle procedure concorsuali dei profili professionali richiamati nella legge n. 147 del 2013 non assicurerebbe l'erogazione di prestazioni di qualità e di alta specializzazione determinando, inoltre, la dispersione di quel bagaglio di conoscenze e competenze acquisito durante gli anni di lavoro accanto ai pazienti assistiti nella rete di cure palliative. “Appare, dunque, indispensabile - conclude d’Ambrosio Lettieri - consentire, ai medici che per numerosi anni hanno operato, con contratti di lavoro di tipo privatistico, nelle strutture pubbliche e private erogatrici di cure palliative, di proseguire il loro lavoro per garantire assistenza adeguata ai pazienti terminali e preservare il cospicuo patrimonio di competenze professionali acquisito sul campo”.