L’Agenzia Italiana del Farmaco intende ribadire in modo inequivocabile, come da mandato istituzionale, la sua posizione a tutela della Salute pubblica attraverso un uso consapevole e sicuro dei farmaci e la sua contrarietà a ogni forma di allargamento dei punti vendita dei medicinali, che esporrebbe con certezza i cittadini a maggiori rischi.
I dati numerici recentemente diffusi dall’AIFA, a differenza di quanto interpretato in maniera singolare dai rappresentanti
delle parafarmacie e dai loro sostenitori, dimostrano l’assenza di qualsiasi vantaggio e di qualsiasi forma di guadagno per i pazienti. A preoccupare l’Agenzia sono i toni che richiamano, in qualche modo, la mercificazione della salute: il farmaco è un bene etico e non può essere considerato un oggetto di consumo che necessita dell’aumento dei punti vendita per facilitarne l’uso e per perseguire esclusivamente interessi di mercato con tutte le conseguenze che si possono immaginare. Si può forse negare questa evidenza? La domanda è semplicissima: aumentare i punti vendita dei farmaci ne aumenterebbe o ne ridurrebbe il consumo? Le cifre certificate lasciano poco spazio a opinioni e personalismi: la risposta di chiunque non sia in malafede o portatore di interessi personali non può che essere indiscutibilmente chiara: il consumo, inevitabilmente, aumenterebbe.
L'Agenzia Italiana del Farmaco ha provveduto a pubblicare in piena trasparenza, come avviene ormai da anni, i dati relativi al monitoraggio periodico della spesa e del consumo dei farmaci, compreso dei SOP/OTC. Al riguardo, differentemente da qualsiasi parere corporativo, l'AIFA non intende difendere o tutelare altri interessi che quelli della salute umana.
La pubblicazione sulla serie storica dei dati nazionali del mercato dei farmaci di fascia C con ricetta e SOP/OTC e con la piena cognizione degli interventi regolatori che nel tempo sono stati predisposti, grazie anche al contributo tecnico dell'Agenzia stessa, consente di analizzare le differenze registrate dal 2006 al 2013 (i dati del 2014 sono come noto in corso di elaborazione finale).
Riguardo all'andamento nel tempo del consumo di medicinali SOP/OTC, è fuor di dubbio che questa categoria abbia avuto una minore contrazione del consumo rispetto ai medicinali di fascia C con ricetta.
Come si può verificare dalla tabella già pubblicata ieri, l'aggiunta dei tassi medi di crescita annuale sia nel caso in cui sia escluso il periodo 2012-2013, così come nel caso in cui sia compreso, evidenzia una riduzione percentuale del consumo comunque inferiore del SOP/OTC, rispetto ai medicinali di fascia C con ricetta.
Consumi in
milioni di confezioni |
2006
|
2007
|
2008
|
2009
|
2010
|
2011
|
2012
|
2013
|
var%
2013/2006
|
CAGR%
2011/2006
|
CAGR%
2013/2006
|
C con ricetta |
299
|
297
|
296
|
288
|
283
|
284
|
267
|
252
|
-15,7%
|
-1,0%
|
-2,4%
|
SOP e OTC |
311
|
316
|
311
|
325
|
308
|
300
|
280
|
288
|
-7,4%
|
-0,7%
|
-1,1%
|
Totale fascia C |
610
|
613
|
607
|
613
|
591
|
584
|
547
|
540
|
-11,5%
|
-0,9%
|
-1,7%
|
Tale andamento non è un'interpretazione, ma un fatto: la spesa dei farmaci di fascia C con ricetta nel 2013, rispetto al 2006, si è ridotta di 91 milioni di euro, mentre, al contrario, quella dei SOP/OTC è cresciuta di 204 milioni di euro. Tale risultato, indipendentemente da qualsiasi intervento nella serie storica, è stato conseguito rispettivamente a fronte di una decrescita media annuale della spesa a carico del cittadino del -0,4% per i farmaci C con ricetta, ed una crescita media annuale della spesa del +1,3% per i farmaci C SOP/OTC.
E non è tutto. I dati OsMed dimostrano che, nella situazione attuale, In Italia si dispensano già 1,8 miliardi di confezioni di medicinali all’anno, si spendono quasi 20 miliardi di euro con preoccupanti differenze regionali e enormi margini di miglioramento per quanto attiene l’appropriatezza prescrittiva e l’aderenza alle terapie come raccomandato più volte dall’Agenzia del Farmaco. Questo dimostra che il nostro Paese non ha certamente bisogno di aumentare o favorire, in alcun modo, un consumo dei medicinali meno appropriato che diventerebbe ancora più disorganizzato e sicuramente più pericoloso. Su questo punto, in modo assolutamente fermo, l’AIFA ha il dovere di ribadire l’importanza di una dispensazione corretta e informata (magari in molti casi non c’è bisogno di nessuna medicina!) nei luoghi deputati che andrebbero ridotti e non aumentati, salvaguardando la perfetta e omogenea distribuzione nel territorio nazionale e il diritto dei cittadini che si rivolgono ai farmacisti ad essere trattati, come meritano, da pazienti e non da consumatori.
Fonte. Comunicato Aifa del 18 febbraio 2015