È iniziato ieri in commissione Igiene e sanità al Senato, con la relazione di Raffaele Calabrò (Pdl), l’esame dello schema di decreto sul federalismo sanitario e costi standard. Si è deciso che correlatore del documento sarà il senatore Lionello Cosentino del Pd ed è anche stato deciso di svolgere una serie di audizioni prima della discussione generale. I due correlatori dovranno elaborare un elenco di soggetti da ascoltare, tra questi: la Conferenza dei presidenti delle regioni, l’Agenas, il Cergas, e Kpmg.
Calabrò, in via preliminare, ha fatto notare che il testo trasmesso alle camere “non comprende gli emendamenti su cui è stata sancita l’Intesa in Conferenza Stato-regioni poiché successiva allo schema”. L’intesa è stata comunque allegata.
Riguardo alla determinazione dei livelli standard di spesa sanitaria corrente – ha spiegato il relatore – lo schema di decreto prevede il progressivo superamento dei criteri attuali e la sostituzione con parametri ricavati dalla spesa in alcune regioni “benchmark”, ovvero di riferimento.
I tempi di attuazione
Fatta questa premesse il senatore Calabrò è entrato nel dettaglio dello schema illustrando i tempi di attuazione. Attualmente – si legge nel resoconto della commissione – il finanziamento della spesa sanitaria avviene con il metodo del riparto sulla base, tra l’altro, della spesa storica e della popolazione pesata per classi di età. Il federalismo sanitario prevede viceversa l’individuazione, ogni anno, di tre regioni di riferimento e la determinazione dei costi standard, distintamente per l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l’assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera, in base alla media pro capite pesata delle spese in tali settori nelle tre regioni suddette.
I nuovi parametri – ha riferito il relatore – opereranno dal 2013; per una fase transitoria si applicano con progressione crescente. La progressione è individuata dal ministero della Salute con la Conferenza Stato-regioni. Il termine finale della fase transitoria è il 31 dicembre 2018.
La scelta delle tre regioni benchmark
Le tre regioni di riferimento verranno individuate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome nell’ambito di una “cinquina” in base a: l’erogazione dei Lea in condizioni di equilibrio economico, di efficienza e di appropriatezza e con qualità dei servizi svolti. Qualora le regioni “virtuose” dovessero essere meno di cinque verrebbero integrate da quelle che presentano il minor disavanzo.
Calabrò ha poi sottolineato un punto particolarmente importante “L’individuazione delle cinque regioni è operata sulla base dei risultati relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento”. E questo fa comprendere il disaccordo in Conferenza Stato Regioni sulla proposta governativa relativa al riparto del fondo sanitario nazionale 2011, “ritenuta – aggiunge Calabrò – da molte regioni poco soddisfacente ed equa. È infatti sulle risorse assegnate quest’anno che si determineranno i costi standard con l’entrata in vigore del federalismo fiscale, a partire dal 2013”.
Insomma il riparto del fondo sanitario 2011 segna in modo indelebile il futuro finanziamento della spesa sanitaria e dei sistemi sanitari regionali.
Le regioni nell’Intesa chiedono inoltre “di garantire una rappresentatività in termini di appartenenza geografica” ovvero una regione del Nord, una del Centro e una del Sud.
Determinazione dei costi standard
Ai fini della determinazione dei costi standard, ha riferito il relatore, “la spesa sanitaria corrente di ciascuna delle tre regioni di riferimento è, in primo luogo, disaggregata nei tre macrolivelli di assistenza: sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; distrettuale e ospedaliera”.
Il livello di spesa di ogni macrolivello “viene poi, per ciascuna delle tre regioni, rideterminato secondo alcune operazioni correttive riguardanti la mobilità interregionale, una quota delle entrate proprie delle aziende sanitarie ed ospedaliere, la spesa relativa all’erogazione di livelli di assistenza superiori a quelli essenziali, le quote di ammortamento”.
Fatto questo, si calcola il valore pro capite in relazione alla “popolazione pesata regionale”. Criterio che l’Intesa del 16 dicembre vorrebbe sopprimere. Mentre invece Calabrò ritiene sia importante mantenere “lo schema di decreto legislativo prevede che si tenga conto degli indicatori relativi a particolari situazioni territoriali, ovvero dell’indice di deprivazione socio-economica (...) il riparto del fabbisogno sanitario, basato prevalentemente sul dato anagrafico, pur non essendo l’unico fattore ad incidere sulla spesa sanitaria, finora ha avvantaggiato prevalentemente il Settentrione, finanziato maggiormente rispetto al Sud. Il meccanismo è noto: si parte dal presupposto che gli over 65 si ammalano di più e quindi comportano un aumento della spesa sanitaria. Ma nell’assegnazione delle quote destinate al fabbisogno regionale non si può non considerare l'indice di deprivazione socio-economica: ossia, la mancanza di occupazione, il reddito, la bassa scolarità. Si tratta di elementi che incidono sulla possibilità di ammalarsi e che costano di più alle casse pubbliche”. Per questa ragione, ha spiegato Calabrò, il criterio di popolazione pesata regionale “non va assolutamente soppresso”.
Infine il relatore ha spiegato che lo “schema prevede che i criteri per la determinazione dei costi standard possano essere riformulati”, in accordo con le Regioni “non è chiaro, tuttavia – aggiunge –se occorra anche un atto successivo all’Intesa e se esso debba essere di rango legislativo. I costi standard pro capite così individuati costituiscono, a regime, i parametri di determinazione del livello nazionale di finanziamento della spesa sanitaria corrente”.