Stop alle 20 sanità regionali, un'imposta di scopo per la sanità, concorsi nazionali e/o internazionali per la scelta dei primari e un'assicurazione obbligatoria per le non autosufficienze. Queste sono solo alcune delle proposte per il settore lanciate da Italia Unica, il movimento politico fondato da
Corrado Passera. Il programma di soluzioni di Italia Unica è organizzato in 12 aree tematiche, che spaziano da una "cura shock" da 400 milardi all'abbattimento di circa 50 miliardi di tasse su famiglie e imprese, dal riconoscimento di uno "ius soli temperato" per le nuove generazioni di italiani al riconoscimento alle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali, di quei diritti già riconosciuti alle coppie sposate nei confronti della pubblica amministrazione. Ma all'interno del programma del movimento, come dicevamo, non manca un capitolo interamente dedicato alla sanità con una serie articolata di proposte che andremo di seguito ad esaminare.
Innanzitutto si parte da
un'analisi generale del contesto italiano. "La Sanità italiana - si spiega - sta incrociando due grandi problemi. Da un lato, l’invecchiamento della popolazione sta scaricando pressioni sul Sistema sanitario nazionale in un contesto di risorse scarse e decrescenti da destinare alla salute. Dall’altro, un fattore di stress specifico per il sistema italiano deriva dalla difficoltà di coordinare gli interventi in materia sanitaria devoluti alle Regioni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, con l’indirizzo nazionale in tema di livelli essenziali di assistenza e risorse. Nel complesso, la spesa sanitaria italiana sul Pil rimane stabile (9,2 per cento) e sotto la media OCSE (9,3 per cento). Ma dentro il sistema sanitario nazionale esistono squilibri tali per cui alcune regioni fanno i conti con importanti disavanzi sanitari, e con il conseguente aumento di pressione fiscale previsto dalla legge, mentre altre erogano servizi di migliore qualità a costi più contenuti. Questo stato dell’arte fa sì che solo 10 Regioni siano considerate adempienti rispetto ai Livelli essenziali di Assistenza (LEA) erogati, il che da un indice della distribuzione diseguale di diritti sul territorio nazionale".
Se la premessa fa intuire un atteggiamento non proprio 'amorevole' nei confronti delle Regioni, la proposta operativa di Italia Unica fuga ogni dubbio: "Oggi il numero di persone che, in molte parti d’Italia, non ricevono un servizio adeguato per qualità, per tempistiche di attesa e per non sostenibilità dei ticket è molto alto e crescente. Il sistema sanitario nazionale rischia di collassare e quindi di creare la massima delle ingiustizie. La malattia della sanità è profonda e mette a rischio la sua stessa sostenibilità: non può mantenersi una sanità fatta di venti sistemi diversi in cui ogni Regione si inventa regole e parametri. Non può garantire qualità un sistema così permeato di clientelismo e partitocrazie. Non è più tollerabile che si debbano tagliare servizi essenziali ma contemporaneamente si vogliano mantenere strutture pleonastiche (es. abbiamo in molti campi più centri specialistici che in qualsiasi parte d’Europa) o inefficienti (es. micro ospedali del tutto inadeguati)".
Si propone quindi una razionalizzazione:
non 20 sanità diverse ma un solo Servizio sanitario nazionale. "Dobbiamo restituire al livello centrale (Stato) alcune funzioni strategiche e di indirizzo che consentano di definire regole e standard utili a confrontare le diverse realtà regionali al fine di garantire ai cittadini una reale uguaglianza del 'diritto alla salute' su tutto il territorio nazionale".
Insomma, un programma difficile da digerire per i 'fan' del federalismo. Anche per loro, però, troviamo qualcosa di più vicino alle loro corde:
costi standard allineati a quelli delle migliori regioni.
Si prosegue, poi, con
un'imposta di scopo unica per la sanità. "E’ auspicabile che si passi dalla attuale situazione di finanziamento attraverso la fiscalità generale ad una tassa di scopo (riducendo altre tasse) che permetta di finanziare in modo trasparente il SSN con una 'contabilità separata' tipo quella che abbiamo in campo previdenziale. In parte sarà a carico degli individui, in parte alle imprese, in parte alla fiscalità generale. Ogni cittadino dovrebbe ricevere ogni anno il resoconto dei servizi che ha ricevuto e la loro valorizzazione".
Non manca il 'vecchio' tema dell'eccessiva commistione tra politica e sanità, laddove si auspica una "
depoliticizzazione completa del settore ormai in mano ai partiti che governano le singole Regioni". Si rimarca dunque la necessità di garantire la trasparenza nelle selezioni, l’oggettività nelle valutazioni e un quadro chiaro per definire l'eleggibilità/compatibilità dei manager. Ma anche gli stessi
primari andrebbero "selezionati sulla base di concorsi nazionali se non addirittura internazionali".
A livello di organizzazione territoriale, si parla di un "
integrazione di Sanità Regionale e Assistenza Comunale, puntando al massimo sull'assistenza domiciliare resa possibile dall’uso delle nuove tecnologie e dalla completa attuazione della normativa sui servizi assistenziali territoriali aggregati e integrati, valorizzando al massimo il ruolo dei Medici di medicina generale e dei Pediatri di libera scelta. Assistenza domiciliare anche attraverso il Terzo Settore con una buona dose di finanza di impatto potrebbero rendere la vita più semplice a migliaia di famiglie e alleggerire enormemente le strutture ospedaliere".
Non manca la prevenzione, definita "importantissima" per prevenire tutti quei decessi che potrebbero essere evitati con un adeguato stile di vita e controlli costanti. "Puntiamo molto sulla
prevenzione, premiando anche fiscalmente – con agevolazioni sui contributi – chi si sottopone a controlli periodici per prevenire determinate malattie".
Infine, si avanza l'idea di
un'assicurazione obbligatoria contro la non autosufficienza. Nel dettaglio, si spiega che proiettando il rischio di soffrire di almeno una patologia cronica grave sulla struttura per età della popolazione prevista per i prossimi venti anni, ci si attende una prevalenza di cronici gravi superiore al 20 per cento nel 2024, oltre il 22 per cento per il 2034, attualmente tale quota è al 15 per cento. "Per non creare nuovi oneri per gli italiani, la proposta è di destinare una quota degli attuali contributi a favore dei cosiddetti enti bilaterali, che oggi gravano sulle buste paga, per innescare un sistema simile a quello già oggi già funzionante in Germania".
Giovanni Rodriquez