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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Governo e Parlamento

Superamento Opg. De Biasi (Pd): “Nuova proproga sarebbe uno scacco" . Ferri (Emilia Romagna): "Neanche le Regioni la vogliono, ma governo sblocchi i fondi" 

immagine 11 novembre - “Mi preoccupa la possibilità di un'altra proroga per la chiusura come si evince dalla relazione presentata dal ministero della Salute al Parlamento sul superamento degli Opg. Le proroghe hanno un senso se portano a compimento e non se portano a una nuova proroga”. Così la Presidente della Commissione Sanità del Senato, De Biasi, nel corso del Convegno organizzato dalla stessa Commissione su Opg, salute mentale e diritti umani. 
Un’ulteriore proroga al superamento degli Opg sarebbe “uno scacco”. A dirlo è la presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Emilia De Biasi, nel corso del Convegno dal titolo “Salute mentale, Opg e diritti umani” organizzato dalla stessa Commissione.
“Mi preoccupa – ha detto la presidente – la possibilità di un'altra proroga per la chiusura come si evince dalla relazione presentata dal Ministero della Salute al Parlamento sul superamento degli Opg. Le proroghe hanno un senso se portano a compimento e non se portano a una nuova proroga. Per noi è uno scacco”.
 
De Biasi poi ha proseguito “avremmo preferito che si arrivasse al 31 marzo del 2015, data
stabilita per la chiusura dalla legge 81 del 2014, non dico con il problema risolto ma almeno con il contesto favorevole a risolverlo. Purtroppo non per tutte le Regioni è la stessa questione, forse dovremmo superare anche qualche burocrazia di troppo, dovremmo cercare dei canali più veloci, dovremmo essere tutti un po' meno sofisticati nel cercare la perfezione perché, come dice Bauman, il meglio è nemico del bene e la perfezione è un nemico mortale per entrambi”.
 
Comunque, nel corso della mattinata di lavori, non sono mancate le note di ottimismo per un superamento di queste strutture. A partire da Mila Ferri, responsabile servizio salute mentale Emilia Romagna, che intervenendo al posto di Claudio Montaldo presidente del comitato di settore regioni-sanità, ha dichiarato che “le regioni non chiederanno ulteriori proroghe ma il governo deve sbloccare i fondi per le assunzioni del personale” che dovrà lavorare nelle Rems, le residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria, ovvero le strutture che sul territorio dovranno prendere in carico i malati che a tutt’oggi sono detenuti negli Ospedali psichiatrici giudiziari.
 
Se dunque il governo farà la sua parte questa volta la legge del 2012, che aveva fissato al 2013 la prima dead line per il superamento delle strutture manicomiali di carattere giudiziario, e che ad oggi è stata prorogata già due volte, potrebbe finalmente trovare applicazione.
 
E questo sembra trovare conferma anche dai protagonisti della vicenda, oltre le regioni, ovvero il ministero della Salute, che con il sottosegretario Vito De Filippo ha affermato che “il 50% degli internati è immediatamente dimissibile”, lo ha ribadito il mistero della Giustizia, che per tramite del direttore del Dap, Roberto Piscitello fa sapere che sul tema “la prospettiva è cambiata”.
 
Quindi il problema resta di carattere economico, ovvero la responsabilità in capo al Mef di “sbloccare quei circa 150 milioni di euro” questa la somma secondo Stefano Cecconi, responsabile nazionale della Cgil per il Welfare e portavoce del comitato Stop Opg, che le regioni stanno aspettando dal 2012.
 
Quanto emerso nel corso del Convegno sembra dunque superare la prima relazione al Parlamento sullo “Stato di attuazione delle iniziative per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari”, presentata il 3 novembre scorso dai ministri Beatrice Lorenzin e Andrea Orlando secondo i quali non era da ritenersi “realistica”una riconversione delle “strutture entro il 31 marzoprossimo”, e quindi a detta del governo era “auspicabile una nuova proroga” in quanto soltanto Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Veneto e Lazio hanno elaborato un programma di finanziamento delle Rems e di potenziamento dei Dsm conforme alle indicazioni ministeriali.
 
Stefano Cecconi ha ribadito che “non c'è bisogno di proroghe per la chiusura degli Opg, nè di strutture alternative, la stragrande maggioranza degli internati, circa il 90%, potrebbero già essere dimessi”. Quello che serve dunque è più assistenza nel territorio e “soprattutto – ha aggiunto Cecconi – fermare gli ingressi, per non continuare ad alimentare il circuito”.
C’è però un ulteriore elemento di preoccupazione “il trend di nuovi ingressi che ancora non si inverte e da giugno a settembre 2014 è continuato nonostante la legge dia priorità alle misure alternative”. Inoltre, rispetto a quelli già presenti, quasi la metà degli internati, ha sottolineato il responsabile nazionale della Cgil per il Welfare “può esser dimessa, ben 476 persone. Mentre i restanti sono considerati non dimissibili nel 40% dei casi per motivi clinici, “anche se questo è in contrasto con la legge: sarebbe come dire che la malattia psichiatrica va curata in manicomio”. Quelli 'pericolosi socialmente', dunque nelle condizioni di dover restare in Opg o nelle eventuali residenze per l'esecuzione della misura di sicurezza sanitaria sarebbero “solo l'8,5% degli attuali internati, circa una novantina, il che significa che la stragrande maggioranza potrebbe essere già affidata ai servizi territoriali”. A fronte di questi numeri, realizzare gli oltre 900 posti progettati nelle Rems, che Cecconi teme possano trasformarsi in “mini-Opg” sarebbe “uno spreco e una scelta sbagliata”.
 
Nonostante tutto sembra che siamo ad un punto di svolta, o almeno questo è l’auspicio che più volte è stato ripetuto nel corso della mattinata ma i problemi restano. Oltre a quello di carattere economico a cui abbiamo accennato, e nonostante il numero degli internati sia sceso (erano 1294 nel 2011 mentre oggi sono 775), c’è da sottolineare un ulteriore elemento di criticità ovvero che i magistrati continuano a ordinare gli internamenti negli Opg. E questo, ha detto chiaramente Cesare Bondioli, responsabile carceri e Opg, Psichiatria Democratica, “è dovuto al fatto che i giudici non trovano risposte nel territorio”.
 
Cauto ottimismo espresso anche da un’altra senatrice, la vice presidente della Commissione Igiene e Sanità, Maria Rizzotti (FI), che ha lanciato l’idea di “un’indagine conoscitiva per fotografare, valutare e monitorare quello che sono i dipartimenti di salute mentale in Italia. Noi sappiamo che abbiamo una sanità a macchia di leopardo per quello che sono i servizi erogati e soprattutto i dipartimenti di salute mentale non sono da considerarsi un qualcosa di meno importante rispetto ad altre patologie e quindi di più facilmente aggredibili dai tagli che inevitabilmente dalla legge di stabilità 2015 le regioni dovranno affrontare. Spero che da questi tagli i primi a non soffrirne siano i dipartimenti di salute mentale che si occupano anche di patologie dell’età evolutiva, che monitorano gli adolescenti con problemi legati non solo alle patologie psichiatriche ma anche all’abuso di alcol e droghe. Tutto questo richiede sicuramente un’organizzazione ma anche un’ottimizzazione delle risorse”.    
11 novembre 2014
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