“Le leggi servono, ma sono le persone a fare la differenza. Per questo è necessario valorizzare e diffondere la cultura della legalità. Un bisogno sentito anzitutto dagli operatori della sanità, che oggi si sentono soli di fronte ad episodi contro i quali non hanno sufficienti armi per combattere”. Così
Nerina Dirindin, senatrice e presidente del Coripe Piemonte (Consortium for Research and Continuing Education in Economics) spiega le ragioni alla base dell’iniziativa di due giorni promossa a Bologna contro la corruzione in sanità.
Presidente, quale percorso ha portato Coripe Piemonte, Libera Contro le Mafie, Avviso Pubblico e Gruppo Abele a unire le proprie forze contro la corruzione?
Abbiamo iniziato a ragionare insieme due anni fa per rispondere all’appello che ci era stato lanciato da alcuni operatori della sanità di provare ad attuare qualche iniziativa per farli sentire meno soli di fronte a casi di corruzione o conflitto di interesse che incontrano nel corso della loro vita professionale ma contro i quali sentono di non avere armi sufficienti per combattere. Questa, purtroppo, è una sensazione ricorrente per chi vive nella Pubblica Amministrazione e la sanità non solo non è esente dal problema, ma addirittura ne è più colpita di altri settori. Anzi, il conflitto di interessi è un aspetto che possiamo definire addirittura intrinseco della sanità, per l’esistenza di tutta una serie legami tra le varie componenti del settore che rendono impossibile azzerare il rischio insidie. Chi vuole lavorare bene nella Pubblica Amministrazione sente di poter fare qualcosa ma si sente solo nel cominciare anche solo a modificare pratiche quotidiane, abitudini consolidate, che espongono però a maggiori rischi di comportamenti poco trasparenti. Temono di restare isolati. Temono che la loro azione di contrasto al malcostume, anziché ricevere un plauso, gli si possa ritorcere contro. Questo è un clima che non fa emergere le buone iniziative e frena la diffusione della cultura della legalità di cui invece abbiamo tanto bisogno. Perché le leggi servono, ma sono le persone a fare la differenza. Non bisogna peraltro sottovalutare l’impatto del fenomeno sull’efficienza, la qualità, la sicurezza, l’equità di accesso ai servizi e sulla fiducia dei cittadini. In poche parole, sul diritto alla salute.
A cosa ha portato questo confronto?
Alla costituzione, un anno fa, della rete Illuminiamo la Salute. Un punto che abbiamo raggiunto a partire da un progetto di ricerca e formazione sul tema lanciato dal Coripe e nel quale abbiamo successivamente coinvolto Libera Contro le Mafie, il Gruppo Abele e Avviso Pubblico. L’alleanza con Avviso Pubblico è stata di particolare importanza, perché rappresenta la rete degli enti locali per la formazione civile contro le mafie e il suo coinvolgimento è essenziale per intervenire sul fenomeno nel settore sociale.
Con loro abbiamo dato vita a una serie di incontri, anche pubblici, per capire se questa intuizione poteva trasformarsi in un progetto concreto, in grado di aggregare persone, di creare condizioni di sostegno a quelle persone che vogliono lottare contro la corruzione nella Salute e mettere in campo azioni per diffondere la cultura della legalità. Abbiamo capito che l’idea è promettente, anche se ambiziosa e faticosa da realizzare.
Il passo successivo quale è stato?
Abbiamo instaurato una collaborazione con l’Agenas per .per avviare un monitoraggio sulle modalità di attuazione della Legge 190 del 2012 in materia di Prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione. Ciò che è emerso è che le aziende hanno iniziato a mettere in atto programmi per la trasparenza e piani anticorruzioni, ma c’è ancora molto da fare per evitare che illegalità, frodi e corruzione brucino ogni anno il 5-6% delle risorse, quindi circa 6 miliardi di euro, che è l’attuale danno stimato.
La ricerca del Coripe ha inoltre ottenuto un finanziamento dalla Compagnia di San Paolo.
Che accoglienza avete avuto nelle aziende dove avete presentato il vostro progetto?
Un’accoglienza molto positiva. Credo che abbiamo individuato la strada giusta. Certo, il percorso è lungo e faticoso, ma se lavoriamo duro, possiamo raggiungere risultati importanti.
Si parla di “conflitti di interesse” e di “corruzione”. Fenomeni che spesso coinvolgono più gli alti livelli della sanità che non gli operatori sanitari. Voi, però, vi rivolgete soprattutto agli operatori. L’obiettivo è sostenere anche la cultura della denuncia?
Non necessariamente. Noi puntiamo sulla cultura della legalità e dell’integrità, che significa agire preventivamente proprio per evitare il verificarsi del fenomeno e dunque la necessità di arrivare a una denuncia o al ricorso della magistratura. Come detto prima, il mondo della sanità è pieno di insidie, a tutti i livelli. Il nostro obiettivo è insegnare a conoscere quelle insidie e a muoversi nel settore senza cadere nell’illegalità. Riteniamo che per raggiungere questo obiettivo sia necessario il coinvolgimento di tutti i professionisti della sanità, a tutti i livelli.
Quale sarà il prossimo passo per raggiungere questo traguardo?
Costituire una rete di aziende sanitarie e persone per confrontarsi e dialogare anzitutto con i Responsabili per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza nominati secondo quanto previsto dalla legge 190/2012, che hanno grandissime responsabilità ma che non devono lavorare soli. Da questa Rete Nazionale per l’Integrità, che verrà presentata il 27 giugno a Bologna, possono nascere importanti progetti da diffondere in tutti i livelli e in tutti gli ambiti della sanità.