Se sul capitolo riforme costituzionali i pezzi del puzzle sembrano aver trovato la giusta collocazione - tant’è che la settimana prossima il Governo intende chiudere il testo della riforma, comprensivo delle proposte positive che arriveranno dalle Regioni – su quello non meno complesso della spending review in sanità è ancora tutto da decidere. Il premier
Matteo Renzi si è infatti riservato un ulteriore approfondimento.
È questa la sintesi dell’incontro di questa mattina tra il Governo e i Presidenti delle Regioni che sulla sanità hanno ribadito, ancora una volta, che risorse e risparmi non si toccano, devono rimanere nella disponibilità dei bilanci sanitari. In caso contrario non sarà possibile sostenere il sistema.
“Sulle riforme costituzionali abbiamo definito un percorso con la volontà reciproca di realizzare una vera collaborazione in tempo rapidissimi: entro la fine di marzo troveremo una sintesi – ha dichiarato
Vasco Errani, presidente della Regioni al termine dell’incontro – sulla questione spending review abbiamo posto prima di tutto il tema della sanità. La nostra proposta è nota. Il premier si è riservato di fare un ulteriore approfondimento, comprendendo la nostra posizione ossia, che è giustissimo razionalizzare e qualificare la spesa, e il Patto per la salute va in questa direzione, ma le risorse che arriveranno da questo percorso di razionalizzazione devono essere reinvestite in sanità. Questo perché ci sono sfide importantissime, tecnologiche, di gestione, di investimento sui farmaci innovativi, che richiedono la permanenza in sanità dei risparmi ottenuti. Diversamente non ci sarebbe sostenibilità”.
Insomma, il nodo sanità non è ancora sciolto, nonostante le rassicurazioni espresse dal Presidente del Consiglio nella trasmissione “Porta a Porta”, la scorsa settimana.
In ogni modo le Regioni, compatte, hanno ribadito, nel documento consegnato al Governo che “è necessario confermare quanto già concordato al Tavolo sul Patto della Salute”, mettendo nero su bianco tutti i passaggi chiave della loro road map.
Primo: il Fondo sanitario nazionale. “Sono state definite le risorse per il Ssn e ciò permetterà un’adeguata pianificazione del budget per assicurare la sostenibilità del Ssn, per garantire l’universalità del sistema e i Livelli essenziali di assistenza (Lea) in modo appropriato e uniforme.
Si evidenzia pertanto la necessità di assicurare i finanziamenti così definiti (corrispondenti a quelli annunciati dalla stessa ministra
Lorenzin in audizione alla Camera il
22 gennaio scorso), e cioé:
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109.902.000.000 euro per l’anno 2014
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113.452.000.000 euro per l’anno 2015
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117.563.000.000 euro per l’anno 2016”.
Ma se la certezza dei fondi sono le fondamenta del nuovo Patto, l’architrave è che tutti i risparmi, frutto delle azioni definite, non vengano deviate. “È stato altresì concordato che i risparmi derivanti da azioni di razionalizzazione della spesa sanitaria debbano rimanere nella disponibilità dei bilanci sanitari” precisano quindi le Regioni nel documento.
Il testo consegnato al Governo tocca poi i criteri del riparto del Fondo. I Governatori ribadiscono che “dovrà avvenire attraverso nuove modalità di pesature, secondo i criteri già indicati dall’articolo 1, comma 34, della Legge 662/96, sulla base dell’Accordo già intervenuto in Conferenza delle Regioni”.
Altro passaggio imprescindibile i Lea. Le Regioni sottolineano che proprio in occasione dei diversi incontri per l’elaborazione del Patto salute, sui temi dell’adeguamento dei Lea, si è concretizzato l’impegno: di un Dpcm entro il 30 giugno 2014; della revisione delle misure di compartecipazione ed esenzione; della gestione delle risorse umane; dell’assistenza ospedaliera.
Chiosa finale le criticità. Nel documento le regioni segnalato la permanenza di problematiche nel settore dell’edilizia sanitaria (ex art.20 L. 67/68) e negli investimenti.
Il documento consegnato al Governo ha toccato anche importanti tematiche come quello delle Politiche sociali e del Patto di stabilità.
Sul primo hanno segnalato la necessità di far confluire in un Fondo unico le risorse frammentate, mentre sul Patto si stabilità ritengono sia fondamentale affrontarlo in tempi rapidi rivedendo i vincoli europei e nazionali, per consentire l’attivazione di investimenti sui territori.
“In particolare occorre escludere dal patto le spese per investimento finanziate senza debito e con risorse autonome, quelle relative agli investimenti strategici ovvero obbligati, quali quelli per la prevenzione del dissesto idrogeologico, e le risorse del cofinanziamento nazionale per la programmazione 2014-2020, comprese le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC, ex FAS), e quelle gestite tramite il Piano di Azione Coesione (PAC). Bisogna rivedere il riparto tra le Regioni superando definitivamente il criterio della spesa storica”. (E.M.)