Finora, su pazienti sieropositivi, sono stati effettuati “106 trapianti di fegato, 42 di rene, 2 di cuore e uno di polmone” e i risultati sono “altamente positivi”. A dirlo è Alessandro Nanni Costa, Direttore Centro Nazionale Trapianti ascoltato ieri dalla XII Commissione del Senato in qualità di esperto nell’ambito dell’indagine conoscitiva che la Commissione sta portando avanti sulle “Malattie ad andamento degenerativo di particolare rilevanza sociale, con specifico riguardo al tumore alla mammella, alle malattie reumatiche croniche ed alla sindrome Hiv”.
Nanni Costa nel suo intervento ha illustrato il programma nazionale di trapianto in Hiv. Programma – come ha ricordato – nato “in via sperimentale a partire dal 2003 e progressivamente consolidatosi in un Protocollo nazionale di carattere generale”.
La partecipazione al Protocollo, ha specificato il direttore del centro trapianti, non “è stata resa obbligatoria per tutti i centri trapianti, posto che occorre in primis una attenta valutazione riguardo alle condizioni dei pazienti ai fini dell'adesione per i quali si impone il rispetto di determinate caratteristiche”. E, in tal senso è stato avviato un programma di sorveglianza del Protocollo stesso anche con il contributo della Commissione per l’Hiv e le diverse associazioni dei pazienti.
Ultima notazione di Nanni Costa è relativa ai tempi di attesa per un trapianto in pazienti sieropositivi “inferiori – ha detto – rispetto a quelli per pazienti non affetti da Hiv. Questo perchè si è sviluppato un sistema di allocazione di organi da parte di donatori che, per caratteristiche proprie, sarebbero inaccettabili per soggetti Hiv negativi”.
“L’entità dei consumi e della spesa farmacologica per la terapia contro l’infezione da sindrome Hiv e per la cura dell’Aids reca una distribuzione non omogenea sul territorio nazionale in quanto sconta la diversa incidenza delle suddette patologie nelle varie regioni”. A riferirlo in via preliminare è Paolo Daniele Siviero dell’Aifa che ha ricordato che la Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna sono le regioni che “presentano un più elevato numero di casi di Aids”.
Inoltre Siviero ha fatto presente che se da un lato è possibile registrare i dati relativi ai pazienti affetti da Aids conclamato più difficile è la stima di pazienti sieropositivi. Questo perchè non c’è un obbligo di registrazione delle infezioni. E questo significa che l’analisi della spesa e dei consumi farmacologici deve tener conto di tale discrepanza nella rilevazione dei dati.
È evidente quindi, ha aggiunto Siviero, che” i dati in merito alla spesa pro-capite regionale nonché al consumo pro-capite per numero di casi prevalenti riguardo ai farmaci anti-Hiv”, “mostrino una ampia variabilità regionale determinata, non soltanto dalle diverse condizioni di accesso alla cura, ma anche dal numero di pazienti in trattamento sullo specifico territorio”.
Siviero si è poi soffermato sulle classi di farmaci più innovative, con particolare riguardo all’associazione di antiretrovirali, facendo presente come “la scelta della terapia di combinazione dipende in larga parte dalle condizioni del paziente ai fini di una più specifica personalizzazione della cura”.
Sotto il profilo della farmacovigilanza, Siviero ha sottolineato la carenza di segnalazioni avverse “poiché i farmaci anti-Hiv e anti-Aids, già di per sé altamente tossici, sono suscettibili di generare effetti prevedibili in relazione allo stato patologico complessivo”.
Nanni Costa sollecitato da alcune domande dei senatori in merito alle liste dei trapianti ha evidenziato che nell’accesso alle liste d’attesa per trapianti su pazienti sieropositivi “occorre tener conto sia delle condizioni della patologia del malato, sia della concreta disponibilità dei centri trapianti che, ad esempio, devono avere un servizio di infettivologia in possesso di determinate caratteristiche”.
Le liste di attesa non sono comunque lunghe per i pazienti segnalati, ma occorre tener presente di tutti quei pazienti non segnalati al Centro trapianti ed alla rete trapiantologica. L’urgenza quindi è far sì che tali malati possano effettivamente accedere alla rete.
Anche Siviero ha replicato a quanto emerso nel corso del dibattito ricordando che dal 2008 è stato attivato presso il ministero “il Sistema di sorveglianza nazionale delle nuove diagnosi di infezioni da Hiv, in base al quale anche le infezioni da Hiv vengono sottoposte a notifica obbligatoria”, che tale Sistema di sorveglianza a pieno regime “renderebbe possibile una più precisa modulazione dei dati in base all’età e al sesso dei pazienti, al fine di monitorare la diversa incidenza su donne e bambini”. Dato questo di importanza strategica anche ai fini dello sviluppo e della registrazione dei nuovi farmaci.
Due considerazioni prima di concludere da parte di Paolo Siviero. La prima sul meccanismo
payment by result, sviluppato su farmaci oncologici. Questo è difficilmente applicabile ai farmaci anti-Hiv, poiché l’obiettivo terapeutico “non è la cura ma la cronicizzazione dello stato patologico”. La seconda considerazione sulla riclassificazione dei farmaci. Siviero ha ricordato che, nell’ambito della riclassificazione dei farmaci dall’ospedale al territorio, siano stati esclusi i farmaci anti-Hiv, per volere dalle associazioni dei pazienti, affinché i pazienti continuino a mantenere un costante rapporto con la struttura sanitaria.
Stefano Simoni