Si è molto dibattuto sulla proclamazione, da parte delle associazioni scientifiche e di categoria, dello sciopero nazionale dei ginecologi e delle ostetriche che si svolgerà sabato 12 febbraio. L’argomento mi trova particolarmente sensibile come proponente e coordinatore, nella Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari, di una specifica indagine sui punti nascita in Italia.
Desidero subito chiarire la mia posizione. Lo sciopero, che certo non mette a rischio le prestazioni più urgenti nei punti nascita, è una risposta forte ma inevitabile ai problemi che attanagliano i professionisti del settore:
- da un lato le conseguenze dei continui tagli alla sanità (il governo uscente, attraverso il deleterio Decreto Balduzzi, ha letteralmente massacrato il settore);
- dall’altra il crescere senza limiti di un contenzioso legato a presunti errori da parte dei medici che impedisce a questi ultimi di svolgere la propria missione in modo sereno (anche su questo tema il Decreto Balduzzi, con le nuove norme sulla “colpa lieve” e sul “risk management”, ha solo aumentato la confusione).
Nel documento che spiega in modo analitico le ragioni dello sciopero, i firmatari analizzano molti temi di enorme interesse (si pensi alla “medicina difensiva” e egli alti tassi di parti cesarei). Su di esse i prossimi Parlamento e Governo avranno il dovere di intervenire sotto la spinta (il più possibile concorde, mi auguro) dei parlamentari specializzati nella sanità.
A ciò desidero solo aggiungere un’ulteriore considerazione per ricordare che il rapporto tra medico e paziente deve essere riportato a una dimensione segnata da reciproca fiducia. Invece, negli ospedali e quindi anche nei punti nascita, si respira spesso un’aria di eccessiva tensione. Il ginecologo e l’ostetrica sono professionisti scrupolosi che ogni giorno si recano al lavoro per compiere, a volte in strutture inadeguate e poco sicure (come certificato dall’indagine della Commissione parlamentare), il proprio importantissimo ruolo. Il contenzioso giudiziario, che oggi ha assunto dimensioni patologiche, è ormai un ostacolo gravissimo a questa serenità. Sia chiaro, il medico che sbaglia per incompetenza o superficialità deve rispondere dei propri errori. Ma non è possibile che, a fronte di pochi casi realmente conclusi con delle condanne, un’intera categoria di professionisti debba essere guardata con sospetto e debba subire danni economici enormi come quelli causati dalla crescita delle polizze assicurative.
Benedetto Fucci
Deputato Pdl, componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari