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Def e Sanità. Corte dei Conti: “Evitare che il rispetto delle traiettorie di spesa si traduca in un decadimento della qualità dell’assistenza”
"Il fabbisogno del settore sanitario, come altri del sistema di welfare, dovrà essere attentamente riconsiderato per evitare che il rispetto delle traiettorie di spesa si traduca in un progressivo decadimento della qualità dell’assistenza pubblica o che impedisca una compiuta (e quanto mai necessaria) riforma dell’assistenza territoriale".
Questo il monito della Corte dei Conti oggi audita in commissione Bilancio nel corso dell'esame del Def.
Il Def, spiegano i giudici contabili, "rivede in misura significativa gli andamenti della spesa sanitaria (riferibili al conto economico consolidato della sanità) esposti nella NaDef dello scorso autunno: a consuntivo la spesa nel 2023 è risultata inferiore alle attese (131,7 miliardi), in calo rispetto al 2022 dello 0,4 per cento. Una flessione che si è riflessa anche in termini di prodotto (dal 6,7 al 6,3 per cento) e in rapporto alla spesa corrente primaria. Si tratta di una variazione riconducibile soprattutto al venir meno nel 2023 degli arretrati conseguenti alla sottoscrizione, nell’anno precedente, del contratto per il personale non dirigente relativo al triennio 2029-2021 e allo slittamento al 2024 degli esborsi per il contratto del personale dirigente sanitario relativo al triennio 2019-21 compresi invece della previsione della NaDef".
Quanto al 2024, l'importo cresce a 138 miliardi (+5,8 per cento) per poi collocarsi a partire dal 2025, nelle valutazioni del Def, su valori compresi tra i 142 e i 147 miliardi. "Alla flessione in termini di prodotto per tutto il periodo (fino a collocarsi al 6,2 per cento), si contrappone una seppur limitata crescita rispetto alla spesa corrente primaria. A fronte di tali andamenti, il rifinanziamento disposto con la legge di bilancio ha fatto crescere l’importo del fabbisogno sanitario nazionale cui contribuisce lo Stato (quello volto a garantire il finanziamento dei Lea) a 134 miliardi. Ben al di sopra, in termini assoluti, ai 129 miliardi del 2023 (anno in cui, tuttavia, ha inciso anche il finanziamento pari a 1.085 milioni destinato dal d.l. 34/2023 a ridurre l’incidenza del payback sui dispositivi medici a carico delle aziende produttrici). Nel 2025 il finanziamento si colloca ora a 135,4 miliardi, in aumento di un ulteriore 1 per cento, per raggiungere i 135,6 miliardi nel 2026".
Nonostante l’aumento disposto dalla legge di bilancio, "l’importo previsto a copertura del fabbisogno sanitario nazionale standard si conferma, in rapporto al prodotto, in graduale flessione: nel triennio 2024-26 si riduce di tre decimi di punto (dal 6,3 del 2023 al 6 per cento a fine periodo). E ciò senza considerare che i nuovi fondi, oltre ai contratti (2,4 miliardi), sono destinati a specifici interventi aggiuntivi per circa 500 milioni nel 2024 che crescono a 1,5 miliardi nel 2025 - spiega la Corte dei Conti -. È evidente in tali dati, da un lato, l’effetto dell’inflazione sulle diverse componenti della spesa e, dall’altro, la riduzione che questa opera sul valore reale degli stanziamenti previsti a copertura. Nell’arco di tempo considerato si amplia in misura significativa la divaricazione tra i due importi".
"Tali andamenti - spiegano - vanno letti anche alla luce degli interventi che dovranno essere previsti per affrontare criticità evidenti: le carenze di personale, la lunghezza delle liste d’attesa e l’insufficienza dell’assistenza territoriale, le difficoltà di funzionamento dei meccanismi di controllo della spesa farmaceutica e per dispositivi medici. Per far fronte alla carenza di personale la legge di bilancio ha previsto la proroga a fine 2026 dell’autorizzazione agli incrementi delle tariffe orarie delle prestazioni aggiuntive (di cui all’articolo 115, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area sanità), già disposte dal d.l. 34/2023 per quanto riguarda il settore dell’emergenza urgenza e ora estese a tutti i comparti, confermando gli importi per il personale medico (100 euro) ed incrementando quelle del personale del comparto fino a 60 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell’Amministrazione. A tale finalità sono destinati 280 milioni annui per il prossimo triennio, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard".
"Le misure finora assunte non sembrano, tuttavia, in grado di rispondere strutturalmente alle difficoltà che caratterizzano ormai in maniera diffusa tutte le strutture pubbliche. Oltre a quanto avviene nel settore dell’emergenza e urgenza, infatti - si aggiunge - si accentuano i problemi legati ai pensionamenti, all’aumento dei casi di “fuga dal pubblico” ma anche di ricerca di opportunità di lavoro all’estero, legata a condizioni economiche più vantaggiose. La crisi di personale è resa oggi più difficile anche dal fatto che fabbisogni crescenti caratterizzano anche gli altri paesi europei, sottoponendo il nostro ad una forte pressione competitiva e restringendo i margini per il ricorso a personale straniero.
Le pur consistenti differenze di retribuzione (in parità del potere di acquisto) non appaiono essere l’unica ragione di un fenomeno più complesso, per affrontare il quale devono essere trovati nuovi punti di equilibrio tra le necessità del servizio pubblico e le legittime aspettative dei professionisti. Per incidere sul mantenimento del personale nell’area pubblica è necessario, infatti, garantire remunerazioni più adeguate, ma anche migliorare le condizioni di lavoro, riducendo i carichi in molti casi oggi eccessivi, offrire modalità di lavoro flessibili, fornire attrezzature adeguate. Come si è più volte osservato, non aiutano poi allo scopo l’allungamento dei tempi per il rinnovo dei contratti (su cui la disponibilità oggi di risorse specificamente destinate potrebbe incidere positivamente), il discontinuo operare dei concorsi, nonché i vincoli posti all’attività professionale".
"Sempre più urgente è poi recuperare tempi di accesso accettabili alle strutture specialistiche e diagnostiche oltre che a ricoveri e screening. Per garantire la completa attuazione dei propri Piani operativi per il recupero delle liste d’attesa, si autorizzano le Regioni e le Province autonome ad avvalersi nel 2024 anche delle strutture private accreditate, superando i limiti posti dal d.l. 95/2021, ma entro lo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2024. Anche per questa finalità, il tetto di spesa per acquisti di prestazioni è stabilito per il 2024 pari all’importo del 2011 incrementato dell’1 per cento. Nel 2025 è previsto un ulteriore incremento, rispettivamente del 3 e del 4 per cento. Misure che pongono le strutture assistenziali di fronte a nuovi costi".
"In definitiva, sul fronte del finanziamento della spesa sanitaria la situazione richiederà scelte gestionali non facili in termini di allocazione delle risorse tra i diversi obiettivi e un attento esame della qualità della spesa. Ciò rende necessario un riesame dell’efficacia di tutti gli strumenti messi in campo negli ultimi anni a cui non sempre si sono accompagnati effetti positivi e, soprattutto che si portino a regime nuovi strumenti di analisi dei bisogni, come quelli previsti in ambito PNRR (M6C2I1.3.2 Potenziamento modello predittivo), che possano consentire di rendere più efficace l’utilizzo delle risorse. Gli interventi finora assunti hanno messo a disposizione della sanità risorse certamente rilevanti. Esse non sembrano tuttavia sufficienti ad invertire il profilo riflessivo disegnato nel quadro tendenziale.
La riduzione in termini di prodotto rimane evidente anche se l’attenzione per questo settore di spesa è testimoniato dalla seppur limitata crescita del rapporto con il totale della spesa corrente primaria. Il fabbisogno del settore sanitario, come altri del sistema di welfare, dovrà essere attentamente riconsiderato per evitare che il rispetto delle traiettorie di spesa si traduca in un progressivo decadimento della qualità dell’assistenza pubblica o che impedisca una compiuta (e quanto mai necessaria) riforma dell’assistenza territoriale."