Governo e Parlamento
Payback dispositivi medici. Oggi scade proroga pagamenti. Ma ci sono 1.800 ricorsi in piedi. In Senato proposte di ulteriore rinvio
di Barbara Di ChiaraScade oggi la proroga per il versamento degli importi, pari a circa 1,1 miliardi di euro per gli anni 2015-2018, dovuti a titolo di pay-back dalle imprese fornitrici di dispositivi medici al Servizio Sanitario Nazionale. Sono però circa 1.800 i ricorsi pendenti presentati dalle aziende del settore per bloccare i pagamenti, che sono quindi, per una parte importante, in stand-by, anche se si attendono per oggi stesso alcuni verdetti. In ogni caso, entro la giornata, le aziende dovranno scegliere se ritirare i ricorsi e pagare con uno sconto la parte relativa al periodo 2015-2018 o andare avanti sul piano legale. Ma a luglio il TAR del Lazio ha accolto le prime istanze cautelari di alcune aziende sia medio-piccole, che di maggiori dimensioni.
La richiesta generale e univoca delle imprese di settore, ribadita più volte per voce di Confindustria Dispositivi Medici, è quella di arrivare alla cancellazione del payback e/o alla realizzazione di una nuova governance del settore dei dispositivi medici, ma in manovra non sono stati al momento inseriti provvedimenti su questo tema. Ma è in corso un tentativo bipartisan di ottenere un’ulteriore proroga ai pagamenti, al 31 dicembre 2023. A prevederlo alcuni emendamenti al decreto proroghe 132/2023 in discussione in commissione al Senato, tutte identiche e a firma Lega, FdI, Pd, M5S, Iv e Autonomie. Il provvedimento è attualmente all'esame della commissione Finanze del Senato in prima lettura e per essere convertito in legge c'è tempo fino alla fine di novembre. Eventuali modifiche approvate quasi certamente entrerebbero dunque in vigore successivamente alla scadenza delle attuali norme sul payback.
Le istanze di sospensiva presentate dalle aziende sono relative sia al pagamento delle somme, che delle eventuali compensazioni da parte delle amministrazioni sanitarie. Con i ricorsi viene contestata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge, la non conformità con il diritto eurounitario, la violazione di norme di legge preesistenti, oltre ai numerosi errori di calcolo delle fatture ricevute dalle Regioni. La situazione più preoccupante è quella della Toscana, dove il pay back a carico delle aziende è pari a circa 397 milioni di euro. Seguono la Puglia con 246 milioni, il Veneto con 231 e il Piemonte con 200 milioni. Zero pay back invece in Lombardia, nel Lazio e in Campania.
Sempre a livello regionale, Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto si sono mosse per bloccare il pay back. Ad esempio, il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, recependo l'allarme lanciato dalle micro-piccole-medie imprese produttrici di dispositivi medici, ha approvato lo scorso 24 ottobre all'unanimità un ordine del giorno che impegna la Giunta Fedriga a farsi parte attiva presso l'Esecutivo nazionale nel sostenere la richiesta di ulteriore rinvio del termine di pagamento del payback per gli anni dal 2015 al 2018. Ulteriori atti (proposte di legge o atti di indirizzo e controllo) sono stati presentati da Emilia-Romagna, Toscana e Puglia. L’11 luglio 2023 in Assemblea Regionale dell’Emilia Romagna è stata discussa un’interrogazione a risposta immediata con oggetto le ricadute del meccanismo del pay back per i dispositivi medici sulle imprese. In Toscana state presentate alcune mozioni non ancora discusse: la prima, impegna la Giunta a sospendere i pagamenti delle aziende in merito al pay back 2015-2018; la seconda impegna la Giunta a chiedere al Governo la cancellazione del pay back e a confrontarsi con le varie associazioni di categoria in rappresentanza del settore; in Puglia è stata presentata ad aprile una proposta di legge “Misure per il contenimento della spesa dei dispositivi medici” che intende introdurre nell’ordinamento regionale alcune disposizioni finalizzate al rispetto dei tetti di spesa, stabilendo maggiore responsabilizzazione e quindi una più efficace reazione dell’amministrazione regionale al mancato raggiungimento degli obiettivi, a cominciare dalla decadenza per dettato di legge dall’incarico di direttore generale. L’esame in Commissione Sanità è stato avviato il 2 ottobre.
Barbara Di Chiara