Governo e Parlamento
Verso la manovra. “La spesa farmaceutica è sottofinanziata. Ora servono meno burocrazia, revisione tetti di spesa e freno all’insostenibile payback”. Intervista a Cattani (Farmindustria)
di Barbara Di Chiara“Siamo d’accordo col ministro Schillaci quando chiede 4 miliardi di euro in più per il Fondo sanitario nazionale, rispetto a quello che è stato già aggiunto negli ultimi due anni. Come ci ha insegnato la pandemia, investire risorse sul sistema sanitario non assicura solo protezione e prevenzione nella salute, ma tutela anche l’economia e lo sviluppo sociale di questo Paese. Quello che ci aspettiamo dalla legge di bilancio sono misure che rispecchino il dialogo continuo di questi mesi con le Istituzioni”. A parlare è Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, che interviene, a colloquio con Quotidiano Sanità, nel dibattito in corso mentre prende forma la manovra finanziaria.
“La spesa farmaceutica pubblica in Italia è sottofinanziata rispetto all’effettiva domanda di salute – ricorda – ed è più bassa in termini pro capite del 22% rispetto alla media degli altri Paesi europei, nonostante la popolazione italiana sia fra le più anziane. Come sappiamo, la genesi di questa situazione viene da lontano. Quello che chiediamo in primis è una gestione della spesa farmaceutica pubblica compatibile con le esigenze dello sviluppo industriale, degli investimenti in una fase di forte aumento dei costi, in una logica di filiera e di competizione virtuosa tra le imprese che rispetti il valore industriale e le dinamiche di mercato. Le risorse sono determinate dalle percentuali della spesa farmaceutica rispetto al Fondo Sanitario Nazionale, che nel 2024 proietta un tetto della convenzionata al 7% e un tetto della diretta all’8,1%, che è chiaramente sottodimensionato, con uno sfondamento stimato pari a circa 3,8 miliardi di euro. E con un potenziale pay-back a carico delle aziende di oltre 1,8 miliardi di euro. Un fardello in crescita costante - continua Cattani - che ha raggiunto un livello insostenibile. E sarà qualcosa che pagheremo da un punto di vista dell’attrattività del Paese e dell’accesso ai farmaci per i cittadini”.
“Ci aspettiamo dunque - spiega il presidente di Farmindustria - misure per aumentare le risorse e utilizzare quelle che già ci sono, in particolare l’avanzo della convenzionata di circa 900 milioni di euro. La rimodulazione dei due tetti di spesa, che è già contemplata dalla legge, non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Altro percorso da intraprendere sarebbe quello di includere nel fondo dedicato agli innovativi anche i farmaci a innovatività condizionata. La somma di queste misure ridurrebbe lo sfondamento, che per il 50% le aziende devono pagare, dando loro respiro. Riteniamo poi che sia tempo di intervenire sulla legge 405/2001 in modo da dare regole e certezze sull’accesso e la distribuzione univoca alle cure a livello regionale, gestire la spesa negli appropriati canali e rafforzare l’assistenza sul territorio. Sarebbe utile, inoltre, istituire fondi ad hoc aggiuntivi a quanto già stanziato nei due tetti di spesa per alcune categorie di farmaci (penso a plasmaderivati, antibiotici e altri ad alto unmet medical need)”.
Per quanto riguarda le azioni di medio-lungo periodo, Cattani rileva che ”si dovrebbe avviare un percorso di valutazione di farmaci e vaccini come investimento e non come un costo. Altrimenti guarderemo sempre al futuro con gli occhi del passato: occorre attivare immediatamente dei sistemi per misurare i costi delle patologie, snellire i Pdta, ragionare realmente in un’ottica value-based non solo per quanto riguarda le terapie, ma anche i percorsi sanitari”.
Il “salto finale” che l’Italia deve fare “è facilitare e dare impulso, nel rispetto della privacy, all’uso secondario del dato clinico, un elemento sul quale oggi il nostro Paese è rimasto indietro, al pari della disciplina delle terapie digitali, nonostante gli investimenti previsti dalla missione 6 del Pnrr: oggi avere un fascicolo sanitario nazionale e poter utilizzare il dato clinico in maniera secondaria ai fini della ricerca darebbe un impulso ulteriore agli investimenti in Italia. Ma non abbiamo ancora le infrastrutture necessarie e dobbiamo fare questo passaggio culturale, altrimenti non governeremo l’exploit che sta avendo la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, strumenti dai quali dobbiamo essere pronti a ottenere il massimo. Necessario sarebbe anche completare e snellire i passaggi contrattuali legati alla proprietà intellettuale e ai contratti di ricerca clinica: in Italia c’è ancora difficoltà nel produrre brevetti frutto della ricerca accademica per il trasferimento tecnologico e anche questo è un elemento che rallenta la crescita”.
Ma sarebbero necessari interventi “anche al di là della manovra economica. Questo Paese ha bisogno di politiche di salute e industriali e incentivi agli investimenti che vadano di pari passo, per dare sicurezza all’Italia e farla primeggiare lungo tutta la filiera, per attrarre talenti e raggiungere i risultati in ricerca, ma anche in produzione e distribuzione, dove la concorrenza è oggi accelerata e lo sarà ancor di più nel prossimo futuro. Sono scelte coraggiose che vanno intraprese, questo è il momento di intervenire per continuare ad assicurare un futuro di crescita per il sistema Paese e di salute per i cittadini. L’Italia e il Governo hanno ben fatto fin qui, prendendo anche una posizione forte sulla proposta della Commissione europea di revisione della legislazione farmaceutica”.
“Dobbiamo continuare su questa strada accelerando sulla riforma dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), per garantire tempi più brevi nell’accesso alle cure e la possibilità di un dialogo strutturato con le aziende, sia come early advice sia durante le fasi di negoziazione che avvengono oggi per lettera, e utilizzando criteri value-based. C’è necessità di definire percorsi di accesso più veloci, innovativi, valorizzando i farmaci”.
Altro elemento non meno importante: “In Italia i prezzi dei farmaci sono fra i più bassi in Europa - fa notare Cattani - frutto della storia degli ultimi 15 anni di forte contenimento della spesa. Oggi questa è una debolezza a fronte di tutti gli aumenti a cui siamo sottoposti, in particolare per classi di farmaci salvavita (diuretici, anticoagulanti, antibiotici) che risultano ormai difficili da continuare a produrre. L’aumento dei costi per le industrie è del +30% mentre i prezzi sono stabili e anzi hanno iniziato a diminuire da luglio, secondo dati Istat. Una difficoltà certificata dalla Banca d’Italia. E se pensiamo alla possibilità di una nuova emergenza sanitaria, questo ci espone a grandi rischi. Su questi temi abbiamo in corso un dialogo molto positivo con il Ministero delle Imprese e del made in Italy, in particolare nel tavolo congiunto con il Ministero della Salute, per mettere in campo nuovi strumenti in grado di attrarre in Italia più investimenti, tenendo conto che, ad esempio, per aprire un nuovo stabilimento produttivo occorrono almeno 5 anni. Possiamo e dobbiamo essere un punto di riferimento per la manifattura in Italia perché il nostro settore è ad alto valore aggiunto e contribuisce, insieme all’indotto, con un effetto diretto sulla crescita, determinando il 2% del Pil. Un valore che – con misure attrattive – potrebbe crescere di un ulteriore punto percentuale in 5 anni. Il potenziale c’è: il mio sogno è quello che l’Italia sviluppi ancora di più una visione strategica per il settore Life Sciences, istituendo anche una Agenzia nazionale per la salute digitale. E che si doti di una serie di strutture con obiettivi operativi molto chiari, per essere competitivi anche con Singapore, Cina, Stati Uniti, Emirati Arabi”.
Barbara Di Chiara