“Da indiscrezioni di stampa, è spuntato un emendamento governativo alla manovra economica che intende modificare il calcolo della pensione dei dipendenti pubblici. Le notizie sono ancora incomplete e al momento non è disponibile la relazione tecnica, tuttavia il fatto che si ipotizzi un simile provvedimento costituisce di per sé un fatto molto grave a giudizio della COSMED”.
Lo scrive in una nota la Confederazione sindacale medici e dirigenti che spiega come l’emendamento in questione modifichi “le percentuali di rendimento pensionistico contenute nella “Tabella A” della legge 965/1965 per le Gestioni pensionistiche ex-INPDAP, ossia Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI) e DAGL”.
“Il danno può essere notevole – è l’allarme della COSMED - a seconda dell’entità e della decorrenza della quota retributiva ante 1996, è può raggiungere il 18% della parte retributiva nello Stato e fino al 20% della parte retributiva nella sanità e negli enti locali”.
“Il provvedimento – continua ancora la COSMED - troverebbe la sua spiegazione nell’uniformare il rendimento della parte retributiva delle pensioni dei dipendenti pubblici a quello dei dipendenti privati”.
“Ma, per la Confederazione, si dimentica che i dipendenti pubblici:
- sono contribuenti di gestioni che non hanno evasione contributiva;
- da sempre contribuiscono con l’aliquota massima (attualmente il 33%) prevista a carico dei lavoratori dipendenti;
- versano i contributi con aliquota intera (attualmente del 33%) su tutte le voci stipendiali;
- non dispongono di alcuna decontribuzione;
- versano per i redditi più elevati un contributo aggiuntivo a carico del lavoratore;
- sono creditori dello stato in quanto a differenza dei privati incassano la liquidazione a rate differite (almeno 36 mesi per il pagamento completo e in alcuni casi fino a 7 anni);
- percepiscono gli aumenti contrattuali con un ritardo minimo di 3 anni;
- in molti casi hanno riscattato la laurea, periodi di studio e aspettativa pagando l’incremento della pensione calcolato sulla tabella che si vuole alterare creando un incredibile discrepanza tra il dare e l’avere”.
Per COSMED “non vi è dubbio che il presunto trattamento di miglior favore è sostenuto da una maggiore contribuzione versata all’Ente previdenziale” e che “onostante gli annunci di una strategia tendente a favorire la permanenza in servizio si precarizza il sistema con continue modifiche in peius che hanno come unico risultato l’incentivo all’esodo di quanti hanno maturato i requisiti pensionistici”.
“È evidente il tentativo di far pagare ai dipendenti pubblici le coperture di altri provvedimenti anche condivisibili, ma che andrebbero classificati come provvedimenti di tipo assistenziale da finanziare con la fiscalità generale e non con le risorse del sistema previdenziale”, prosegue ancora la Confederazione, secondo la quale “Si infierisce su una parte residuale di lavoratori che hanno visto in questi anni differito l’accesso alla pensione mediamente di 5 anni con contribuzioni maggiorate”.
“Un provvedimento dannoso – conclude la COSMED - che aumenta la sfiducia in un sistema precario e continuamente manomesso, un provvedimento iniquo e vessatorio che espone a un infinito contenzioso, demagogico e basato su pregiudizi ideologici nei confronti dei dipendenti pubblici”.