In questo secondo di tre articoli (
vedi la prima parte) andiamo a presentare in dettaglio la rete integrata delle risposte, ovvero quali servizi la nostra proposta di riforma prevede di mettere a disposizione dei milioni di cittadini e familiari che vivono ogni giorno, per lunghi-lunghissimi periodi, le difficoltà imposte dalla condizione di dipendenza.
Sono risposte, di varia natura, che sono inserite nello scenario generale organico del Sistema Nazionale Anziani (SNA), descritto nella prima parte. In estrema sintesi, nello SNA si riuniscono interventi sanitari, interventi sociali più le prestazioni Inps. Ricordiamo che lo SNA è fondato sul governo unitario e sulla realizzazione congiunta, altamente integrata, delle risposte da parte dei diversi soggetti pubblici responsabili (Stato, Regioni, Comuni) e che in esso convivono e convergono per il benessere globale della persona tante risposte diverse per i tanti diversi bisogni, disposte in una filiera di risposte integrate, con un insieme d’interventi che siano differenziati e complementari tra loro: servizi domiciliari, servizi semiresidenziali, servizi residenziali, trasferimenti monetari, adattamenti delle abitazioni, sostegni ai caregiver familiari e alle assistenti familiari (“badanti”).
Come descritto nella prima parte, a questi servizi e misure si accede dopo la Valutazione Nazionale di Base (VNB) cui può seguire la successiva UVM (Unità di Valutazione Multidimensionale), in cui si approfondiscono i profili di bisogno e si definiscono i Progetti assistenziali integrati (PAI) con le risposte personalizzate. La VNB, primo ed unico canale di accesso allo SNA, è realizzata dall’équipe SNA, un organo multidisciplinare con competenze sociali e sanitarie. La composizione dell’Equipe SNA e lo strumento valutativo utilizzato sono definiti a livello nazionale. Le UVM sono invece definite a livello locale ed usano strumenti individuati dalle Regioni.
La rete integrata delle risposte
Qui pulsa il cuore della riforma: lo SNA si articola infatti in una filiera organica di risposte differenziate e complementari, poste in reti integrate, centrate su un modello d’intervento orientato alla persona ed ai familiari care giver, in coerenza con i molteplici profili della non autosufficienza. Si vogliono integrare le varie risposte disponibili – pubbliche e private, formali e informali – con una modulazione nel tempo in un continuum di soluzioni complementari, progettate secondo l’evoluzione delle condizioni dell’anziano e delle sue reti di supporto. La filiera si snoda attraverso diverse opzioni, attribuendo la priorità alle risposte fornite a casa degli anziani: servizi domiciliari, soluzioni abitative di servizio, servizi semiresidenziali, servizi residenziali; inoltre sono disponibili: la Prestazione universale per la non autosufficienza, gli ulteriori interventi per le assistenti familiari e per il sostegno dei caregiver familiari, e per gli adulti con disabilità che invecchiano.
I Distretti potranno essere baricentro di questa rete integrata, sede di produzione o gestione-committenza di servizi, motore di integrazione.
I servizi domiciliari vengono forniti in modo integrato tra parte sanitaria (Asl) e sociale (Comuni). Assicurano un appropriato mix di prestazioni, a partire da servizi medico-infermieristico-riabilitativi, sostegno all’anziano nelle attività fondamentali della vita quotidiana e azioni di affiancamento/supporto a caregiver familiari e assistenti familiari. La durata della presa in carico e l’intensità (numero di visite per utente) sono commisurate alle necessità ed è prevista sempre la presenza del case manager responsabile del caso, punto di riferimento costante nel tempo per l’utente, i caregiver e l’insieme dei soggetti coinvolti nell’erogazione degli interventi. Nella proposta sono ben prese in considerazione le prestazioni da assicurare per rendere l’assistenza domiciliare il luogo privilegiato dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, tale da soddisfare tutte le necessità assistenziali sociali e sanitarie, mediante un giusto equilibrio delle diverse prestazioni che la situazione richiede: i) interventi medico-infermieristico-riabilitativi e psicologici (responsabilità delle Asl), ii) sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, che la mancanza di autonomia impedisce alla persona di compiere da sola (Asl e Comuni), iii) azioni di affiancamento e supporto a familiari e badanti (Asl e Comuni); iv) assegni di cura; v) assistenza integrativa-protesica, telemedicina e teleassistenza. Oggi così non è in larga parte d’Italia e pertanto la Riforma intende correggere queste asimmetrie.
Accanto all’Adi, già individuata come Lea nel 2001, si individua il Servizio domiciliare socio-assistenziale (SAD) come livello essenziale delle prestazioni sociali (Lep), quale atto necessario per lo sviluppo del SAD e per la sua integrazione con le cure domiciliari e da garantire 12 ore al giorno su 7 giorni settimanali, così da porsi in equilibrio efficace con l’Adi e la Cot attivi 24/7
I servizi di assistenza domiciliare sanitaria e sociale debbono venire autorizzati e, nei casi dei servizi pubblici e di quelli erogati per conto della pubblica amministrazione, accreditati. I sistemi di autorizzazione e accreditamento delle cure domiciliari e quelli dei servizi domiciliari socio-assistenziali devono essere raccordati.
È prevista la formazione continua del personale impegnato nell’assistenza domiciliare alle persone non autosufficienti, anche con percorsi relativi a competenze specialistiche.
Le Soluzioni Abitative di Servizio: tra le innovazioni, l’accento posto sul valore della domiciliarità trova evidenza nel risalto dato a queste soluzioni, ancora poco diffuse, che costituiscono l’insieme delle misure di supporto abitativo agli anziani. Vi rientrano civili abitazioni, individuali, in coabitazione, condominiali o collettive, che rispondono alla necessità di garantire sicurezza e qualità alla vita agli anziani. Possono essere integrate da servizi di supporto alla socialità e alla vita quotidiana, da servizi alla persona, da ausili tecnologici e da tecnologie assistive. Le Soluzioni Abitative di Servizio sono inserite a pieno titolo nella filiera degli interventi afferenti allo SNA.
Sono realizzate secondo principi di buona qualità costruttiva che le rendono adatte o adattabili alla vita di chi, in vecchiaia, si trovi nelle condizioni definite al punto precedente. Possono essere integrate da servizi accessori di supporto alla socialità e alla vita quotidiana, da servizi alla persona, da ausili tecnologici per la vita sicura, da tecnologie assistive e da facilitazioni al lavoro privato di cura.
Vengono stabiliti i criteri strutturali e organizzativi in base ai quali una forma di civile abitazione individuale - in coabitazione, condominiale o di edilizia pubblica o convenzionata - può essere considerata compatibile con il modello delle SAdS.
Sono previste forme di autorizzazione o accreditamento sociale per le organizzazioni idonee a coordinare le SAdS e a erogare i relativi servizi accessori, definendo contestualmente i necessari requisiti di solidità organizzativa, formazione ed esperienza. Si prevede un Piano nazionale di durata pluriennale per la qualificazione abitativa, ambientale e dell'organizzazione urbana e per la realizzazione di contesti di vita inclusivi e amichevoli per la vecchiaia e per la compromissione cognitiva.
I servizi semiresidenziali offrono interventi complementari di sostegno a persone che vivono nella loro comunità territoriale, con risposte diversificate in base ai profili degli anziani. Viene garantita la presenza di servizi residenziali che assicurino un’adeguata qualità e appropriatezza delle cure necessarie e promuovano la qualità della vita degli anziani residenti. Le strutture hanno ambienti amichevoli, domestici e familiari, che tutelano la privacy. La presenza delle diverse professionalità viene opportunamente calibrata per numero e composizione, in modo da assicurare l’intensità assistenziale necessaria e le risposte adatte ai molteplici profili degli anziani. Oltre alle attività di socialità e di arricchimento della vita, possono fornire prestazioni di mantenimento a soggetti con rilevanti limitazioni nelle attività quotidiane e cure estensive ad anziani con compromissione cognitiva o demenza.
I servizi residenziali assicurano un’adeguata qualità e appropriatezza delle cure necessarie e promuovono la qualità della vita degli anziani residenti con limitazioni delle autonomie o altre complessità, ai quali non sia possibile assicurare a domicilio l'intensità degli interventi o la qualità specialistica delle risposte necessarie. Viene garantita la diffusione nel Paese di servizi residenziali di quantità e qualità adeguate ad assicurare l’intensità assistenziale e l’appropriatezza delle cure necessarie, anche mediante l’integrazione con i servizi sanitari specialistici e di cure palliative. La struttura architettonica e l’organizzazione degli spazi devono garantire un ambiente privo di pericoli e di barriere, connotato in senso abitativo e in grado di favorire sia le relazioni amicali e familiari che il senso di continuità con la comunità territoriale di appartenenza. Rappresentano un’articolazione della rete dei servizi, sono efficacemente integrati nella comunità territoriale e favoriscono la continuità di vita e di relazioni delle persone accolte. Questa rete deve fornire il supporto sociale e sanitario necessario a prevenire il ricorso inappropriato o intempestivo ai servizi residenziali. La presenza delle diverse professionalità viene opportunamente calibrata per numero e composizione, in modo da assicurare l’intensità assistenziale necessaria e le risposte adatte ai molteplici profili degli anziani. I servizi residenziali sono di tipo sociosanitario (Residenze sociosanitarie, RSS) o sociale (Residenze sociali, RS). Rispondono ai bisogni definiti rispettivamente dai Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea) e dai livelli essenziali delle prestazioni sociali (Lep). È adottato il modello nazionale di classificazione delle prestazioni proposto nel 2007 dalla Commissione Lea del Ministero della Salute e i relativi codici di attività: R1, R2, R2D, R3.
Gli interventi economici - La “Prestazione Universale per la Non Autosufficienza “: la nostra proposta di riforma intende innovare gli attuali meccanismi di valutazione e conferimento delle Indennità di Accompagnamento, che vengono sostituite dalla Prestazione Universale per la Non Autosufficienza. Questa è progettata come misura finalizzata a garantire ai percettori la maggior autonomia possibile. Si tratta di un trasferimento monetario - universale nell’accesso e graduato in base al bisogno - impiegabile o come contributo economico senza vincoli di utilizzo o per ricevere servizi alla persona (opzione che genera un aumento dell’importo), svolti sia in forma organizzata da prestatori di servizi di cura, inclusi servizi domiciliari e residenziali autorizzati o accreditati, sia in forma individuale da assistenti familiari regolarmente assunte. L’introduzione della Prestazione Universale riforma e sostituisce pertanto l’indennità di accompagnamento e i relativi strumenti di valutazione. Gli attuali beneficiari dell’indennità hanno la possibilità di mantenere la misura vigente oppure di optare per la nuova. La Prestazione Universale viene erogata a tutte le persone anziane con un grado di non autosufficienza tale da richiedere un’attività di cura continuativa. L’accesso alla Prestazione Universale è determinato esclusivamente sulla base del fabbisogno assistenziale dell’interessato, misurato attraverso la Valutazione Nazionale di Base (VNB). La VNB stabilisce il possesso dei requisiti minimi per accedere alla Prestazione Universale e ne definisce l’importo in relazione al fabbisogno assistenziale del beneficiario, che sceglie tra contributo economico senza vincoli di utilizzo o servizi alla persona (importo maggiorato). A seguito della VNB ogni avente diritto viene collocato in un profilo specifico, il cui livello cresce all’aumentare del fabbisogno assistenziale. L’importo della Prestazione è graduato in base a tale profilo e si incrementa progressivamente all’aumentare del fabbisogno assistenziale.
Gli interventi per le assistenti familiari sono previsti (i) con meccanismi di remunerazione dei loro costi, attraverso il ricorso alla Prestazione Universale per la non Autosufficienza (di importo maggiorato) ovvero di un’agevolazione fiscale (quando regolarmente assunte e non è percepita la Prestazione Universale), semplificata e potenziata rispetto a quelle attuali; (ii) con la definizione di un profilo professionale nazionale di “Assistente familiare”, che definisce l’insieme delle competenze proprie di questa figura e il relativo iter formativo, unico su tutto il territorio nazionale, sia sul lato della loro formazione. È previsto altresì che le Regioni promuovano servizi per l’incontro tra domanda e offerta del lavoro privato di cura - con funzioni di sostegno per le famiglie e i lavoratori e di miglioramento della qualità dell’assistenza - e ne accreditano l’attività, con particolare riferimento ai soggetti privati.
Gli interventi a sostegno dei familiari e dei care giver: lo SNA riconosce la funzione di cura del caregiver familiare e persegue l’obiettivo di tutelarne le condizioni materiali e il benessere psico-sociale. La valutazione delle condizioni della persona anziana è sempre accompagnata, anche nel PAI, da quella della condizione del caregiver familiare, dei suoi bisogni e della necessità di interventi di supporto. Questo aspetto concorre alle definizioni delle risposte fornite dallo SNA. Per riconoscere l’impegno di cura dei caregiver vengono istituite tutele previdenziali a carico dello Stato, sotto forma di contributi figurativi per la pensione. Si promuovono interventi tesi a favorire la conciliazione tra i tempi di cura, di vita e di lavoro, politiche per l’eventuale inserimento e la ricollocazione del caregiver familiare nel mercato del lavoro e azioni finalizzate alla condivisione dei compiti di cura in ambito familiare, nella rete parentale e in quella sociale. Infine, in accordo con l’evoluzione delle modalità di assistenza informale, lo SNA prevede misure di sostegno ai caregiver minori di 18 anni che assolvano a compiti di cura familiare, tutelandone il diritto all’educazione e all’istruzione, promuovendone il benessere psico-fisico, favorendone la conciliazione tra tempo di cura e tempo di studio, facilitandone la transizione dalla scuola al lavoro.
Per le persone con pregresse condizioni di disabilità che entrano nell’età anziana gli interventi elencati sono opportunamente modificati al fine di riconoscerne le specificità, di garantire loro i massimi livelli di qualità di vita acquisiti e raggiungibili e di assicurare la continuità con i percorsi assistenziali già in atto, in una logica di inclusione sociale e di partecipazione attiva alla comunità, in coerenza con le indicazioni del progetto individuale di cui all’art. 14 L.328/2000, che mantiene il proprio ruolo ordinatore per garantire i massimi livelli di qualità di vita acquisiti e raggiungibili, in una logica di inclusione sociale e partecipazione attiva alla comunità.
Tutti questi interventi costituiscono livelli essenziali delle prestazioni in materia sanitaria e sociale (Lea e Lep) e si configurano come livelli essenziali di erogazione, complementari quindi a quelle di processo sopradescritti.
Paolo Da Col, Antonino Trimarchi
Centro Studi CARD