Il Ministero della Salute ha aggiornato la sua circolare per la gestione domiciliare dei pazienti Covid. Il motivo, come spiega lo stesso ministero, è "la sopravvenuta disponibilità di nuovi farmaci antivirali e anticorpi monoclonali".
L’aggiornamento è stato effettuato da un apposito gruppo di lavoro composto da rappresentanti istituzionali, professionali e del mondo scientifico, istituito dalla Direzione Generale della Programmazione Sanitaria e dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della salute, al fine di fornire indicazioni operative tenuto conto dell’attuale evoluzione della situazione epidemiologica sul territorio nazionale e delle emergenti conoscenze scientifiche in particolare in ambito farmacologico.
Attualmente, spiega la circolare, le terapie, sia con anticorpi monoclonali, che con antivirali, sono indicate per soggetti con Covid lieve-moderato di recente insorgenza, non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, che presentino fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia.
In accordo con le specifiche determine autorizzative dell’Aifa, la selezione del paziente da trattare con anticorpi monoclonali o con antivirali è affidata ai medici che trattano pazienti affetti da Covid di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati.
La prescrivibilità deve avvenire nel rispetto dei criteri fissati dalla Cts, e indicati nell’ambito del
Registro web Aifa. La circolare ribadisce comunque che la selezione del paziente da trattare con anticorpi monoclonali o con antivirali è affidata ai MMG, ai PLS, ai medici delle USCA(R) e, in generale, ai medici che abbiano l’opportunità di entrare in contatto con pazienti affetti da COVID-19 di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati.
Questi devono essere indirizzati rapidamente ai centri abilitati alla prescrizione ed alla somministrazione/dispensazione di tali farmaci per il COVID19 identificati dalle Regioni. Sia gli anticorpi monoclonali che gli antivirali per la cura del Covid-19 sono soggetti a registro di monitoraggio AIFA.
Queste le indicazioni per i soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici:
• costante e accurato monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente, inclusa la misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria (si raccomanda di considerare come valore soglia di sicurezza per un paziente COVID-19 domiciliato il 92% di saturazione dell’ossigeno (SpO2) in aria ambiente);
• trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei -FANS- in caso di febbre o dolori articolari o muscolari, a meno che non esista chiara controindicazione all’uso). Si ricorda che paracetamolo e farmaci antinfiammatori non steroidei hanno meccanismi d’azione differenti e, alle dosi correntemente impiegate, il primo non ha proprietà antinfiammatorie, ma, al contrario, è di utilità per il suo effetto antipiretico e analgesico. Altri farmaci sintomatici potranno essere utilizzati su giudizio clinico;
• appropriate idratazione e nutrizione, in particolare nei pazienti anziani. Nel paziente immobilizzato, visto l’aumentato rischio di sarcopenia va garantito un appropriato apporto proteico;
• promuovere, nei limiti consentiti dalle condizioni cliniche del paziente, l’attività fisica a domicilio che, anche se limitata, contribuisce a prevenire le conseguenze dell’immobilizzazione e dell’allettamento e può consentire una riduzione dell’indicazione all’utilizzo dell’eparina;
• raccomandare di assumere preferenzialmente, durante il riposo e compatibilmente con le condizioni del paziente, la posizione prona;
• valutazione, nei pazienti a rischio di progressione di malattia, della possibilità di trattamento precoce con anticorpi monoclonali o farmaci antivirali (nirmatrelvir/ritonavir, remdesevir, molnupiravir) da parte delle strutture abilitate alla prescrizione;
• i pazienti in trattamento immunosoppressivo cronico in ragione di un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie a patogenesi immunomediata, potranno proseguire il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante;
• non utilizzare routinariamente corticosteroidi. L’uso dei corticosteroidi è raccomandato esclusivamente nei soggetti con malattia COVID-19 grave che
necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in pazienti con fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia ove non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. L’utilizzo della terapia precoce con steroidi si è rivelata inutile, se non dannosa, in quanto in grado di inficiare lo sviluppo di un’adeguata risposta immunitaria;
• non utilizzare routinariamente eparina. L’uso di eparine a basso peso molecolare (EBPM) è indicato solo nei soggetti allettati o con ridotta mobilità a dosi profilattiche allo scopo di prevenire il tromboembolismo venoso, in assenza di controindicazioni;
• evitare l’uso empirico di antibiotici. La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti con la sola infezione virale da SARS-CoV2 non consentono di raccomandare l’utilizzo degli antibiotici, da soli o associati ad altri farmaci. Un ingiustificato utilizzo degli antibiotici può, inoltre, determinare l’insorgenza e il propagarsi di resistenze batteriche che potrebbero compromettere la risposta a terapie antibiotiche future. Il loro eventuale utilizzo è da riservare esclusivamente ai casi nei quali l’infezione batterica sia stata dimostrata da un esame microbiologico e a quelli in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica;
• non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici randomizzati fino ad ora condotti;
• non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente;
• non modificare, a meno di stringente ragione clinica, le terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive, ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti, anticoagulanti o antiaggreganti, terapie psicotrope), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti che possono avere anche un importante impatto sulla prognosi;
• evitare l’uso di benzodiazepine, soprattutto ad alto dosaggio, in considerazione dei possibili rischi di depressione respiratoria.