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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Fisioterapisti: “Impedire l’applicazione del Piano riabilitazione”

11 febbraio - L'Associazione Italiana Fisioterapisti (Aifi), in collaborazione con la Federazione di Logopedisti Italiani (Fli), ha già messo in campo una serie di azioni per contrastare il Piano di indirizzo per la riabilitazione. Toscana, Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia, e a breve in tutte le Regioni italiane, sono già operative, attraverso contatti con gli assessorati competenti, al fine di impedirne l'applicazione. Una iniziativa che vede i professionisti al fianco di Cittadinanzattiva e di molte associazioni per i diritti delle persone con disabilità riunite in Fish.
“Avevamo da subito annunciato la nostra contrarietà alla Conferenza Stato-Regioni e al Ministero - spiega il presidente Aifi, Antonio Bortone - affinché ci fosse un ripensamento e un approfondimento su molte tematiche contenute nel Piano. Avevamo più volte sollecitato il sottosegretario alla Salute Francesca Martini ad un confronto chiaro e costruttivo. Non è servito. E allora possiamo già annunciare che utilizzeremo ogni strumento legale atto a neutralizzare il tentativo di applicare questo piano, non condiviso e non utile ai professionisti ed ai pazienti, ma solo ad alcune componenti mediche”.
Interpellato da Quotidiano Sanità, Bortone spiega che “l’Aifi ha partecipato al tavolo tecnico ministeriale, quindi non disconosciamo la sigla messa in calce al documento approvato. Il problema è che abbiamo scoperto a posteriori che il nostro coinvolgimento è stato più strumentale che sostanziale, perché tutti le modifiche che abbiamo proposto non sono state considerate. Insomma, c’eravamo ma non abbiamo assolutamente condiviso il testo elaborato. E questo l’avevamo chiaramente detto al ministro e ai tecnici del ministero”.
Quattro, in particolare, i punti contro cui si scagliano i fisioterapisti. “Anzitutto – spiega Bortone -  questo Piano non ha un respiro organico, un’armonia di insieme. La tematica è affrontata per settori, con evidenti incongruenze tra essi . Questo in linea generale, ma il presidente dell’Aifi sottolinea in particolare come questo valga soprattutto per l’inserimento nel Piano della Afa (Attività Fisica Adattata). “Per quanto sia specificato che l’Afa non è una prestazione sanitaria e non rientra nella riabilitazione, però questo rende evidente come non dovesse essere inserita nel Piano per la riabilitazione”. Per Bortone, se è condivisibile l’invito all’attività motoria e all’attenzione agli stili di vita, si rischia tuttavia “una strumentazione dell’Afa a discapito di percorsi riabilitativi. Il nostro timore – spiega - è alcune strutture, prevalentemente private, in cui operano persone non abilitate a prestazioni sanitarie, finiscano, anche in buona fede, per far passare l’Afa come una prestazione sostitutiva della riabilitazione. Rappresenterebbe un grave danno per il cittadino e l’inserimento dell’Afa nel piano per la riabilitazione potrebbe indurre a questo equivoco”.
La terza ragione di critica è “la visione dipartimentale del Piano. Si enfatizza il Dipartimento di riabilitazione a conduzione dello specialista di medicina fisica e riabilitativa, ma riteniamo che non vi siano le risorse economiche disponibili per questa riorganizzazione.
Ma è sull’ultimo che si è aperto lo “scontro cruciale” tra la visione ministeriale e quella delle associazioni di categoria. Si tratta della “depressione del lavoro multiprofessionale”, afferma il presidente dell’Aifi. “Mentre viene enunciata con grande enfasi in premessa, quando si passa ai fatti, cioè al progetto riabilitativo, il Piano stabilisce chiaramente che questo debba essere concepito dallo specialista in medicina fisico-riabilitativa, che eventualmente lo condivide con l’équipe. Questo – sottolinea Bortone – è in modo evidente contrario all’assunto delle precedenti linee guida del 1998, dove si affermava che il progetto riabilitativo è definito dall’équipe, coordinata dallo specialista di area di competenza. C’è una differenza sostanziale”. La sensazione, secondo Bortone, è che il Piano voglia giustificare le competenze di una specifica branca medica a discapito dell’economia del Sistema nonché delle altre specialità afferenti all’area della riabilitazione.
In conclusione, “riteniamo si sia sprecata una valida occasione di aggiornamento culturale delle vigenti linee guida”.
11 febbraio 2011
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