toggle menu
QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Sip: “Gravissimo che ormai siano ‘socialmente accettate’”

25 giugno -

“La presentazione di oggi in Parlamento sul problema droghe in Italia, ma in generale nel mondo occidentale, conferma che la crescita di sostanze (compresi alcol e ansiolitici al di fuori di ogni prescrizione medica) riguarda un profondo cambiamento di mentalità che vede la dimensione ludica del loro impiego come accettabile, e tendenzialmente priva di conseguenze a livello organico e mentale. Un errore gravissimo. Contrariamente agli anni 70 in cui l’uso di sostanze aveva una valenza di trasgressione dai valori condivisi della società, oggi è, infatti, percepito come elemento per essere pienamente accettati dal contesto. La maldestra gestione del concetto di droghe ‘leggere’ e droghe ‘pesanti’ ha fuorviato intere generazioni, e ancora oggi influisce su una percezione svalutatoria del pericolo ad opera di genitori, insegnanti e spesso, addirittura, degli operatori”. Sono le prime parole di commento di Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria.

“Questo modo di pensare ha aperto la strada ad un costante e collettivo abbassamento della soglia di percezione del rischio e soprattutto delle conseguenze in termini di impulsività e discontrollo di cui le sostanze sono mediatori e attivatori, visto che agiscono sulle aree del cervello che regolano questi aspetti, oltre che - più in generale, a livello del funzionamento cognitivo. Altrettanto errata è, spesso, la percezione delle conseguenze negative delle sostanze su comportamenti violenti verso sé (tentativo di suicidio e suicidio) o gli altri (aggressioni e stupri) ma anche forme più subdole di rischio quali il tagliarsi, le gravi dipendenze comportamentali da social o su gravi modificazioni del sonno e dell’alimentazione. Azione tanto più grave quanto è minore l’età dell’utilizzatore”.

Il ruolo degli psichiatri è un altro tema chiave. “La difficoltà per gli psichiatri di prevedere tale vulnerabilità nei primi anni della vita – se non attraverso fattori di rischio noti (genetica familiare per disturbi mentali, ADHD e disturbi della condotta in età precoce, traumi fisici, emotivi e sessuali…) – impedisce spesso interventi di prevenzione primaria che vadano aldilà del solito dibattito tra limitare la disponibilità delle sostanze e la generica informazione sui rischi nelle scuole all’interno, purtroppo, di un mercato che va invece espandendosi ed è sempre più facilmente accessibile”, spiega la presidente SIP. “Questa società sembra non essere in grado di indirizzare politiche di prevenzione del disagio ma, piuttosto, di ‘rincorrere’ i fenomeni esclusivamente se questi colpiscono e allarmano l’opinione pubblica: la gestione della violenza, in primis, ma anche quella della violazione costante di molte norme del ‘vivere civile’. La realtà attuale esprime, nei fatti, un profondo indebolimento della convivenza sociale e di un’utile condivisione degli strumenti di analisi da parte degli adulti che sembrano nutrirsi, quasi esclusivamente, del ‘politicamente corretto’, a discapito di una visione approfondita dei fenomeni e della loro specificità in una realtà sociale che cambia con una velocità inarrestabile e devia progressivamente dalle certezze che hanno garantito, per secoli, modelli più o meno efficaci, ma stabili, di comportamento”.

25 giugno 2024
© QS Edizioni - Riproduzione riservata