21 luglio -
“Approvare la proposta delle Regioni di alzare al 20 per cento le soglie critiche costituite dai ricoveri nelle terapie intensive significherebbe non aver imparato nulla dall'esperienza passata”. Con queste parole
Alessandro Vergallo, presidente dell'Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani (Aaroi), commenta all'AGI la richiesta avanzata dalle Regioni di portare, per la zona bianca, il limite massimo di occupazione dei posti letto in area medica al 30 per cento e quello delle terapie intensive al 20 per cento.
“Lo scorso anno - ricorda l'esperto - l'ondata pandemica ha provocato nuove difficoltà verso la fine di settembre, fino a raggiungere un andamento esponenziale con un tempo di raddoppio dei ricoveri di circa dieci giorni. Alzare la soglia di criticità significa diminuire le chance di reagire prontamente alle potenziali situazioni emergenziali e aumentare il rischio di non poter intervenire nei venti o trenta giorni successivi al superamento della soglia limite, che rappresentano l'arco di esaurimento della curva”.
Secondo Vergallo, sembrano pertanto più ragionevoli le proposte del Ministero, anche perché, osserva, “i dati sui ricoveri in rianimazione, come evidenzia la fondazione GIMBE, vanno guardati con il binocolo, non con lo specchietto retrovisore, dato che risentono di un ritardo di almeno 20 giorni rispetto al momento del contagio. La situazione attuale è molto diversa rispetto a quella dello scorso anno nello stesso periodo stagionale - riporta - non tanto in numeri assoluti, quanto piuttosto nella relazione tra contagi e malattia e nella tipologia dei pazienti. A riempire i reparti ospedalieri e le terapie intensive quest'anno sono infatti per la maggior parte soggetti di età inferiore a 50 anni, quasi tutti non vaccinati. Questo risente in parte delle ideologie no vax, e in parte delle esigenze di mobilità lavorativa e sociale che interessano questa fascia anagrafica di popolazione”.
Occorre inoltre considerare, secondo l'esperto, da un lato il regime restrittivo dei mesi precedenti di quest'anno, molto meno rigido di quello adottato nei mesi corrispondenti del 2020, dall'altro lato la campagna vaccinale, che sta proseguendo relativamente bene. “Dobbiamo imparare dagli errori di mancata previsione dello scorso anno - conclude Vergallo - la diffusione delle varianti rappresenta un punto interrogativo di cui non possiamo prevedere l'esito, ma i dati sull'accesso ai reparti ordinari e alle terapie intensive depongono a favore dell'efficacia dell'immunizzazione nel proteggere la popolazione dalla malattia conclamata. Sarà necessario approfondire le ricerche sulla durata dell'effetto immunitario dei vaccini, ma per adesso è fondamentale mantenere elevato il livello di attenzione. Non siamo ancora fuori pericolo”.