Ecco qui di seguito la lettera di Sergio Dompé pubblicata sul Financial Times.
Il Commissario europeo per il Mercato Interno, Michel Barnier, ha proposto di limitare le lingue “ufficiali” per il deposito dei brevetti europei a sole tre: l'inglese, il francese e il tedesco; così escludendo l'italiano e lo spagnolo.
La proposta ha suscitato le ovvie polemiche nazionali, ma manca di toccare il nocciolo della questione.
Come Presidente di Farmindustria - che riunisce i produttori farmaceutici in Italia, un gruppo profondamente coinvolto nella ricerca e nel deposito di brevetti - devo constatarche il costo di queste traduzioni non è il maggiore dei nostri problemi.
E' il sistema brevettuale stesso che sta scricchiolando ed è sempre meno in grado di difendere e premiare la proprietà intellettuale che dovrebbe invece proteggere. E' questa vulnerabilità il vero rischio.
Per quanto riguarda le lingue, se, come si dice, lo scopo dell'esercizio è quello di ridurre i costi di traduzione, allora la logica suggerirebbe che la soluzione più efficace sarebbe la standardizzazione su una sola lingua.
Se questa non può essere l'inglese per motivi di grandeur o di sentimento nazionale in paesi più influenti al livello europeo dell'Italia, suggerirei piuttosto di accordarci sulla lingua "klingon" del telefilm Star Trek oppure l'idioma artificiale recentemente inventato per la pellicola Avatar.