Una importante innovazione si profila in campo osterico-ginecologico per la gestione di parti complicati: si chiama Odon device e deve il nome al suo inventore, un meccanico che ne ebbe l’intuizione studiando un metodo per estrarre i tappi dalle bottiglie vuote.
Costituito da una sorta di sacchetto di plastica con doppia intercapedine, collegato ad un applicatore del medesimo materiale, avvolge in maniera molto delicata, del tutto similmente a quanto potrebbero fare la coppia delle mani, la testa del feto che si presenta nel canale del parto aiutandola a scivolare più agevolmente lungo le pareti vaginali. Tutto questo avviene a quasi 300 anni dall’introduzione del forcipe e a 100 dalla ventosa, tecniche che hanno più volte mostrato limiti e pericoli ed oggi raramente utilizzate.
Lo strumento, approvato dalla Who che ne ha sviluppato l’aspetto medico, ha ottimi potenziali: bassissimi costi di realizzazione per la tipologia dei materiali (cellophan e plastica), facilità di esecuzione (può essere manovrato anche da uno studente al 1° anno di ostetricia), sicurezza, assenza di controindicazioni e effetti collaterali sia per la donna che per il bambino. Eseguiti studi di simulazione su manichini con ottimi risultati, lo strumento è già in uso in un ospedale di Buenos Aires. Da Febbraio/Marzo 2012 partiranno in Italia, in collaborazione con l’Oms, i primi studi di validazione clinica e di tutte le possibili applicazioni. Accolto favorevolmente dalla classe medica e dalla popolazione femminile, si stima che l’Odon device possa ridurre del 5-6% il numero dei tagli cesarei. L’Odon device viene presentato oggi durante il Congresso Mondiale sulla Salute Materna e Neonatale dai maggiori rappresentanti dell’Oms e delle Università di Medicina Italiane.
“Finalmente un’importante novità in campo ostetrico-ginecologico” dichiara Gian Carlo Di Renzo, direttore della Clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Perugia che fa presente le indiscusse ripercussioni sui parti medicalizzati ovvero una riduzione dei tagli cesarei “attuati oggi all’incirca del 35-50% dei casi”, ma anche la sostituzione pressoché completa dell’uso del forcipe e delle ventose “attualmente praticati in Italia rispettivamente nell’1 e 5% dei casi”. Tuttavia, conclude Di Renzo, “si dovrà attendere ancora un anno o poco più per il pieno ingresso dell’Odon negli ospedali italiani, perché una volta completati e superati tutti i test di validazione e sicurezza, occorrerà una adeguata commercializzazione e industrializzazione”.
“Il dispositivo Odon – spiega Mario Merialdi, Chairman del comitato scientifico internazionale del Congresso e Coordinatore del Dipartimento di Salute della Riproduzione dell’Oms – è la prima innovazione in secoli per affrontare il problema delle complicazioni del periodo espulsivo del parto”. Essendo più semplice, più economico e più sicuro delle alternative attualmente in uso, Odon è potenzialmente uno strumento rivoluzionario in grado di risolvere i problemi comuni nelle sale parto sia nei paesi poveri che negli ospedali dei paesi industrializzati.
“Questo dispositivo, inventato e testato in paesi del Sud del mondo – aggiunge Flavia Bustreo, assistente al Direttore Generale, Cluster Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, Organizzazione Mondiale della Sanità – rappresenta un chiaro esempio di come stanno cambiando le dinamiche della salute globale”.
“Jorge Odon – aggiunge Ignazio Marino, chirurgo, Presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Ssn – senza alcuna nozione di ostetricia ha avuto un’idea geniale dai risultati sorprendenti. Meno infezioni, meno emorragie, meno ricorso al taglio cesareo e al forcipe, nessuna sofferenza per il feto. Il sistema ha tutte le potenzialità per ridurre i rischi connessi al parto e cambiare così il destino di milioni di donne e bambini nelle aree più svantaggiate del mondo”.