“Rinunciare ai fondi per l’edilizia sanitaria vuol non solo non poter costruire nuovi ospedali, come sarebbe necessario fare, dal momento che la maggior parte delle strutture sanitarie italiane ha più di 50 anni. Ma significa anche rinunciare a mettere in sicurezza le strutture oggi esistenti all’interno della quali, ogni anno, circa 13 milioni italiani trascorrono almeno una settimana”. Ad affermarlo è stato stamani il
segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise, ai microfoni di
Pronto Salute, la trasmissione di Radio Rai Uno.
Introducendo il tema della trasmissione, la giornalista Emanuela Medi ha ricordato il
mancato stanziamento di un miliardo per l’edilizia sanitaria e l’introduzione, al suo posto, all’interno della legge di stabilità, di un articolo che fa rientrare la sanità tra i comparti che potranno avvalersi di 2,8 miliardi previsto per il piano per le infrastrutture. Ma questo vuol dire che non vi saranno fondi ad hoc e che non c’è certezza su quale quota di quei fondi andranno effettivamente alla sanità che si dovrà contendere il fondo con la scuola, l'ambiente e altri comparti. “Se arriveranno, in ogni caso arriveranno falcidiati”, ha osservato Troise sostenendo che, “a questo punto, diventerà necessario ricorrere a project financing, cioè ai privati che si assumono l’onere economico in cambio della gestione per un lungo periodo di servizi non sanitari”. Il segretario dell’Anaao si è però detto dubbioso sui benefici di questo sistema: “Indubbiamente permette di abbreviare i tempi, ma a lungo andare anche la Corte dei Conti ritiene che porterà costi maggiori”.
Dalla Corte dei Conti, però, è arrivato anche il monito alle Regioni per lo scarso utilizzo dei fondi per il piano straordinario di edilizia sanitaria dal 1988 ad oggi. Dei 16,84 miliardi di euro stanziati, infatti, solo il 59% è stato attivato mentre le somme effettivamente erogate superano di poco il 40% del totale. La colpa, secondo i giudici contabili, sta nella farraginosità procedurale ma anche l’incapacità realizzativa locale. “Una questione gravosa”, commenta ai microfoni di Radio Rai Uno
Luca Coletto, assessore alla Salute del Veneto e coordinatore degli assessori regionali alla Salute. “Quei soldi – ha spiegato Coletto –, depositati nelle casse e a disposizione delle Regioni, sono infatti il frutto di mutui e di contratti che hanno prodotto negli anni costi passivi, gravando sul debito pubblico”.