Dopo il susseguirsi di notizie, accuse, azioni di protesta da parte delle associazioni dei cittadini e audizioni parlamentari con il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, il Policlinico Gemelli di Roma interviene con una nota sulla tempesta che lo ha colpito dopo la diagnosi per sospetta Tbc a un’infermiera del reparto di Neonatologia. “Al fine di assicurare la massima tutela di tutti i pazienti, che quotidianamente si rivolgono al Gemelli, in particolare dei neonati e delle loro famiglie, fin dallo scorso 26 luglio la Direzione del Policlinico ha avviato con rigore e determinazione tutti gli interventi di sorveglianza e controllo per la tubercolosi previsti dalle Linee guida emanate dal proprio Comitato per la lotta alle infezioni ospedaliere”, si legge nella nota diramata dall’ufficio stampa del Policlinico. “Un insieme di attività - aggiunge - in applicazione delle procedure di massima sicurezza previste dal Policlinico e dalle linee guida vigenti per il controllo delle infezioni nosocomiali e per la prevenzione della diffusione intra-ospedaliera della tubercolosi. In particolare, relativamente al personale, tali controlli si sono svolti e stanno proseguendo, d’intesa con l’Asl Rm/E, secondo un’indagine epidemiologica cosiddetta ‘a cerchi concentrici’, coinvolgendo tutti gli operatori che hanno avuto contatti stretti e ravvicinati o sporadici e occasionali con l’infermiera affetta da tubercolosi polmonare attiva”.
“L’azione intrapresa dal Gemelli e dalla Regione Lazio, l’ampiezza e la straordinarietà dei controlli effettuati e ancora in corso – continua la nota del Policlinico -, costituiscono un fatto eccezionale che oltre a confermare e garantire la sicurezza del Policlinico, potranno contribuire a favorire, come ha sottolineato il ministro della Salute, la definizione di nuove linee guida per l’epidemiologia e la profilassi della Tbc in ambito ospedaliero”.
In base a tutto questo, il Gemelli, “per evitare ulteriori inutili e ingiustificati allarmismi”, ribadisce che “come sottolineato da tutta la comunità scientifica nazionale e internazionale e come ricordato in tutte le comunicazioni dell’Unità di coordinamento regionale, che l’eventuale positività al test anchedi operatori sanitari non segnala né malattia né contagiosità, ma esprime solo l’avvenuto contatto con il micobatterio. Del resto in Italia, che pure è considerato un Paese a bassa endemia per la TBC con circa 5mila nuove diagnosi di malattia all’anno, i soggetti con cuti-reazione positiva (significa che sono venuti a contatto con l’agente della tubercolosi senza sviluppare la malattia) sono stimati in circa il 10% della popolazione. È quindi realistico ritenere – conclude la nota - che soggetti in questa condizione siano presenti in moltissime comunità o ambiti professionali, senza che per ciò costituiscano pericolo per la salute pubblica come autorevoli esperti hanno ripetutamente e pubblicamente sottolineato”.