Anche il Consiglio regionale del Lazio interviene sul caso Charlie Gard, il bambino di 10 mesi affetto da una malattia genetica rara al centro di un grande caso giudiziario che ha visto i genitori opporsi ai medici che vorrebbero staccare la spina delle macchine che lo tengono per non prolungare il suo dolore. Il Consiglio regionale laziale ha infatti approvato una mozione che impegna il presidente Nicola Zingaretti e la Giunta regionale a sollecitare il Governo italiano a farsi portavoce della “volontà di preservare la dignità e la civiltà fondate sul valore della persona” e “adotti tutte le tempestive e opportune iniziative volte a salvare la vita del piccolo
Charlie Gard, compresa quella di poterlo accogliere in strutture ospedaliere del Lazio, quale ad esempio il Bambino Gesù, già disponibile a farlo, come dichiarato dal direttore dell’Ufficio nazionale della Cei”.
Con la mozione votata a maggioranza, inoltre, il Consiglio regionale ha espresso “solidarietà e sostegno alla famiglia colpita da una così drammatica vicenda”. L’atto di indirizzo è stato adottato su proposta di
Olimpia Tarzia (lista Storace).
“Charlie – commenta Tarzia su Facebook - non è un malato terminale, non è congruo dunque nel suo caso parlare di accanimento terapeutico. E’ affetto da una malattia ad oggi inguaribile, ma non incurabile e curare significa prendersi cura, attraverso un percorso che deve poggiare sull’alleanza terapeutica, sul rapporto di fiducia tra medici e pazienti, che, nel caso di Charlie non si è evidentemente verificato. Ma c'è ancora speranza, prima della nuova udienza di giovedì. Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia: quale più nobile compito può avere la politica? E oggi, con l’approvazione della mozione, il Consiglio Regionale del Lazio ha scelto di dare un contribuito, magari piccolo, a fianco di Charlie e dei suoi genitori e ha dato un valore aggiunto, questo, invece, grande, all’impegno politico di tutti noi”.
“Mi è sembrato giusto – prosegue Tarzia - che fossero anche le istituzioni a farsi sentire, per tentare in ogni modo di impedire la condanna a morte di un innocente e di preservare la dignità e la civiltà fondate sul valore della persona, che non può essere oggetto di valutazioni utilitaristiche, di calcolo economico, di abbandono e di scarto. Se si prende la strada della selezione utilitaristica tra gli esseri umani degni di vivere e quelli non degni, se la qualità di vita - la cui valutazione è inevitabilmente soggettiva - diventa un sacro totem che prevale sulla vita stessa, se anziché investire nella ricerca della cura delle malattie rare si sceglie di eliminare il malato che ne è affetto, allora si apre uno scenario inquietante che ci prospetta una società in cui il più forte schiaccia il più debole: e non è questo il futuro che vogliamo per i nostri figli”.