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Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Questo è il titolo del convegno organizzato da Alleanza Cattolica, Tempi, Obiettivo Chaire e Nonni2.0, e patrocinato dalla Regione Lombardia (con tanto di logo Expo 2015), che si terrà il prossimo 17 gennaio presso l’auditorium Testori a Milano. Tra i relatori al convegno
Massimo Introvigne,
Costanza Miriano,
Mario Adinolfi,
Padre Maurizio Botta, e
Marco Scicchitano. E poi la Regione Lombardia in blocco a partire dal presidente
Roberto Maroni, dall’Assessore alla Cultura
Cristina Cappellini e dal Consigliere
Massimiliano Romeo.
Un parterre e soprattuto quel logo sulla locandina di un incontro subito tacciato come "omofobo" che, ancor prima di essersi svolto, ha sollevato un vespaio. Per il consigliere comunale Pd,
Ruggero Gabbai: "E' sconcertante che, oltre che negare l'evidenza dei fatti e dell'evoluzione della società, ci si ostini a sostenere e propagandare tesi oscurantiste e omofobe (sono diverse migliaia le bambine e i bambini che vivono e crescono serenamente in famiglie omogenitoriali). L'Expo che si appresta ad essere la vetrina d'Italia e della nostra città nel mondo non può e non deve essere associata a iniziative che promuovano una cultura superata in tutto il mondo occidentale".
Dura anche la presa di posizione del M5S. "Che il logo dell'Expo fosse già stato infangato dai recenti scandali giudiziari è un fatto noto, ma che adesso venga anche usato per promuovere un convegno dai contenuti completamente estranei rispetto a quelli dell'esposizione universale e, soprattutto, a carattere discriminatorio nei confronti di alcune tipologie di famiglia, come quelle omoaffettive o monogenitoriali, ci sembra davvero troppo. Si tratta di un atto che lede i diritti civili e costituzionali di uguaglianza, già scarsamente tutelati in Italia", spiegano i deputati del Movimento 5 Stelle in commissione Affari Sociali.
"Un convegno organizzato, tra gli altri, da
Obiettivo Chaire, che - proseguono i 5 Stelle - in sostanza considera l'omosessualità una malattia da curare. La risposta da parte delle istituzioni non è meno inquietante di questi elementi fortemente discriminatori: a livello locale assistiamo a una partecipazione attiva (l'appuntamento è patrocinato e ospitato dalla Regione Lombardia e il presidente Roberto Maroni chiuderà i lavori del convegno) mentre, a livello nazionale, dal governo non giungono commenti. Questo silenzio è inaccettabile e ci domandiamo quanto dovremo aspettare ancora prima che
Giovanna Martelli, consigliera del presidente del Consiglio per le Pari Opportunità, si pronunci sull'argomento - concludono i deputati del M5S -. Nel caso in cui ciò non dovesse avvenire in tempi brevissimi, saremo noi a sollecitare l'esecutivo a dare una risposta".
La Regione non resta in silenzio e si smarca dalle accuse di omofobia: "Il convegno promosso legittimamente e convintamente dalla Regione ha come unico scopo quello di riflettere sul valore e sul futuro della famiglia naturale, che per noi rappresenta il modello cardine di famiglia", spiega l'assessore alle culture
Cristina Cappellini. Anche
Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega Nord, si è schiarato sulla vicenda sostenendo: "Ormai la famiglia tradizionale è una specie da proteggere. Tutte le volte che si organizza qualcosa sulla famiglia - continua Romeo - scoppia il finimondo, forse questo significa che l’obiettivo di certe associazioni non è tanto quello di difendere i diritti dei gay, ma piuttosto di distruggere il concetto di famiglia tradizionale".
Infine, la stessa associazione Obiettivo Chaire è intervenuta per respingere l'accusa di considerare gli omosessuali come dei malati da dover curare. "In un’ottica di accoglienza e certamente di non discriminazione,
Obiettivo Chaire ha sempre agito negli anni nel pieno rispetto della persona, nel confronto con opinioni e scelte differenti. Per tale motivo è del tutto fuorviante che si propongano letture in cui la nostra associazione viene presentata come 'quella che vuole curare i gay' o 'ripararli' - scrive in una nota l'Associazione -. La tendenza omosessuale non è da considerarsi una malattia. Non abbiamo mai affermato questa tesi. Tuttavia il disagio per una tendenza omosessuale soggettivamente indesiderata esiste. Non viene proposta alcuna 'cura', si riflette in un contesto cristiano sul proprio percorso esistenziale".