Niente da fare per la coppia vittima dello scambio di embrioni all’ospedale Pertini di Roma. La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibile il ricorso da loro presentato. Per i giudici di Strasburgo i ricorrenti non hanno esaurito tutte le possibilità offerte dalla legislazione italiana per ottenere il riconoscimento di una violazione dei loro diritti.
La notizia dello scambio venne diffusa lo scorso aprile dopo la denuncia presentata alla Procura di Roma da una delle coppie sottoposte al percorso di fecondazione assistita, che lamentava un episodio di scambio nel laboratorio il 6 dicembre del 2013.
Nel ricorso presentato la coppia, indicata solo con le lettere X e Y, viene sostenuto che lo Stato italiano ha violato il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare protetto dall’articolo 8 della convenzione europea dei diritti umani perché a causa di un errore di un ospedale pubblico i loro embrioni sono stati impiantati in un’altra donna. Inoltre, secondo i ricorrenti le leggi italiane non garantiscono la protezione del loro status di genitori biologici nonostante il test del Dna abbia dimostrato che il loro e quello dei gemelli, nati il 3 agosto, sia compatibile. che lamentava un episodio di scambio nel laboratorio il 6 dicembre del 2013.
La Corte di Strasburgo ha però rigettato il ricorso, per non esaurimento dei rimedi interni da parte della coppia. Secondo la convenzione europea dei diritti umani, prima di portare un ricorso a Strasburgo, i cittadini devono dare modo al proprio Stato di rimediare ai propri errori.