Individuare gli accertamenti diagnostici e i trattamenti di non documentata efficacia e renderli non più rimborsabili. Vigilare sui conflitti d’interesse fra enti regolatori, professionisti e industria farmaceutica. Spingere l’Aifa, che pure ha agito perfettamente secondo i suoi compiti, ad un’azione più coraggiosa nei confronti di casi come quello Lucentis–Avastin per imporre prezzi sostenibili. Sono alcune delle linee di indirizzo emerse in occasione dell’apertura del XVIII Congresso Nazionale del Collegio italiano primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo), in corso a Lazise (Verona) per evitare il razionamento indiscriminato delle risorse a disposizione delle cure oncologiche.
Diminuisce la mortalità da tumori, ma cresce l’esigenza di cura. Crescono soprattutto i costi, di quasi il 10%, portando la spesa farmaceutica ospedaliera a sforare sempre più spesso negli ultimi anni il tetto del 2,4% sul contributo statale complessivo alla spesa sanitaria. Circa un terzo dei farmaci di fascia H è rappresentato infatti da farmaci oncologici. Sono oltre 2 milioni e mezzo i pazienti in Italia in questo momento e vi è un rischio di insostenibilità dei costi delle nuove cure.
I nuovi farmaci - spiega Cipomo - hanno un costo che oscilla tra 50 e 100 mila euro per anno di trattamento e i primari oncologi italiani temono che le restrizioni finanziarie nelle Regioni e nelle Aziende non consentano di garantire a tutti le cure necessarie. Come dichiarato dal Presidente del Collegio,
Gianpiero Fasola, "Cipomo sta lavorando da tempo per proporre modelli organizzativi sempre più orientati all’appropriatezza, al rispetto del paziente, alla sostenibilità e a un dialogo produttivo con le Istituzioni per continuare a preservare il Servizio Sanitario universalistico che ci contraddistingue".