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QS Edizioni - martedì 26 novembre 2024

Cronache

Vescica iperattiva per una donna su tre

immagine 1 ottobre - Ha ricadute negative sulla qualità di vita, ma la maggior parte delle donne non la cura e pensa che sia sufficiente evitare di bere per far sparire il disturbo.
Frequenza urinaria superiore alle 8 volte nell’arco delle 24 ore, urgenza improvvisa e insopportabile necessità di urinare, perdita involontaria di urina e distensione dell’addome. Sono questi i segnali evidenti di una vescica iperattiva, disturbo di cui in Italia è colpita una donna su tre. Con ricadute negative sulla qualità della vita sociale, lavorativa e familiare. Al punto da arrivare anche a chiudersi in sé stessa.
Nonostante ciò le donne che ne soffrono non ricorrono all’assistenza medica nell’errata convinzione che i disturbi del controllo vescicale facciano parte integrante dell’invecchiamento. E che basti evitare di bere per sopportare meglio il problema.
Di questo tema troppo spesso sottovalutato si è discusso ieri a Roma in un incontro promosso da O.N.Da (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna).
“La vescica iperattiva – ha illustrato Francesca Merzagora, presidente di O.N.Da – può rendere invalidante la qualità della vita di una donna e influire sul lavoro, sulle relazioni sociali, i viaggi e l’attività sessuale. Si deve prendere coscienza del fatto che non è un semplice disturbo a cui rassegnarsi, ma una vera patologia e come tale deve e può essere curata. Ma è necessaria una maggiore informazione sull’argomento in modo che le donne sappiano che si può intervenire su più fattori a partire da una modifica allo stile di vita”.
“Questa problematica colpisce maggiormente le donne rispetto agli uomini – ha spiegato Mauro Cervigni, direttore Unità Operativa Complessa di Urologia Ginecologica all’Ospedale San Carlo-IDI di Roma – a causa dell’anatomia degli organi femminili, che predispone ai problemi dei meccanismi di tenuta”.
Problemi su cui influiscono “alcuni fattori di rischio che in un certo senso ‘indeboliscono’ l’apparato urinario e la sua tenuta come l’età e la menopausa, l’obesità, problemi urinari di altra origine come quelli provocati dalle infezioni, precedenti interventi chirurgici uro-ginecologici, le malattie oncologiche, i rischi occupazionali e il fumo di sigaretta”, ha aggiunto Andrea Tubaro, Unità Operativa Complessa di Urologia dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea di Roma. “Le donne, però, spesso imputano il problema all’età e si rassegnano che non vi sia nulla da fare. Ma non è così. Si può intervenire su più fronti. A partire dallo stile di vita, ma anche con esercizi specifici”.
“Si tratta degli esercizi di riabilitazione perineale o ginnastica del pavimento pelvico (un tempo denominati esercizi di Kegel) che aiutano, attraverso la contrazione volontaria dei muscoli della pelvi, a inibire le contrazioni indesiderate della vescica”, ha illustrato Diego Riva, Responsabile dell’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Cantù. “Questi esercizi di soppressione dello stimolo minzionale riducono o dilazionano il bisogno di urinare, aumentando gradualmente gli intervalli di tempo tra le minzioni. Vanno effettuati sotto la guida di una riabilitatrice che insegna alla paziente a contrarre i muscoli pelvici e a frenare contrazioni muscolari paradosse o dissinergiche. Fondamentale, però - ha proseguito lo specialista - intervenire anche sullo stile di vita eliminando, ove possibile, i fattori di rischio. Quindi, perdere peso, sospendere il fumo, normalizzare la dieta introducendo una maggior quantità di fibre per regolarizzare l’intestino e mantenere un apporto idrico equilibrato (non eccessivo per non sovraccaricare inutilmente una vescica che fa già fatica a raggiungere volumi di riempimento adeguati, ma non scarso per non favorire le infezioni urinarie), eliminare le sostanze irritanti per l’urototelio come la caffeina e la teina. Nella maggior parte dei casi queste soluzioni sono sufficienti per risolvere o ridurre decisamente il problema, altrimenti si può arrivare all’utilizzo di farmaci anticolinergici che inibiscono le contrazioni vescicali o, nei casi più gravi, ad interventi di posizionamento di neuro-modulatori della funzione vescicale”, ha concluso Riva. 
1 ottobre 2010
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